Definire tragedia, quella legata alla talidomide (o thalidomide), come abbiamo fatto nel titolo di questo nostro approfondimento, non è certo un’esagerazione. È infatti una storia brutta, molto brutta, quella che raccontiamo oggi, una storia di cui per altro ci siamo già molte volte occupati in questi anni, come si può vedere qui a fianco, all’elenco dei contributi da noi pubblicati.
Negli ultimi anni, però, vi è stato un importante convegno a Montecatini Terme (La tragedia della Talidomide: aspetti medici, scientifici e giuridici) e la conseguente pubblicazione di un libro dal titolo omonimo (Florence Art Edizioni, 2021), curato da Antonio Ciuffreda e Francesco Picucci. Proprio a questi ultimi, dunque, cediamo la parola, per seguire cosa accadde a partire dagli Anni Cinquanta del secolo scorso e quali conseguenze siano ancora vive per tante persone, ricordando che paradossalmente quella terribile vicenda ebbe anche un effetto positivo, portando infatti all’introduzione della farmacovigilanza.
Questo contributo di Ciuffreda e Picucci, per altro, non è solo una rievocazione storica, ma anche una testimonianza di diritti negati, con una serie di istanze conclusive, per chiedere alle Istituzioni di “fare quello che andava fatto” già da molto, molto tempo. (S.B.)
Il contesto storico
La talidomide, commercializzata per la prima volta in Germania all’inizio degli Anni Cinquanta, venne pubblicizzata come il sedativo più sicuro sul mercato (e di sedativi, nel primo dopoguerra, si faceva ahinoi grande uso); venduta come farmaco da banco con proprietà sedative, ipnotiche e tranquillanti (ma non mortale, come invece i barbiturici), ebbe subito “successo” e anche per questo fu ampiamente somministrata alle donne in gravidanza nella terapia delle nausee mattutine.
Il farmaco
Talidomide è il nome di “battesimo” dell’acido N-ftalil-glutammico, che fu sintetizzato nel 1953 (ufficialmente!?) dall’azienda tedesca Chemie Grünenthal, che registrò il brevetto nel 1954.
Recenti scoperte di rilevanza mondiale dell’Associazione dei talidomidici spagnoli Avite hanno altresì dimostrato che il brevetto fu in realtà registrato il 17 aprile 1950, col numero 615394.
Era proposta come «sicura, innocua ed economica» e costituiva il principio attivo di parecchi prodotti farmaceutici: cioè aggiunta/mescolata con altri farmaci, era somministrata per curare anche il banale raffreddore. La somministrazione copriva una vasta gamma di indicazioni: ASMAVAL per asma, TENSIVAL per l’ipertensione, VALGRAINE per l’emicrania e così via… aggiunta alla liquirizia “diventava” un digestivo!
Era considerata un prodotto che noi oggi definiremmo “da banco” e non necessitava della ricetta medica. Consigliata alle donne in gravidanza contro le nausee, senza che fossero state fatte, come ampiamente dimostrato e ammesso, le adeguate sperimentazioni (le scuse ufficiali della Chemie Grünenthal arrivarono nel 2012), il farmaco causò ai nascituri gravissime malformazioni agli arti, anomalie cardiache e problemi cerebrali; moltissimi (incalcolabili) furono i casi di aborto spontaneo e di morti fetali.
La vendita del prodotto era fonte di enormi guadagni, tant’è vero, come descrisse nel 1972 il professor Giulio Alfredo Maccacaro (introduzione al libro Il talidomide e il potere dell’industria farmaceutica di Henning Sjöström e Robert Nilsson per la collana “Medicina e potere”, edito da Feltrinelli), che il nostro Paese ha prodotto 10 su 34 (circa il 30%) delle specialità medicinali talidomidiche vendute in Europa e ciò ad opera di 7 su 16 (circa il 44%) delle industrie farmaceutiche, di varia nazionalità, impegnate in questa produzione (elenco compilato dall’American Pharmaceutical Association).
Le conseguenze
Si assistette così alla nascita di migliaia di bambini affetti da malformazioni agli arti, alla testa e a organi interni vitali. L’effetto teratogeno del farmaco indusse alterazioni del normale sviluppo del feto durante la gravidanza e provocò aborti spontanei oppure malformazioni congenite gravissime quali amelìa (assenza degli arti), emimelia (mancanza di alcuni segmenti ossei, soprattutto degli arti), focomelia (riduzione delle ossa lunghe degli arti) e micromelia (deficiente sviluppo degli arti).
