Un numero sempre più consistente di contributi scientifici (Nicholas et al., 2016) ha, negli ultimi anni, inquadrato il problema dell’accesso alle cure mediche da parte di bambini e adulti affetti da disturbo dello spettro autistico. Molte ricerche condotte sul capo evidenziano come questa popolazione necessiti di modalità particolari di relazione e cura che considerino le caratteristiche peculiari del disturbo. Di contro, infatti, a condizioni di salute spesso complesse, con la presenza di disturbi organici in comorbidità (Coury et al., 2012; Sharp et al., 2013) e condizioni croniche invalidanti (Richdale et al., 2014), bambini e adulti nello spettro sperimentano l’impossibilità di accedere con facilità ai servizi sanitari. Difficoltà di comunicazione e intuizione sociale, problemi sensoriali (Bogdashina, 2016) e comportamentali non facilitano l’interazione con il personale sanitario non preparato a relazionarsi con loro. Il susseguirsi di esperienze negative, sia da parte del paziente, che si trova contenuto e forzato, sia da parte del personale sanitario che, a fronte di un notevole sforzo di tempo ed energie, non è in grado di effettuare le procedure richieste, può portare pertanto ad una pericolosa rinuncia alla cura.
Si pone dunque l’importante questione di come accogliere e assicurare le cure necessarie a bambini e adulti nello spettro presso i presìdi ospedalieri, considerando condizioni di salute spesso più critiche rispetto a quelle dei coetanei neurotipici (Esbensen et al., 2009).
Due passaggi risultano necessari a garantire cure mediche adeguate anche ai pazienti affetti da un disturbo dello spettro autistico (Raffin et al., 2012): la formazione di medici e infermieri rispetto alle possibili difficoltà che una persona con disturbo dello spettro autistico (d’ora in poi ASD) può incontrare nel sottoporsi ad un esame o visita medica, e la preparazione del paziente alla procedura che dovrà affrontare.
Tali azioni però, se non inserite all’interno di una procedura definita e condivisa, rischiano di non ottenere i risultati sperati, dovendosi coordinare gli interventi di diverse figure che, a diverso titolo, risultano coinvolte nella situazione (sanitari, caregiver/familiari, specialisti del disturbo).
Alla luce di queste considerazioni, assieme ai referenti del centro prelievi dell’ospedale di riferimento, è stato ideato (e condiviso poi con le famiglie coinvolte) un protocollo di azioni volto a coordinare gli interventi di famiglia, ospedale e struttura di riferimento per gli ASD.
Il protocollo, che prevede un training di preparazione della persona con ASD all’esame e particolari misure di accoglienza presso la struttura ospedaliera, è stato sperimentato su un gruppo di dieci ragazzi che necessitavano di effettuare degli esami ematici. Per facilitare la comunicazione tra il personale sanitario e i ragazzi, è stata utilizzata l’applicazione software vi.co Hospital, sia durante le fasi di training, per allenare il ragazzo alle giuste risposte comportamentali, sia durante l’esame in ospedale, per veicolare le richieste dell’infermiere durante l’esame.
L’obiettivo è stato quello di testare la reale efficacia del protocollo ideato e, in particolare, dello specifico training svolto tramite l’applicazione software vi.co Hospital, in occasione dell’effettuazione di prelievi ematici presso il centro ospedaliero.
Il metodo e i risultati
Dieci ragazzi, dunque (età media 13 anni), con diagnosi di ASD (l’intero gruppo con compromissione del linguaggio; 7 con compromissione intellettiva; 5 con livello di gravità più elevato per comunicazione sociale e comportamenti ristretti e ripetitivi), con in atto trattamenti cognitivo-comportamentali intensivi a cadenza bisettimanale presso la Fondazione Bambini e Autismo di Pordenone, hanno preso parte allo studio. I ragazzi, selezionati sulla base di un questionario rivolto ai genitori per l’individuazione di bisogni di cura e prevenzione e di problemi legati all’esecuzione degli esami medici necessari, necessitavano tutti di effettuare un prelievo ematico, riportando, al contempo, esperienze negative pregresse: contenimento fisico a seguito di reazioni dirompenti e aggressive, dovute principalmente a non adeguate modalità di interazione del personale sanitario e difficoltà nel rispetto dei tempi di risposta del bambino.
