Chi si occupa di violenza nei confronti delle donne con disabilità sa benissimo che uno dei più grandi ostacoli alla descrizione del fenomeno e alla predisposizione di adeguate politiche e strategie di prevenzione, protezione delle vittime, punizione dei colpevoli e programmazione degli interventi coordinati è costituito dalla mancanza di dati disaggregati anche per la variabile della disabilità. Detto più semplicemente: senza dati non si va da nessuna parte!
Le organizzazioni di persone con disabilità, pur con tutta la buona volontà, non sono in grado – per mancanza di strumenti e di risorse – di svolgere indagini probabilistiche, vale a dire quelle che consentono, attraverso un processo di inferenza, di passare dai dati del campione a quelli della popolazione. Non fa eccezione la pur pregevole indagine VERA (Violence Emergence, Recognition and Awareness, ovvero “Emersione, riconoscimento e consapevolezza della violenza”), specificamente rivolta a donne con disabilità vittime di violenza, che ha avuto due edizioni: la prima, svolta nel 2018-2019 dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), in collaborazione con l’Associazione Differenza Donna; la seconda, del 2020, curata interamente dalla FISH. Dati utili e importanti, spia di un sommerso difficile da definire e quantificare, ma inadeguati a descrivere il fenomeno della violenza sulle donne con disabilità nella sua ampiezza e nella sua complessità. Per questo tali indagini devono essere effettuate dagli Istituiti di Ricerca.
Di fatto, allo stato attuale gli unici dati probabilistici di cui disponiamo sul fenomeno sono quelli dell’ISTAT del 2014 dai quali risulta che se il 31,5% delle donne senza limitazioni ha subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, la percentuale sale al 36,6% per le donne con disabilità; inoltre, il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio per le donne con disabilità (10%) rispetto a quelle senza limitazioni (4.7%); e ancora, il 31,4% delle donne con gravi limitazioni ha subito violenza psicologica dal partner attuale, mentre per le altre donne la percentuale è del 25%; infine, anche rispetto allo stalking prima o dopo la separazione, si registra una sensibile differenza tra le donne che lo hanno subito: 21,6% per le donne con gravi limitazioni, e 14,3% per le donne senza limitazioni (fonte: ISTAT, La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia. Anno 2014).
In merito a questo tema va ricordato che il riferimento normativo più elevato è la Convenzione di Istanbul (ovvero la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica) del 2011, ratificata dall’Italia con la Legge 77/13. Va per altro tenuto presente che il GREVIO, il Gruppo di esperti/e indipendenti responsabile del monitoraggio dell’attuazione di tale Convenzione, nel suo primo Rapporto di valutazione riguardo alla situazione italiana (pubblicato a gennaio 2020), ha rivolto al nostro Paese molteplici raccomandazioni in tema di contrasto alla violenza nei confronti delle donne con disabilità, tra le quali anche quella di «supportare la ricerca e aggiungere degli specifici indicatori correlati a donne e ragazze, nella raccolta dei dati sulla violenza contro le donne che sono o potrebbero essere vittime di discriminazione intersezionale» (punto 27). A tal proposito è possibile consultare un approfondimento su queste stesse pagine.
Qualche anno fa abbiamo avuto modo di esaminare le Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza (approvate con il Decreto del Presidente del Consiglio-DPCM del 24 novembre 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2018), per vedere se, e in quale modo, nella loro stesura fossero state considerate anche le vittime di violenza con disabilità. Ebbene, dall’analisi del testo risultò che effettivamente alcuni accorgimenti per questo target, sebbene lacunosi, fossero stati inseriti nel provvedimento, ma non quello di raccogliere dati disaggregati anche per la disabilità.
Ora apprendiamo che il 25 novembre 2020 il Senato ha approvato la Proposta di Legge n. 2805, avente ad oggetto le Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere. Seguendo l’iter del provvedimento, troviamo che il 17 marzo scorso, nel sito della Camera è pubblicata la notizia sui lavori in corso, da cui risulta che «le Commissioni riunite II Giustizia e XII Affari sociali, in sede referente, hanno proseguito l’esame della proposta di legge, recante Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere (C. 2805, approvata dal Senato – Rel. per la II Commissione: Ascari, M5S; Rel. per la XII Commissione: Lapia, Misto-CD) e hanno inviato il testo non emendato alle Commissioni per il parere» (pagina visitata il 24 marzo 2022).
Anche in questo caso, come da prassi, abbiamo esaminato il testo, per capire se sia previsto che i dati vengano disaggregati anche in funzione delle vittime con disabilità, specificando preliminarmente che la Proposta di Legge si riferisce ai dati e alle rilevazioni effettuate dall’ISTAT e dal SISTAN (Sistema statistico nazionale (SISTAN). Ebbene, gli unici riferimenti espliciti alla disabilità che abbiamo individuato sono contenuti nel comma 3 dell’articolo 5 (Rilevazioni statistiche del Ministero dell’interno e del Ministero della giustizia), in cui, in merito alla relazione autore-vittima, si specifica che essa è rilevata, tra gli altri, anche per i reati di «abbandono di persona minore o incapace di cui all’articolo 591 del codice penale», e di «circonvenzione di incapace di cui all’articolo 643 del codice penale»… come se queste fossero le uniche fattispecie di reato che interessano le donne con disabilità, e non anche le diverse forme di violenza di genere (fisica, psicologica, sessuale, economica), come pure le violenze specifiche subite dalle persone con disabilità (uso improprio dei farmaci, trattamenti sanitari autorizzati da terzi – tra i quali gli aborti e le sterilizzazioni forzati –, danneggiamento o sottrazione degli ausili per l’autonomia ecc.).
L’assenza di riferimenti alla necessità di raccogliere dati disaggregati anche per la disabilità in relazione a tutti gli snodi del percorso antiviolenza ci sembra dunque grave e preoccupante. Preoccupa anche, e parecchio, che nell’articolo 7 (ISTAT e centri antiviolenza), in merito alle indagini sui centri antiviolenza e sulle case rifugio accreditati e non accreditati, non vi sia alcun riferimento alla necessità di rilevare anche l’accessibilità alle donne con disabilità di tali luoghi e servizi. E poiché la Proposta di Legge non è ancora stata approvata alla Camera, chiediamo in modo accorato che questi riferimenti vengano inseriti perché, come abbiamo spiegato, senza dati non si va da nessuna parte, e sta diventando estenuante doverlo ripetere ogni volta, venendo, ogni volta, puntualmente ignorate.
Si ringrazia Silvia Cutrera per la segnalazione.
Per approfondire il tema della violenza nei confronti delle donne con disabilità, si può accedere alla Sezione La violenza nei confronti delle donne con disabilità, nel sito del Centro Informare un’h, mentre sul tema più generale Donne e disabilità, si può fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, oltreché alla Sezione Donne con disabilità, anch’essa nel sito del Centro Informare un’h.