Amo le parole e parlare di un festival dedicato a loro non può che essere una gioia. Nona edizione del Festival della Parola di Chiavari (Genova) dal 2 al 5 giugno. Parola d’ordine: ostinazione; ricco carnet e, nel giorno della Festa della Repubblica del 2 Giugno, interviste a tre autori con disabilità. Conosciamoli e prepariamoci ad andarci.
Ogni anno il Festival ha la sua parola chiave, il filo conduttore che lega gli interventi. Dichiarano: «Ostinazione significa non arrendersi di fronte alle difficoltà, non risparmiarsi per perseguire uno scopo, lottare contro le avversità della vita. I protagonisti del Festival della Parola sono “giocolieri del linguaggio” che si accaniscono con caparbietà per vincere i luoghi comuni e provare a rivoluzionare la comunicazione».
“Giocolieri del linguaggio” per vincere i luoghi comuni e provare a rivoluzionare la comunicazione: il principio mi calza. Ci ho cucito su una vita. È la mia tenuta da lavoro. Quanto l’ossatura del mio essere, che a 17 anni ha messo la cravatta per scombiccherare i luoghi comuni. È non l’ha più tolta. Più che ostinazione perseveranza. Più che perseveranza natura, indole.
Non arrendersi… L’ostinazione che mi appartiene va porta con gentilezza, tanto da diventare perseveranza. Qui mi trovo d’accordo con le parole di Vincenzo Mollica, giornalista che non mi pare abbia bisogno di presentazioni.
Mollica vive col Parkinson e l’uveite (un’infiammazione all’occhio) e quest’anno il Festival di Chiavari ha assegnato a lui e all’editrice Elisabetta Sgarbi il Premio Ambasciatore della Parola. Mollica sostiene: «Nel mio vocabolario personale la parola ostinazione non vive con particolare devozione. Però se un ostinato lo fa per bene lo abbraccio, se un ostinato lo fa per male lo combatto, se un ostinato lo fa per cocciutaggine lo ignoro, se un ostinato lo fa per stupidità lo cancello. Un’ultima annotazione: tengo sempre a debita distanza la parola ostinazione dalla prima, seconda, terza e quarta colazione!».
Il programma del Festival è variegato quanto pregevole. Suggerisco di consultarne il sito (a questo link). Si va dalla musica ai talk, da Nina Zilli a Pasolini (la cultura ha diramazioni insospettabili), dalle lotte delle donne in Uganda all’Ucraina. Dalla spiritualità all’ironia.
E a proposito di ironia, il Festival, come detto all’inizio, incontrerà tre persone con disabilità pressoché in apertura, cioè al pomeriggio del 2 giugno. Dice l’organizzatrice, Enrica Corsi: «Al Festival abbiamo deciso di coniugare la parola “ostinazione” con la disabilità, senza esercitare il pietismo, ma usando un pizzico di dissacrante ironia. Proprio come hanno fatto gli autori che abbiamo invitato».
Benissimo, vediamoli allora gli autori, sempre dalla voce dell’organizzatrice: «Mattia Muratore, avvocato brianzolo con l’osteogenesi imperfetta, la cosiddetta “malattia delle ossa di cristallo”, che in Sono nato così, ma non ditelo in giro (Chiarelettere) si racconta senza alcuna autocommiserazione o retorica, ribaltando lo stereotipo buonista che abitualmente si accompagna alla disabilità e spalancando le porte di un mondo che la maggior parte di noi non conosce».
L’osteogenesi imperfetta è quella del mio maestro Franco Bomprezzi, quindi mi sento molto prossimo a questo intervento.
Bando alla commozione, veniamo agli altri. Sempre dalla voce dell’organizzatrice del Festival: «Atteggiamento identico, quello di Federico Patuzzi, tiktoker seguitissimo con lo pseudonimo di Tuzzo, autore di un bestseller trasgressivo fin dal titolo, Mia sorella è un pezzo di figa (Rizzoli), in cui racconta meraviglie e difficoltà della vita con la sorella Susanna, ragazza con sindrome di Down dotata di una fantasia magica, spesso spiazzante, libera e senza filtri».
Sappiamo delle vicende di molti sibling, fratelli e sorelle di persone con disabilità. L’intervento si prospetta intrigante, sia per conoscere la questione che, se l’intento del Festival è abbattere i luoghi comuni, per offrire nuove prospettive sulla vita di persone usualmente racchiuse in un immaginario struggente.
Con Totò Cascio, infine, la mente torna a Nuovo Cinema Paradiso, film di Tornatore Oscar 1990 come Miglior Film Straniero. Ed è ancora Enrica Corsi a parlarcene: «Dopo avere girato altri film di straordinario successo, Totò sparì dalle scene. Il motivo? Una grave malattia, la retinite pigmentosa con edema maculare, che gli ha procurato la perdita quasi totale della vista. Ora, a 42 anni (quando girò il film di Tornatore ne aveva 9), ha trovato la forza di narrare la sua esperienza nel libro La gloria e la prova (Baldini+Castoldi)».
Ma l’ottima rassegna di personaggi non si conclude qui: «Muratore, Patuzzi e Cascio si racconteranno al Festival della Parola di Chiavari assieme a campioni paralimpici come Vittorio Podestà (handbike) e Marta Cantero (nuoto)».
Viva la parola, che ci può rendere più umani. Il Festival di Chiavari a lei dedicato può insegnare molte cose. Andiamoci.