Considerando i deficit di comunicazione della persona con autismo e la mancanza di intuizione sociale per le situazioni nuove, il protocollo di azioni ideato comprende due fasi:
° fase di training preliminare all’esecuzione dell’esame: lavora sulla conoscenza della procedura e sull’apprendimento dei comportamenti richiesti;
° fase effettiva di esecuzione dell’esame in ospedale: fornisce strumenti e strategie per favorire l’interazione fra il ragazzo e l’infermiere durante l’effettuazione del prelievo ematico.
Il protocollo prevede che la fase di training preliminare per la preparazione degli utenti all’esame strumentale avvenga presso il centro di presa in carico durante gli interventi di trattamento settimanali, attraverso l’uso di vi.co Hospital, con contestuale monitoraggio del livello di preparazione del ragazzo all’esame.
Una volta raggiunto un buon livello di collaborazione da parte del ragazzo, il centro di presa in carico prende contatti con il centro prelievi per fissare la data dell’esame e presentare le caratteristiche del ragazzo legate allo spettro e le modalità di interazione e comunicazione più adeguate al caso.
Il giorno dell’esecuzione dell’esame, il ragazzo accede direttamente all’ambulatorio adibito al prelievo senza tempi di attesa e il prelievo viene eseguito nelle stesse modalità con cui è stato simulato durante il training preliminare.
Il training preliminare con vi.co Hospital
Realizzata nel 2014 grazie al lavoro dell’équipe di ricerca della Fondazione Bambini e Autismo, l’applicazione vi.co Hospital (ove vi.co sta per Visual Communication) è un’interfaccia comunicativa che nasce con l’obiettivo di facilitare la comunicazione tra persone con disturbi dello spettro autistico e personale sanitario, operatori terapeutici, familiari/caregiver, per favorire l’espletamento di esami clinici con la necessaria compliance del paziente (se ne legga già anche su queste stesse pagine).
Le persone con disturbi della comunicazione e in particolare le persone con ASD sono facilitate nella comprensione dei messaggi se sono trasmessi attraverso linguaggi visivi (Arthur-Kelly et al., 2009; Savner et al., 2000). Le difficoltà di comunicazione e l’assenza di comprensione del linguaggio verbale pongono il problema di avere ausili di comunicazione alternativa attraverso cui spiegare anticipatamente alla persona cosa verrà fatto su di lei nel corso dell’esame, in modo tale da diminuire l’ansia, causa primaria dell’oppositività e della mancanza di compliance.
Attraverso la scelta di un codice comunicativo (iconico, fotografico o video), in base al livello di comprensione del paziente interessato, al medesimo vengono presentate nel dettaglio tutte le fasi previste per l’esecuzione dell’esame clinico. Al completamento dei vari step previsti, viene assegnato un “gettone” di rinforzo, seguendo i princìpi della psicologia comportamentista.
L’applicazione, nel corso degli anni, è stata aggiornata e ampliata con nuove procedure. Ad oggi, le procedure disponibili sono ben sedici: ecografia, elettrocardiogramma, elettroencefalogramma, esame obiettivo, ingessatura dell’arto superiore, prelievo del sangue, radiografia del torace, radiografia dell’arto superiore, rimozione del gesso all’arto superiore, tampone nasale, uso della mascherina, vaccinazione, visita oculistica, visita odontoiatrica, visita otorinolaringoiatrica. Ulteriori procedure sono in fase di valutazione e verranno sviluppate grazie alla collaborazione di professionisti ed enti benèfici.
Il training è iniziato con la visione dell’intera procedura in modalità demo, ovvero non suddivisa in step. In seguito, a partire dal primo step e proseguendo con il concatenamento delle fasi successive, è stato richiesto, verbalmente («Fai uguale», «Fai come fa il ragazzo») oppure attraverso un aiuto fisico, di riprodurre quanto faceva la persona a cui nel video veniva effettuato il prelievo.
