Come già riferito su queste pagine, la Settima Sezione del Consiglio di Stato, tramite la Sentenza 3196/22 del 15 marzo scorso, pubblicata il 26 aprile, ha accolto il ricorso del Ministero dell’Istruzione, riformando la Sentenza del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio 9795/21, che aveva annullato il Decreto Interministeriale 182/20 e le annesse Linee Guida per la formulazione dei nuovi PEI (Piani Educativi Individualizzati) in formato elettronico, adeguati ai nuovi principi dell’ICF (la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) e della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
La motivazione della Sentenza del Consiglio di Stato è estremamente tecnico-giuridica e servirà certamente al Ministero per ridefinire alla fine di quest’anno scolastico il Decreto in modo sicuro, come previsto dall’articolo 21, comma 2 dello stesso Decreto Interministeriale 182/20. E tuttavia, per le famiglie e per le scuole giova di più l’effetto pratico che essa determina, favorendo la ripresa dell’applicazione dei nuovi modelli di PEI uniformi su tutto il territorio nazionale.
Il Consiglio di Stato, dunque, ripercorrendo gli otto motivi di ricorso al TAR da parte di una serie di organizzazioni, che erano stati accolti dalla Sentenza del TAR stesso, ne esamina espressamente i primi due, fondamentali, omettendo di entrare nel merito degli altri sei, secondo la cosiddetta tecnica decisionale dell’“assorbimento”. Quei primi due punti riguardavano il fatto che il Decreto 182/20 avrebbe dovuto essere, secondo il TAR del Lazio, un “regolamento” e non un semplice Decreto Interministeriale. Il Consiglio di Stato dimostra invece, alla luce della giurisprudenza costituzionale e amministrativa, che il Decreto è un atto amministrativo generale con specifiche indicazioni concernenti gli alunni e le alunne con disabilità, la cui emanazione, come semplice “interministeriale”, era previsto da norme aventi forza di legge (Decreto Legislativo 66/17, articolo 7, comma 2 ter). Pertanto la fonte giuridica dei contenuti del Decreto e delle Linee Guida risultano legittime. Conseguentemente, non vi è stato neppure “eccesso di delega” nell’emanarlo, ciò che costituiva l’oggetto del secondo motivo della Sentenza del TAR Lazio, riformato dal Consiglio di Stato.
Data la complessità della materia, il Consiglio di Stato ha compensato le spese tra le parti.
A questo punto, a seguito della riforma della sentenza del TAR del Lazio, il Decreto Interministeriale 182/20 rivive nella sua efficacia ed è ormai certamente valido come Decreto generale che va applicato, preferibilmente e opportunamente a partire dal prossimo anno scolastico, ferma restando la piena legittimità e opportunità dell’applicazione delle norme che prevedono entro giugno di quest’anno l’indicazione da parte del GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione) delle risorse ritenute necessarie per il prossimo anno scolastico, anche con la formulazione dei PEI provvisori per gli alunni che si iscrivono per la prima volta alla scuola dell’infanzia o a quella primaria, senza avare mai frequentato la scuola dell’infanzia, o per quelli che hanno ricevuto la diagnosi nel corso di quest’anno.
Sarà inoltre opportuno che il Ministero, proprio in forza dell’articolo 21, comma 2 del Decreto 182/20, apporti al testo tutte le modifiche che possono essere oggetto di contenzioso, stante la parte della Sentenza del TAR non toccata da quella del Consiglio di Stato. Infatti, non essendosi quest’ultimo pronunciato sugli altri sei motivi di censura, la sentenza da esso prodotta dice che chiunque si ritenga danneggiato da una di quelle disposizioni inizialmente censurate può riproporre ricorso al TAR e, qualora il TAR stesso si pronunci per l’annullamento, sarà sempre il Consiglio di Stato ad esaminare singolarmente le specifiche denunce.
Si auspica pertanto che il Ministero emani immediatamente una Circolare esplicativa sugli effetti concreti e immediati di questa nuova Sentenza, a partire dalla fine di quest’anno scolastico, come giuà fece dopo la Sentenza del TAR del Lazio nel settembre dello scorso anno.
Com’era accaduto lo scorso anno, dopo il pronunciamento del TAR laziale, anche questa Sentenza del Consiglio di Stato ha fatto grande scalpore. Su di essa la FISH (Federazione Italiana pewr il Superamento dell’Handicap) ha subito diramato un comunicato [se ne legga sulle nostre pagine, N.d.R.], plaudendo alla Sentenza, per l’importanza che essa riveste per i diritti degli alunni e delle alunne con disabilità, bloccati per circa un anno da un provvedimento finalmente eliminato come ostacolo giuridico ai loro diritti.
