Tutti battano un colpo per liberare Yaska dalla segregazione

di Simona Lancioni*
Avevamo raccontato un mese fa la storia di Yaska, una donna interessata da schizofrenia residente a Firenze, che dal 2015 è stata sottratta alla famiglia, istituzionalizzata, e nel 2019 ha subìto un aborto forzato. Yaska vive tuttora segregata e ultimamente le viene impedito anche il contatto con i familiari. L’Associazione Diritti alla Follia, che segue il caso, sta organizzando per il 23 marzo un presidio – il quarto – davanti al Tribunale di Firenze, per denunciare la sistematica violazione dei diritti umani cui la donna è esposta sia in ragione della sua disabilità che del suo genere

Donna di spalle con un barccio alzato (figura murale)Circa un mese fa abbiamo avuto modo di raccontare su queste pagine la storia di Yaska, una donna interessata da schizofrenia residente a Firenze, che oggi ha 31 anni. Dal 4 agosto 2015 Yaska è stata sottratta alla famiglia, istituzionalizzata e sottoposta a interdizione. Il 9 aprile 2019 è stata costretta ad abortire, nonostante avesse manifestato la volontà di proseguire la gravidanza. La vicenda ha avuto una certa notorietà a seguito di due servizi realizzati dalla trasmissione televisiva Le iene, uno andato in onda sulle reti Mediaset il 6 aprile 2021, l’altro trasmesso il 13 aprile 2021, entrambi curati da Nina Palmieri e Nicola Barraco.
Nel nostro racconto avevamo segnalato anche che nei confronti di Jeanette, la madre di Yaska, pendevano diversi procedimenti penali che motivavano la sottrazione della figlia alla famiglia: un procedimento per disturbo della quiete pubblica, uno per maltrattamenti e un altro per sequestro di persona ai danni della figlia. Inoltre, dopo che Yaska era rimasta incinta, nonostante fosse già interdetta (dunque affidata alla responsabilità di una tutrice che non era sua madre) e ospitata in una struttura, sono stati intrapresi altri due procedimenti penali: uno per violenza sessuale nei confronti di Fabio, fidanzato con Yaska da dieci anni, con la motivazione che essendo la donna sottoposta ad interdizione non fosse in grado di esprimere un valido consenso ai rapporti sessuali avuti con lui, l’altro a carico di Jeanette per concorso in violenza sessuale (nella sostanza la madre è stata accusata di avere istigato Fabio a violentare sua figlia). Va per altro segnalato che nell’intraprendere queste iniziative nei confronti della madre e del fidanzato nessuno ha chiesto il parere di Yaska. Viceversa, non sembra siano state oggetto di verifica, né che abbiano dato adito ad alcun procedimento penale, le dichiarazioni raccolte dal perito di parte, lo psichiatra Giuseppe Tibaldi, al quale Yaska ha riferito di avere subìto abusi sessuali da due ricoverati nelle diverse strutture ospitanti.

Yaska e la sua famiglia sono seguiti dall’Associazione Diritti alla Follia che offre loro supporto legale e ha più volte denunciato pubblicamente la sistematica violazione dei diritti umani cui la donna è esposta sia in ragione della sua disabilità, sia in ragione del suo genere. Proprio dall’Associazione – con la quale siamo in contatto per seguire l’evoluzione della vicenda – riceviamo le informazioni sugli sviluppi di questa storia che sembra surreale.
In merito ai primi procedimenti, Jeanette è stata assolta dalle accuse di disturbo della quiete pubblica e maltrattamenti nei confronti della figlia, non però da quella di sequestro di persona, per la quale è ricorsa in appello ed è in attesa di giudizio. In merito agli altri procedimenti, a seguito del giudizio abbreviato tenutosi il 18 novembre 2021 Fabio è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale perché «il fatto non sussiste». Riguardo poi a Jeanette, che ha scelto un procedimento separato, e che, visti gli esiti dell’altro procedimento, a questo punto avrebbe concorso ad un “fatto insussistente”, è arrivata la richiesta della Procura di Firenze di un’assoluzione ancor prima che il processo che la riguarda venisse intrapreso. «Già all’udienza del 23 marzo potrebbe esserci una decisione a riguardo», spiegano da Diritti alla Follia, che per quella data (alle 10.30) sta organizzando il quarto presidio promosso a sostegno di Yaska e della sua famiglia. Un presidio che, come quelli precedenti, si svolgerà di fronte al Tribunale di Firenze, nello spazio all’aperto antistante l’ingresso (in Viale Alessandro Guidoni, 61).

