Prima di tutto rispettare la volontà di chi vive nelle strutture residenziali

«Bene le misure protettive dal virus, ma occorre anche ricordare che altrettanto importante è la tutela degli affetti e delle relazioni delle persone, rispettandone innanzitutto la volontà»: non ha dubbi, il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, sulla necessità di superare al più presto le decisioni “difensive” delle strutture residenziali ove vivono persone anziane e persone con disabilità, in particolare rispetto alle visite dei familiari, ma ha anche pochi dubbi sull’esigenza di un ripensamento complessivo del sistema di residenzialità
Persona con disabilità in una struttura residenziale
Una persona con disabilità in una struttura residenziale

Sono decisamente significative e non riguardano solo le Residenze Sanitarie per Anziani, ma anche quelle dove vivono persone con disabilità (RSD), le parole pronunciate dai componenti del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, dopo un incontro nei giorni scorsi con le Associazioni di persone ricoverate in tali strutture, al centro del quale vi erano in particolare le limitazioni ancora vigenti alle visite dei parenti, iniziate a seguito del diffondersi della pandemia.
Come si legge infatti in una nota diffusa dal Garante «si ritiene che vadano ridefiniti i criteri di accreditamento delle strutture che oggi sono fondati essenzialmente sul numero dei posti letto e sulla disponibilità di aree comuni. Un criterio che ha mostrato tutti i suoi limiti nella fase della pandemia, quando la vita delle persone ospitate è rimasta circoscritta alla stanza e spesso al solo letto al suo interno. Così come non è accettabile la determinazione del minutaggio massimo previsto di presenza dell’operatore presso ogni persona ospitata. Una modalità che non tiene conto delle diverse situazioni ed esigenze delle persone assistite a favore di una sorta di “catena di montaggio” delle cure, più attenta all’ottimizzazione delle risorse, spesso insufficienti, che non alle reali necessità delle persone fragili a esse affidate».

Avevamo del resto già segnalato anche sulle nostre pagine che negli ultimi due anni il Garante ha condotto numerose visite nelle RSA, rilevando una grande disomogeneità non solo tra le diverse Regioni, ma anche all’interno degli stessi territori regionali esponendo con forza la richiesta di un ripensamento complessivo del sistema di residenzialità. Come viene ora sottolineato, «le direzioni sanitarie tendono spesso ad assumere decisioni “difensive”, riducendo al minimo le possibilità di contatto diretto tra le persone ospitate e i loro cari, in nome della prevenzione della diffusione del virus. Occorre però ricordare che altrettanto importante è la tutela degli affetti e delle relazioni dei pazienti. Per questo il nostro Collegio ritiene necessario che si avvii al più presto un percorso di ritorno alla normalità, soprattutto per quanto riguarda le visite dei familiari».
In tale prospettiva, dunque, il Garante ha già provveduto a contattare gli Assessori Regionali competenti al fine di invitarli a monitorare la situazione dell’apertura delle residenze alle visite e alle attività e a prendere in considerazione questo aspetto in fase di accreditamento delle strutture.

E da ultimo, ma non certo ultimo, il Garante si è soffermato sul rispetto della volontà delle persone ospitate, in relazione al quale «il coinvolgimento delle famiglie e delle associazioni non può essere un mero atto formale, ma dev’essere considerato un elemento centrale per la gestione delle persone in RSA».

A comporre la delegazione che ha incontrato le Associazione sono stati Mauro Palma e Daniela De Robert, presidente e componente del Collegio del Garante, insieme a Gilda Losito ed Enrica Vignaroli dell’Unità Privazione della libertà nell’àmbito delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali, sempre all’interno dell’Ufficio del Garante. (S.B.)

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