Film come “Corro da te” possono servire a cambiare la cultura sulla disabilità

di Alessandra Corradi*
«Non voglio recensire il film “Corro da te” - scrive Alessandra Corradi -, perché non mi compete. Il motivo per cui ne scrivo è perché speriamo sia la volta buona che serva anche a cambiare la cultura corrente nel nostro Paese, dando un forte segnale, come successe per il film francese “Quasi amici”. Per i cosiddetti “normodotati”, infatti, può essere una bella “sberla”, specie per certi luoghi comuni, ma noi, che “bazzichiamo” il mondo della disabilità, applaudiamo e ci prendiamo una specie di “rivincita” per tutte le volte che ci siamo dovuti sorbire il comportamento abilista delle persone»
Miriam Leone e Pierfrancesco Favino in "Corro da te" (foto di Claudio Iannone)
Gli attori Miriam Leone e Pierfrancesco Favino in una scena del film “Corro da te” (foto di Claudio Iannone)

Il film Corro da te è stato girato nel 2020, ma per tutto quanto ha causato il Covid, è uscito solo in questi giorni in sala. Riccardo Milani, il regista, che ha diretto tra l’altro anche Benvenuto presidente e i due della serie Come un gatto in tangenziale, nel fare la presentazione al Cinema The Space Odeon di Milano, ha detto qualcosa che all’inizio non avevo compreso bene, ma che poi, nel corso del film, è apparso evidente: «Per rappresentare l’Italia nei miei film uso la parte peggiore». In effetti nell’originale francese di cui questa pregevole pellicola è un remake, non c’era tutta quella cattiveria nel protagonista, anzi lui era più un pasticcione involontario che un bugiardo pianificatore. Noi italiani ci distinguiamo sempre, nel bene e nel male, e quando si tratta di disabilità siamo appunto cattivi, discriminanti, abusanti, abilisti, falsi, prepotenti, ignoranti.

Il protagonista, interpretato da un Pierfrancesco Favino che non necessita di troppe presentazioni, è la quintessenza del “gravemente normodotato”, ricco imprenditore spocchioso, emulo di un “Don Giovanni alla vaccinara”. La sua partner è una dolce, angelicata, ma assolutamente realista e solida Miriam Leone sulla sedia a rotelle. Il cast, a cornice dei due protagonisti, è tutto bravissimo, da Vanessa Scalera, che sorprendentemente canta al karaoke, al venetissimo Andrea Pennacchi in abito talare, con una menzione speciale per Piera degli Esposti, non solo perché è stata la sua ultima interpretazione prima della scomparsa, ma proprio perché il suo personaggio nel film è “mitologico”.

Non scrivo qui per fare una recensione cinematografica, perché non mi compete, posso dire che il film è ben fatto, si ride, godevole colonna sonora, ottima fotografia. Il motivo per cui ne sto scrivendo è perché speriamo sia la volta buona che serva anche a cambiare la cultura corrente nel nostro Paese, dando finalmente un forte segnale, così come successe per Quasi amici, altra bellissima pellicola francese.
Quello che forse non è ben noto è che ci sono state delle Associazioni che hanno fornito la propria consulenza al cast per affrontare al meglio la tematica e risultare credibili e veritieri, senza produrre la solita concentrazione di brutte, anzi pessime, figure, come spesso accade, tipo quelle che abbiamo visto a Sanremo oppure alla semifinale di Grande Fratello Vip, dove Alfonso Signorini ha intervistato Manuel Bortuzzo, suscitando la legittima reazione del Comitato Nazionale Antidiscriminatorio per Persone con Disabilità.

Per i cosiddetti “normodotati”, forse, questo film sarà una bella “sberla”, specie per certi luoghi comuni; noi, invece, che “bazzichiamo” il mondo della disabilità, applaudiamo forte. E ringraziamo di tutto questo l’Associazione PEBA: grazie a tutti i soci di essa che hanno contribuito a diffondere la giusta cultura sulla disabilità, che significa anche sdrammatizzare e ironizzare; sono stati talmente bravi che in alcune occasioni abbiamo riso solo noi di Genitori Tosti in Tutti i Posti e il nostro vicino, il cantante lirico Federico Martello, che è in sedia a rotelle.

Per me, che ho un figlio tetraplegico, per cui indirettamente sperimento tutte le situazioni che emergono nel film, è stata una specie di “rivincita” di tutte quelle troppe volte che ci siamo dovuti sorbire il comportamento abilista delle persone. L’anteprima di Milano, inoltre, è stata importante anche perché in sala erano presenti membri delle Istituzioni locali, del Comune e della Regione Lombardia, oltre ad Associazioni da tutta Italia e aziende che sicuramente, grazie alla Settima Arte, hanno imparato molto sull’inclusione sociale.

Un grazie va al personale del cinema The Space Odeon, per l’organizzazione perfetta e un altro grazie ad Andrea Ferretti, presidente dell’Associazione PEBA, che ci ha offerto questa esperienza importante e per me nuova.
Se quindi fino a domenica non sapete cosa fare, andate a vedere questo film e soprattutto testate anche l’accessibilità dei cinema.

Presidente dell’Associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti.

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