«I bambini autistici percepiscono un robot come meno intimidatorio di un essere umano, capace di aiutarli ad apprendere in modo migliore le nozioni che vengono loro veicolate»: lo sostiene un interessante studio, recentemente pubblicato dalla rivista «Children», frutto di un gruppo di lavoro comprendente numerosi ricercatori e coordinato da Giovanni Pioggia, ingegnere responsabile dell’IRIB (Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica) del CNR di Messina.
In tal senso, dunque, i robot stessi sono stati identificati come buoni strumenti da introdurre all’interno della terapia comportamentale assistita rivolta ai piccoli con disturbo dello spettro autistico.
Di tale studio si è occupata anche la testata «Leonardo.it», in un articolo ove si sottolinea come «i ricercatori abbiano scoperto che, come la maggior parte dei bambini, anche i bambini con autismo amano giocare con i robot. I robot possono fornire risposte prevedibili più e più volte. Ripetono le cose e si comportano in modo coerente, aspetto molto importante per aiutare i bambini con autismo a imparare meglio».
In realtà, si legge ancora, «da circa due decenni una nuova forma di tecnologia, chiamata “robot socialmente assistiti”, è entrata nel campo della terapia dell’autismo. Sono robot progettati per aiutare i bambini con autismo ad apprendere varie abilità sociali, emotive, comunicative e cognitive. Studi scientifici e l’uso empirico dei robot a casa e a scuola mostrano che il primo impatto dei robot sui bambini con autismo migliora il loro coinvolgimento e la loro attenzione. I robot – inizialmente – innescano curiosità ed eccitazione che fanno scaturire coinvolgimento. Questa ricerca, inoltre, mostra che quando i bambini interagiscono con un robot sociale in una sessione educativa, hanno meno comportamenti stereotipati rispetto alle volte in cui svolgono la stessa attività con un partner umano e che essi possono sostenere l’interazione per un periodo di tempo più lungo, dimostrando dunque maggiore propensione alla risposta e meno ansia comportamentale».
«C’è tuttavia bisogno di fare altri passi avanti sul piano tecnologico – ha dichiarato Giovanni Pioggia -, affinché i robot si avvicinino il più possibile alle fattezze umane, in modo da migliorare ulteriormente l’approccio terapeutico». (S.B.)
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