A proposito del contestato questionario rivolto a persone «che assistono un proprio congiunto malato», ovvero ai caregiver familiari, inviato da parte del Comune di Roma e di quello di Nettuno, sempre nella Città Metropolitana di Roma, del quale abbiamo parlato la scorsa settimana, riceviamo e ben volentieri pubblichiamo il seguente commento da parte dell’ANFFAS Nazionale (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale).
Con la Delibera di Giunta Regionale del Lazio n. 341 dell’8 giugno 2021, recante Approvazione delle “Linee guida regionali per il riconoscimento del “caregiver familiare”, la valorizzazione sociale del ruolo e la promozione di interventi di sostegno, si è finalmente riconosciuto il ruolo e l’impegno di cura del cosiddetto “caregiver familiare”, quale persona che, anche oltre gli stretti legami civili, di coniugio di parentela ed affinità previsti dalla norma statale, supporta il percorso di vita delle persone con disabilità, «come componente informale ed essenziale del sistema dei servizi sociali, sociosanitari e sanitari in favore della persona con disabilità o non autosufficienza». Le Linee Guida, infatti, nelle intenzioni di chi le ha redatte, «intendono fornire una cornice di riferimento per tutte le iniziative ed azioni che, in modo trasversale ed integrato siano promosse dai diversi attori istituzionali in favore dei caregiver familiari e garantire omogenea attivazione a livello territoriale».
Si tratta di una significativa apertura che, per altro, vede recepite alcune delle proposte della memoria depositata dalla nostra Associazione [ANFFAS-Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, N.d.R.] nel luglio 2020 presso l’11^ Commissione Permanente del Lavoro Pubblico e Privato e della Previdenza Sociale del Senato sul Disegno di Legge AS 1461 (Disposizioni per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare).
Tutto bene, se non fosse per le pesanti implicazioni scaturite da un’approssimativa e ancora troppo burocratizzante risposta da parte delle Istituzioni su un particolare aspetto inerente alla rilevazione del “carico emotivo” vissuto dal caregiver per comprendere come supportarlo.
Il Comune di Nettuno, infatti, seguendo l’improvvido richiamo della Regione Lazio, ha richiesto ai caregiver la compilazione di un questionario di valutazione per verificarne lo stress (fisico, sociale, emotivo ecc.), conosciuto come il CBI (Caregiver Burden Inventory), (Novak M. e Guest C., Gerontologist, 29, 798-803, 1989), indicato, appunto, dalla Regione come «possibile strumento da utilizzare […] che consiste in una modalità di autovalutazione (percezione soggettiva dello stress), […] riferita a cinque differenti aspetti della condizione di caregiver familiare: carico oggettivo, psicologico, fisico, sociale ed emotivo (percezione soggettiva)».
Tale questionario, pur risultando scientificamente validato per la valutazione dello stress (burden) assistenziale (specifico per persone con Alzheimer e altri disturbi neurocognitivi maggiori o minori) e poco appropriato rispetto alle disabilità intellettive, prevede la somministrazione di alcune domande “standard” (ad esempio «Mi sento in imbarazzo a causa del comportamento del mio familiare», «Mi vergogno di lui» ecc.), oggetto di una polemica insorta in questi giorni all’interno dell’opinione pubblica.
Pur comprendendosi la necessità di verificare in concreto lo stress emotivo dei caregiver, si sarebbero dovuti semmai richiamare, da parte della Regione Lazio, altri possibili strumenti che, pur raggiungendo lo scopo, avrebbero evitato giudizi lesivi della dignità delle persone e di mettere a rischio anche il medesimo rapporto di spontaneità e di condivisione di un percorso tra il caregiver e la persona con disabilità, esponendo in questo modo i Comuni, che, appunto hanno seguito l’indicazione della Regione, ai giusti strali delle famiglie interessate e delle loro Associazioni rappresentative.
Al tempo stesso, occorre registrare la superficialità del Comune di Nettuno che, trovando nella Delibera Regionale come semplicemente richiamato il CBI, ha somministrato tale questionario, forse scaricandolo direttamente da internet e probabilmente alterandone il senso letterale nel tradurlo in italiano, senza valutarne l’effettiva efficacia rispetto allo scopo che si perseguiva e l’opportunità di utilizzare altri strumenti, tra l’altro, a quanto sembra, con poca attenzione anche alle modalità con cui si sono comunicate le finalità di tale indagine che, invece di dare sollievo alle famiglie e alle stesse persone con disabilità, ha ulteriormente aggiunto stress e aggravato la condizione di disagio.
A tal proposito, riteniamo del tutto inaccettabile l’utilizzo di tale improprio e odioso strumento, a prescindere dalla validazione scientifica di esso, e al fine di poter usufruire di una più idonea gamma di strumenti utili a dare risposte alle persone con disabilità, richiediamo alla comunità scientifica, cui manifestiamo la nostra disponibilità a collaborare, di sperimentare e di mettere in campo, in sinergia con il movimento delle persone con disabilità e delle Istituzioni preposte, studi, indagini e ricerca-azioni che sappiano fornire strategie e mezzi di valutazione ponderati e calibrati, rispettosi delle varie sensibilità e non già finalizzati a meri e inutili adempimenti burocratici a solo appannaggio della Pubblica Amministrazione.
Cogliendo la giusta indignazione collettiva, richiamiamo tutti affinché per il futuro si ponga maggiore attenzione nel compiere atti di tale portata, avendo maggiore riguardo al rispetto dei diritti e dignità delle persone con disabilità e dei loro familiari.
Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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