«Una luce di speranza si accende oggi per la comunità delle persone con la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), malattia così poco certa nella sua storia e nella prospettiva futura, che oggi subisce una battuta di arresto grazie al progredire della ricerca»: l’importante annuncio arriva dall’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), che riprende quanto esposto al congresso annuale dell’ENCALS (European Network to Cure ALS), la rete europea per i trattamenti della SLA, durante il quale sono stati riportati i dati a dodici mesi di uno studio che ha mostrato un beneficio clinicamente significativo su diversi parametri.
La ricerca, partita dagli Stati Uniti, riguarda i pazienti con mutazione della proteina SOD1 e l’AISLA ne sintetizza così i risultati: «I dati mostrano che il trattamento precoce con il farmaco Tofersen rallenta il declino sia della capacità respiratoria vitale lenta, sia della capacità muscolare. Ma non solo. Sono state infatti osservate riduzioni della proteina SOD1 totale e del neurofilamento, vale a dire di uno dei marcatori associati al danno assonale e alla neurodegenerazione. La maggioranza dei partecipanti allo studio in aperto, inoltre, è sopravvissuta senza ventilazione permanente, il che lascia pensare che il farmaco agisca positivamente sia sulla sopravvivenza che sulla capacità di prevenire eventi avversi».
«La notizia ricevuta da Biogen ci entusiasma – commenta Fulvia Massimelli presidente dell’AISLA -; la molecola adottata in fase sperimentale dimostrava già chiaramente importanti risposte per il trattamento delle persone colpite da SLA con mutazione del gene SOD1. Non pòssiamo quindi che ringraziare tutti i pazienti e le famiglie che hanno accettato di partecipare allo studio e i medici che li hanno seguiti, primi fra tutti quelli dei Centri Clinici NEMO (NeuroMuscular Omnicentre), che non hanno esitato a mettere a disposizione ogni mezzo per accogliere i pazienti stessi».
«Si tratta di un cambiamento di prospettiva terapeutica – sottolineano ancora dall’AISLA – che segna per la prima volta, dopo 150 anni, l’inizio di una prima nuova pagina della malattia. A questo punto il nostro appello è che tutte le persone in Italia con la SLA causata dalla mutazione di SOD1 possano accedere tempestivamente al farmaco. In tal senso il nostro Centro di Ascolto è a disposizione per agevolare ogni paziente con le caratteristiche adeguate per accedere al farmaco. È bene ricordare che la mutazione su cui agisce è una forma genetica rara della malattia che riguarda circa il 2-3% delle persone con SLA, cioè 120-150 persone in Italia. Ad oggi ci risultano trattate poco più di 50 persone».
«Nella SLA – ha affermato il ricercatore americano Merit Cudkowicz, che opera presso il Massachusetts General Hospital – le persone con malattia a progressione più rapida hanno livelli di neurofilamenti più elevati, molto probabilmente perché i loro neuroni e assoni stanno degenerando più rapidamente. Tofersen ha abbassato i livelli di neurofilamento di circa il 40-50 per cento. La combinazione di questi risultati dei biomarcatori e dei dati sugli esiti clinici fornisce ulteriori prove del potenziale di tale farmaco nel rallentare efficacemente la progressione incessante della SLA causata dalla mutazione di SOD1».
«Questo – concludono quindi dall’AISLA – è un risultato molto importante per la comunità dei pazienti, sempre in attesa di avanzamenti che possano garantire opportunità terapeutiche a tutti. La ricerca su questa malattia e su ulteriori approcci terapeutici, però, non si può né si deve fermare». (S.B.)
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