Lo Stato italiano, tuttavia, non ha mai ritenuto necessario fare un censimento delle vittime, nonostante le svariate Interrogazioni Parlamentari, come quella del senatore Pasqualino Pasqualicchio riferita in Parlamento già il 18 giugno 1962, ossia un mese prima della tardiva revoca dei farmaci a base talidomide rispetto agli altri Paesi!
La revoca del farmaco
La talidomide venne infine ritirata dal mercato nel 1961 in Gran Bretagna e a questa decisione si unirono, nei mesi successivi, gli altri Stati Europei.
In Italia, la revoca avvenne soltanto nel luglio 1962, «con colpevole ritardo», come riportano gli atti preparatori della Legge stessa.
La farmacovigilanza
La legislazione vigente sulla farmacovigilanza nacque proprio a seguito della immensa tragedia del “caso talidomide”.
L’indennizzo
Soltanto nel 2005 (dopo ben 43 anni dalla revoca di tutti nomi commerciali dei farmaci a base del principio attivo), lo Stato italiano ha riconosciuto la sindrome da talidomide e, nel 2007, con la Legge 244 (Legge Finanziaria per il 2008) ha riconosciuto un indennizzo alle vittime affette da amelia, emimelia, focomelia e micromelia; le persone indennizzate dovevano essere nate fra il 1959 e il 1965, periodo in cui in Italia il farmaco avrebbe liberamente circolato, nonostante il ritiro dal commercio nel 1962.
Il successivo Decreto Legge 113/16 (convertito, con modificazioni, nella Legge 160/16, articolo 21-ter, comma 1) ha esteso il riconoscimento dell’indennizzo anche ai nati nel 1958 e nel 1966, prevedendo un ulteriore ampliamento al successivo comma: «L’indennizzo di cui al comma 1 è riconosciuto, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche ai soggetti che, ancorché nati al di fuori del periodo ivi previsto, presentano malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide. Al fine dell’accertamento del nesso causale tra l’assunzione del farmaco talidomide in gravidanza e le lesioni o l’infermità da cui è derivata la menomazione permanente nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della micromelia, i predetti soggetti possono chiedere di essere sottoposti al giudizio sanitario ai sensi dell’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163».
Interessante è l’emergere del nuovo “principio della compatibilità”, una nozione giurisprudenziale che costituisce un’apertura notevole e una nuovissima agevolazione rispetto ad analoghi settori assistenziali ed assicurativi.
Le due norme citate, la seconda mera estensione della prima, hanno lo stesso scopo che è quello di indennizzare le vittime da talidomide ed entrambe invocano lo stesso riferimento normativo per l’inquadramento dell’elargizione economica (ossia l’articolo 1 della Legge 29 ottobre 2005, n. 229, recante Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie).
I diritti negati
Al momento, per quanto a nostra conoscenza, esistono circa 600 soggetti riconosciuti quali vittime della talidomide e ai quali è stato concesso l’indennizzo. Purtroppo, a causa dell’interpretazione restrittiva che il Ministero della Salute dà ai criteri per il riconoscimento (nonostante tutte le normative sopraelencate di fatto invece allarghino le maglie della concessione), restano ancora non riconosciute un piccolo gruppo di persone nate nel 1957 e un ulteriore piccolo gruppo di persone che presenta malformazioni monolaterali. I primi vengono esclusi perché la registrazione del farmaco in Italia è avvenuta nell’aprile del 1958; i secondi perché i riferimenti scientifici di cui si avvale l’Istituto Superiore di Sanità, consulente del Ministero della Salute, sono ormai obsoleti e superati rispetto a quanto accaduto nella comunità scientifica in questi ultimi anni.
Dal resoconto sommario della V Commissione Permanente della Camera (Bilancio, Tesoro e Programmazione) del 9 aprile 2015, infatti, in relazione all’esame del nuovo testo unificato del Disegno di Legge C. 263 e abb. riguardo ai nati nel 1958, emerge che il medicinale non era ancora in commercio in Italia, ma non si può non tenere in considerazione, come osserva la documentazione del Ministero della Salute allegata al resoconto, che un certo numero di donne in gravidanza potrebbe averlo reperito sul mercato parallelo.
Poi, nel resoconto della XII Commissione Permanente del Senato (Igiene e Sanità) del 3 agosto 2015, sempre in relazione al medesimo testo trasmesso dall’altro ramo del Parlamento, la relatrice afferma che tale possibilità di reperimento «può riguardare anche i nati nel 1957, anno in cui è iniziata, all’estero, la distribuzione commerciale del farmaco», aggiungendo che, «come emerge dall’esame dei lavori preparatori dell’altro ramo, il testo del disegno di legge elaborato dal Comitato ristretto della Commissione Affari Sociali della Camera comprendeva anche le persone affette nate nell’anno 1957; successivamente, la suddetta Commissione ha preferito ridurre – all’interno del periodo in cui il farmaco non era in commercio in Italia ed in base alla considerazione di carattere generale che le menomazioni potrebbero derivare da altre cause – la portata dell’ampliamento».