Anche le organizzazioni ricorrenti non si sono fatte attendere e hanno divulgato a propria volta un comunicato [se ne legga sulle nostre pagine, N.d.R.] nel quale, fondandosi sul fatto che il Consiglio di Stato non ha per nulla esaminato gli altri sei punti oggetto della Sentenza riformata, hannoi minacciato di tornare a ricorrere su di essi, qualora il Ministero e le scuole intendano nuovamente incorrere nei punti controversi.
Come già detto, soprattutto per la serenità delle famiglie e delle scuole, sarà bene che il Ministero emani subito una Circolare chiarificatrice. Qui cerchiamo di verificare quanto siano fondate le affermazioni delle organizzazioni ricorrenti, esaminando singolarmente i sei punti della Sentenza del TAR non toccati dal Consiglio di Stato.
Per quanto riguarda la composizione del GLO, secondo il TAR del Lazio, essa sarebbe illegittima, differenziando i genitori rispetto agli altri membri dello stesso. Chi scrive ritiene che in forza del nuovo articolo 15, comma 10 della Legge 104/92, come modificato dal Decreto Legislativo 96/19, che ha integrato il Decreto Legislativo 66/17, la composizione del GLO è chiarissima con piena parità di diritti per tutti i suoi componenti e numerose altre sentenze non hanno mai censurato ciò.
Ma vi è di più: proprio per timore di una sottovalutazione delle famiglie in seno al GLO, numericamente minoritarie rispetto ai docenti, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione aveva emesso un parere negativo circa la qualificazione del GLO stesso, formulato nella bozza del Decreto Interministeriale 182/20 come “organo collegiale”, nel quale ovviamente, in caso di divergenza di opinioni, si sarebbe dovuti andare al voto. A seguito di ciò, il Ministero ha espunto dal testo definitivo il termine “organo collegiale”, con ciò eliminando ogni timore di discriminazione negativa nei confronti delle famiglie.
E tuttavia, onde evitare ulteriori fraintendimenti, sarebbe opportuno che il Ministero, nelle correzioni al testo del Decreto 182/20, modificasse l’articolo, esplicitando chiaramente la piena parità di posizione giuridica delle famiglie in seno al GLO .
Rispetto poi alle norme delle Linee Guida per i nuovi PEI, che prevedevano una responsabilità erariale dei componenti del GLO, qualora avessero determinato un eccesso di spesa pubblica, ci sembrano decisamente eccessive e farebbe bene il Ministero, a nostro sommesso avviso, a confermare la proposta di soppressione che ad esempio la Federazione FISH aveva immediatamente avanzato.
Veniamo poi al fatto che il Decreto 182/20 sarebbe stato illegittimamente emanato, senza la preventiva formulazione delle Linee Guida sul Profilo di Funzionamento, previste dall’articolo 5 del Decreto Legislativo 66/17, un’anomalia che la FISH aveva da subito fatto presente. E tuttavia, non riteniamo così essenziale la preventiva emanazione di tali Linee Guida, potendosi ben ritenere valido un Decreto il quale, per questo solo aspetto, sarebbe stato applicato dopo la loro emanazione, rimanendo pienamente valido ed efficace per tutte le altre disposizioni, continuandosi ad usare nelle more la Diagnosi Funzionale e il Profilo Dinamico Funzionale.
E in ogni caso, dato ormai l’ampio tempo trascorso, è da ritenere che il Ministero dell’Istruzione e quello della Salute si siano accordati sulle Linee Guida del Profilo di Funzionamento e che quindi anche questa eventuale ulteriore censura su tale aspetto – ribadiamo, inconferente – dovrebbe essere eliminata.
La quarta censura delle organizzazioni ricorrenti, accolta dal TAR del Lazio, riguardava la possibilità di “esonero” da alcune discipline, in quanto essa sarebbe discriminante e illegittima perché in contrasto con norme primarie.
Invero, una norma primaria esiste ed è l’articolo 16, comma 2 della Legge 104/92 per le scuole del primo ciclo di istruzione la quale stabilisce che il PEI debba essere formulato con riguardo «all’effettiva capacità» degli alunni/alunne con disabilità. Quindi quella stessa norma primaria autorizza anche l’esonero eventuale dallo studio di una o più discipline, qualora l’«effettiva capacità» dell’alunno non ne consenta lo studio.