In ballo non ci sono solo i procedimenti penali nei confronti di Jeanette – la cui genesi, stando agli attuali sviluppi, appare più finalizzata a coprire gli errori e l’incuria delle Istituzioni e dei Servizi Pubblici che a perseguire le condotte criminali ascritte –, in ballo c’è la violazione dei diritti umani di una donna con disabilità intellettiva che è stata istituzionalizzata, ha subìto un aborto forzato, ha visto suo malgrado interrompersi la relazione col fidanzato (che, comprensibilmente, dopo il procedimento per stupro si è allontanato), e vive tuttora segregata.
«Yaska continua a vivere in una condizione di reclusione: negli ultimi tre mesi ci fanno sapere che sarebbe uscita per 11 ore dalla struttura che la ospita, ed allo stato [attuale] le sarebbe impedito il contatto (anche “protetto”) con i familiari. Questa mostruosità deve cessare, e purtroppo dubitiamo che la città di Firenze, le cui Istituzioni l’hanno prodotta, sia in grado di “tornare indietro», dichiara Cristina Paderi, segretaria di Diritti alla Follia.
Va precisato che se a carico di Jeanette esistono ancora delle pendenze che formalmente possono essere addotte per vietare i contatti tra madre e figlia – nonostante Yaska manifesti in continuazione il desiderio di incontrarla e di tornare a casa –, appare invece del tutto immotivato il divieto di contatto con il padre, la sorella e il fratello. A ciò si aggiunga che la segregazione forzata sta avendo su Yaska un effetto regressivo: infatti, se prima dell’istituzionalizzazione la donna non aveva particolari problemi a muoversi nell’ambiente urbano, ora invece, le poche volte che esce, ha paura delle macchine e di attraversare la strada.

Sono veramente tanti gli aspetti di questa storia che appaiono in contrasto con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09. La negazione del diritto ad esprimere la propria sessualità, quella di fare scelte in àmbito riproduttivo, la violenza dolorosissima e ripugnante dell’aborto forzato, la non considerazione delle dichiarazioni sugli abusi sessuali subiti nelle strutture ospitanti, la negazione del diritto a scegliere dove, con chi vivere e con chi relazionarsi e, più in generale la violazione del diritto a non subire discriminazioni e a non essere privata della libertà e dei diritti fondamentali a causa della disabilità.
Proprio in merito a tali violazioni, l’Associazione Diritti alla Follia sta preparando un esposto al Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, l’organo di esperti indipendenti preposto a vigilare sull’attuazione della Convenzione negli Stati che l’hanno ratificata. Dal canto nostro continueremo a seguire la storia di Yaska e a riferirne, in coerenza con il nostro impegno nel contrasto alla discriminazione multipla subita dalle donne con disabilità. In tal senso sarebbe importante che anche dall’associazionismo delle persone con disabilità arrivasse un cenno di attenzione.

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso. Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Per approfondire i temi riguardanti le donne con disabilità, e in particolare quelli legati alla vicenda di cui si parla nel presente contributo, oltre a fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, suggeriamo di accedere, nel sito del Centro Informare un’h, alle Sezioni La violenza nei confronti delle donne con disabilità, Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi e Donne con disabilità.

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