Sembrerebbe quindi permanere un’area di incertezza circa la categorica esclusione di vendita di farmaci contenenti talidomide oltre il periodo indicato dal Ministero della Salute.
Risulta per altro che, ultimamente, l’Ufficio Indennizzi/Direzione Generale Vigilanza sugli Enti e della Sicurezza sulle Cure del Ministero della Salute stia rigettando tutte le istanze per il riconoscimento di indennizzo ai nati nel 1957, non esprimendo un giudizio medico sulla documentazione sanitaria prodotta e allegata, ma procedendo ad un’esclusione a priori per anno di nascita, pur sussistendo sia la previsione di allargamento del range (come da citato articolo 21-ter, comma 2 del Decreto Legge 113/16), sia la diagnosi differenziale (sancita dall’articolo 2, comma 1-quater, lettera c, dell’Allegato del decreto ministeriale 17 ottobre 2017, n. 166).
Per quanto riguarda invece i soggetti monolaterali, il Ministero fino ad oggi non vuole considerare gli studi italiani e internazionali, già pubblicati e riconosciuti dalla comunità scientifica, grazie al lavoro della professoressa Luisa Guerrini, del professor Neil Vargesson e del professor Benedetto Terracini, che dimostrano come anche soggetti monolaterali possano essere annoverati fra le vittime della talidomide, in quanto la sua teratogenicità è imprevedibile.
Del resto, per paradosso, i soggetti già indennizzati sono nella stragrande maggioranza proprio soggetti con malformazioni monolaterali.
Cosa chiediamo
Chiediamo di sapere se il Ministro della Salute sia a conoscenza della sistematica pratica di esclusione messa in atto dalla Direzione Generale Vigilanza sugli Enti e della Sicurezza sulle Cure del proprio Dicastero.
O chiediamo che i nati nel 1957 (11 persone, a nostra conoscenza) vengano mandati a visita medica e possano disporre di un parere medico e non “tecnico-burocratico”: infatti, non mandandoli a visita medico-legale e negando loro la possibilità di un giudizio sanitario, si nega un diritto e si contraddice la stessa Legge 160/16).
Chiediamo inoltre che si valuti ciò che il Convegno di Montecatini del febbraio 2020 e il libro La tragedia della Talidomide” (prima edizione settembre 2021 e seconda edizione, rivista e aggiornata, luglio 2022) hanno portato alla luce: che cioè la sostanza era in circolazione molto tempo prima del 1958, con la relativa documentazione presentata già a diversi Tribunali in occasione di svariati procedimenti giudiziari e che la monolateralità non è criterio escludente, anzi…
E ancora, chiediamo di avere un dialogo con il Ministero e non una serie di porte chiuse o di silenzi quali risposta alle molteplici Interrogazioni e solleciti inviati a Ministri, Viceministri, Parlamentari… o chiediamo di capire come mai i politici che hanno mostrato interesse per la nostra vicenda, dopo un primo momento di scambio di informazioni e di attenzione, improvvisamente tacciono.
E infine chiediamo che il dolore nostro e delle nostre famiglie non venga ridotto ad una mera questione economica e di bilancio dello Stato (se è vero, come è vero, che «per crescere un bambino ci vuole un villaggio», è altresì vero che quando un bambino soffre c’è spesso una comunità che soffre con lui… Per questo non vorremmo si sottovalutasse, insieme alla nostra personale sofferenza, il senso di colpa, di inadeguatezza – a volte inevitabile – provato dalle nostre mamme) oppure che a distanza di oltre sessant’anni, cessi questo silenzio così rumoroso sulla nostra tragedia e si dia dignità a tutte le vittime.
Ringraziamo Domenico Massano per la segnalazione e Gloriana Leone per la collaborazione.
La nuova edizione del libro La tragedia della Talidomide: aspetti medici, scientifici e giuridici sarà prossimamente al centro di due presentazioni, la prima delle quali sabato 10 settembre a Parma (Sala dei Concerti della Casa della Musica, Piazza San Francesco, 1, ore 16.30), la seconda sabato 19 novembre a Settimo Torinese (Torino), presso la Biblioteca Civica Multimediale Archimede (Piazza Campidoglio, 50).