Si aggiunga a ciò una considerazione di “ragionevolezza” che indurrebbe a condannare per incostituzionalità norme che pretendessero il contrario, come ha ripetutamente stabilito la Corte Costituzionale. Ad esempio, sulla Sentenza 215/87 della Corte Costituzionale avrebbe potuto ricorrere il TAR del Lazio, per legittimare le norme sui “PEI differenziati” nelle scuole superiori che possono appunto prevedere l’esonero da talune discipline. Quella Sentenza, nell’assicurare la frequenza delle scuole superiori a tutti gli alunni con disabilità, qualunque ne sia la situazione di minorazione, quindi anche gravissima, logicamente deve sottintendere che gli alunni/alunne con disabilità in situazione di gravità debbano arrivare anche all’esonero da talune discipline, qualora non abbiano capacità tali da affrontare lo studio di tali discipline. Si pensi, ad esempio, alla trigonometria, alle equazioni, alla spiegazione di formule chimiche, ad aspetti della filosofia ecc.
A tal proposito, quindi, sarebbe opportuno che il Ministero, nel rivedere il testo del Decreto 182/20, tenesse conto di tale Sentenza del 1987 della Corte Costituzionale i cui estremi andrebbero apposti in calce alle pagelle relative ad alunni con “PEI differenziato” nelle scuole secondarie di secondo grado, invece dell’Ordinanza Ministeriale 90/01 (abrogata dal Decreto 182/20).
Penultimo punto, secondo il TAR del Lazio la modalità di assegnazione delle ore di sostegno, prevista dai nuovi PEI, sarebbe priva di norma primaria e comunque in contrasto con le Linee Guida del 4 agosto 2009. Invero, tali modalità comunque si attuano sulla base di quanto stabilito nel PEI, che è regolato dall’articolo 7 del Decreto Legislativo 66/17, come integrato dal successivo Decreto 96/19. Pertanto la fonte primaria esiste e le Linee Guida del 2009 sono state emanate con norma secondaria, che può essere validamente modificata da altra norma secondaria successiva, come appunto le Linee Guida allegate al Decreto 182/20.
Va per altro ricordato che la FISH aveva già fatto presente come le tabelle C e C1 previste nei nuovi PEI per la determinazione delle ore di sostegno e di assistenza all’autonomia e alla comunicazione fossero poco rispettose dell’autonomia del GLO e delle effettive esigenze dell’alunno. E dunque anche qui sarebbe opportuno che il Ministero, in sede di revisione del testo del Decreto 182/20 e delle Linee Guida, ai sensi dell’articolo 21 del Decreto stesso, potesse far chiarezza su questo aspetto.
E infine, anche la possibile riduzione di orario scolastico sarebbe stata, secondo il TAR del Lazio, illegittima, in quanto priva di norma primaria e in contrasto con il principio di frequenza per tutta la durata dell’orario scolastico.
Al proposito è da tenere presente che nel Decreto Legislativo 62/17, sia l’articolo 5 per la scuola secondaria di primo grado che l’articolo 13 per quella di secondo grado consentono al Collegio dei Docenti di autorizzare la validità di assenze superiori a un quarto annuo, qualora giustificate da motivi gravi di salute. Quindi la norma primaria pure qui è presente, né vale dire che essa riguarda tutti gli alunni, anche quelli senza disabilità. Ciò significa che la riduzione di orario non è un tabù, ed è legittima se seriamente motivata.
Ma c’è di più: l’articolo 16, comma 1 della Legge 104/92, infatti, consente legittimamente la «riduzione dei contenuti» di talune discipline che, in base a giustificazione medica, motiva la riduzione di orario scolastico.
In conclusione, riteniamo che eventuali ulteriori ricorsi al TAR per i motivi non affrontati espressamente dal Consiglio di Stato, a nostro avviso impatterebbero contro il principio fondamentale dell’“individualizzazione” dei percorsi scolastici degli alunni/alunne con disabilità, presente in tutta la normativa inclusiva italiana. Altra cosa, invece, è se a causa di “esoneri” o riduzioni di orario, l’alunno mantenga il diritto ad una valutazione positiva con promozione o diploma, tema, questo, espressamente risolto dalle norme sulla valutazione che, come nell’articolo 20 del Decreto Legislativo 62/17, esclude il rilascio del diploma agli alunni/alunne con disabilità che non studino e non sostengano gli esami anche su una sola disciplina.
Pertanto riteniamo che, anche in attesa di una Circolare Ministeriale apposita, le scuole e le famiglie possano continuare, adesso a maggior ragione, ad utilizzare i modelli dei nuovi PEI, come è già avvenuto subito dopo la pronuncia di annullamento da parte del TAR. Ovviamente sarà bene evitare gli aspetti discutibili sopra segnalati e che il Ministero farà bene a non riprodurre nel riesame del testo del Decreto 182/20.
Sul tema qui trattato, suggeriamo senz’altro anche la consultazione dell’approfondimento pubblicato dal Centro Studi Giuridici HandyLex, con il titolo La “resurrezione” del Decreto Interministeriale n. 182/2020 e la sua “condizione di salute” nell’ordinamento giuridico: una prima analisi a margine della sentenza del Consiglio di Stato n. 3196/22 (a questo link).