Tutti battano un colpo per liberare Yaska dalla segregazione, avevamo titolato così il nostro ultimo contributo dedicato alla vicenda di Yaska, donna interessata da schizofrenia residente a Firenze, che dal 2015 è stata sottratta alla famiglia, istituzionalizzata, e che dopo avere subìto nel 2019 un aborto forzato, vive tuttora segregata, senza nemmeno potere, ultimamente, avere contatti con i propri familiari.
A seguire sin dagli inizi il caso è stata l’Associazione Diritti alla Follia, che proprio per domani, 23 marzo, come avevamo pure segnalato, ha organizzato un presidio – il quarto – davanti al Tribunale di Firenze, per denunciare la sistematica violazione dei diritti umani cui la donna è esposta, sia in ragione della disabilità che del genere.
A quella sorta di appello che era il nostro titolo, in linea con il reale appello lanciato dall’Associazione Diritti alla Follia, stanno incominciando a rispondere varie organizzazioni, tra cui la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), per la quale il presidente, Vincenzo Falabella, dichiara: «Nella terribile storia di Yaska vi sono numerosi aspetti in contrasto con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che, non bisogna mai dimenticarlo, è una Legge dello Stato Italiano ormai da tredici anni [Legge 18/09, N.d.R.]. Per questo sosteniamo l’appello per la sua liberazione, ricordando che, a proposito di Convenzione ONU, proprio l’articolo 12 di essa (Uguale riconoscimento dinanzi alla legge), riconosce a tutte le persone con disabilità, indipendentemente dal tipo o dal grado di disabilità, il diritto di godere della capacità legale». «Questa gravissima vicenda – conclude – ci porta ancora di più ad impegnarci come Federazione, dentro e fuori le Istituzioni, nella necessaria lotta alla segregazione».
Dal canto suo, Silvia Cutrera, vicepresidente della FISH e nella stessa Federazione responsabile del Gruppo Donne, ricorda che «rispettare il dettato della Convenzione ONU significa che in presenza di qualsiasi tipo di disabilità, anche intellettiva e psichiatrica, è sempre fondamentale mettere in atto tutte le misure utili a consentire alla persona di esprimere la propria capacità. L’emergere di storie di questo tipo, invece, ci porta indietro ai tempi più bui del nostro passato in Europa, quando alle persone con disabilità non veniva riconosciuto nemmeno il diritto ad esistere».
«E in ogni caso – aggiunge Cutrera – è un fatto che la storia di Yaska ci parla oggi della negazione del diritto per le donne con disabilità ad esprimere la propria sessualità, di fare scelte in àmbito riproduttivo, di non poter scegliere con chi vivere e, più in generale della violazione del diritto a non subire discriminazioni a causa di una disabilità».
La storia di Yaska, tra l’altro, assume ulteriore significato, tenendo conto che proprio nei giorni scorsi, come avevamo ampiamente riferito, l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ha lanciato una campagna, tramite una petizione internazionale, per chiedere al Parlamento Europeo, al Consiglio e alla Commissione Europea di vietare la sterilizzazione forzata in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea.
Anche la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) si è pubblicamente pronunciata sul caso di Yaska, tramite le parole della consigliera nazionale con delega al Gruppo Donne Anna Mannara, che a nome dell’Associazione e dello stesso Gruppo Donne, ha «espresso vicinanza a Yaska e alla sua famiglia», parlando di «una storia che ci dà la misura di quanto siamo ancora lontani dal guardare alla persona con disabilità senza quel muro di pregiudizio e di categorizzazione, nonostante i progressi degli ultimi vent’anni a livello legislativo, che ci hanno garantito, almeno sulla carta, quei diritti per i quali ci siamo battuti».
«Da molti anni – ha aggiunto Mannara – il Gruppo Donne UILDM si impegna a diffondere una riflessione legata ai temi della sessualità e maternità, alla libertà di vivere pienamente la propria femminilità e al diritto ad autodeterminarsi della persona con disabilità. Sono tutti temi su cui ci siamo già esposte e continueremo a farlo, dove possibile in rete anche con altre Associazioni, perché siamo convinte che si tratti di questioni trasversali al mondo della disabilità, che non riguardano solo le donne con disabilità motoria».
«E dunque – ha concluso – come UILDM e come Gruppo Donne condanniamo questo episodio e chiediamo che le Istituzioni facciano il possibile per porre fine alla segregazione di Yaska e perché fatti come questo non capitino più». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti:
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° UILDM: uildmcomunicazione@uildm.it