Il training si considerava concluso quando il ragazzo riusciva ad eseguire tutti gli step della procedura per quattro sedute consecutive.
Alla quarta sessione di formazione, il 50% dei partecipanti aveva completato i cinque step formativi previsti, mentre alla sesta seduta, ben l’80%.
Secondo il protocollo concordato con l’ospedale, l’esame è stato effettuato in una stanza dedicata, a cui il ragazzo accedeva, su appuntamento, senza tempi di attesa. Erano presenti due infermieri, che avevano precedentemente ricevuto informazioni riguardo le caratteristiche del ragazzo (età, livello di comprensione verbale, presenza di comportamenti stravaganti, problematici o stereotipie motorie o verbali, esperienze pregresse con la situazione di esame) e le modalità di interazione da adottare (ad esempio: parlare poco, con linguaggio semplice e chiaro, oppure usare sistemi di comunicazione alternativi). Erano inoltre presenti il familiare e il terapista che aveva seguito il training di preparazione al prelievo. Nell’effettuazione del prelievo ematico, l’infermiere procedeva nell’esecuzione di ciascuno step in seguito alla visione del relativo video tramite l’app vi.co Hospital, riproponendo la stessa modalità attuata durante il training di preparazione.
Durante l’effettuazione del prelievo ematico in ospedale, otto dei dieci ragazzi del campione si sono dimostrati collaboranti e hanno effettuato l’esame secondo le modalità previste dal protocollo. Per questo gruppo non si sono verificate resistenze, comportamenti problematici, reazioni dirompenti o aggressive in reazione alla situazione. Per un ragazzo, in seguito al fallimento del primo tentativo di esecuzione dell’esame, è stato necessario modificare e ripetere il training, inserendo una persona che mantenesse il braccio in posizione durante l’inserimento dell’ago. In seguito a questa modifica del training, il secondo tentativo di effettuazione del prelievo è andato a buon fine. Per il secondo ragazzo per cui il primo tentativo di effettuare il prelievo è fallito, non è stato possibile effettuare l’esame secondo le modalità previste dal protocollo, seppure il training di preparazione fosse stato completato.
Conclusioni
Il protocollo nel suo complesso si è dimostrato efficace per affrontare le problematiche legate all’esecuzione di esami e visite mediche che bambini e adulti nello spettro autistico sperimentano. Altrettanto efficace è stato l’utilizzo dell’applicazione che utilizzando immagini mostrate su tablet, ha avuto il merito di concentrare l’attenzione dei ragazzi e la loro curiosità predisponendoli alla collaborazione. L’intera esperienza è stata infatti accolta positivamente sia dalle famiglie coinvolte, sia dal personale sanitario, che ha trovato modalità e strategie utili nella pratica quotidiana.
Considerare le parti coinvolte in maniera contestuale ha permesso di valutare le difficoltà di tutti e di progettare una risposta non parziale, ma di apertura a modalità di azioni più rispondenti alle caratteristiche dei beneficiari delle prestazioni.
Il personale sanitario ha trovato nel protocollo ragioni e strategie consapevoli per adeguare lo svolgimento dell’esame, conoscendo i motivi delle resistenze del paziente a fasi anche non invasive della procedura. Lo step by step visivo, che annuncia le fasi da eseguire e, implicitamente, pone le richieste di collaborazione al ragazzo, ha permesso di bypassare le complicazioni date dagli errori che comunemente si fanno quando si interagisce con una persona nello spettro autistico, non avendo sufficiente preparazione al riguardo. L’utilizzo della stessa applicazione software durante il training di preparazione e durante l’effettuazione dell’esame in ospedale ha permesso di creare una situazione familiare e prevedibile, presupposto essenziale affinché il ragazzo collabori con fiducia alle richieste dell’infermiere. Ha permesso inoltre di dare sia al ragazzo sia all’infermiere un copione condiviso di azioni da eseguire, riducendo al minimo l’imprevisto e la necessità di improvvisare tecniche e strategie destinate al fallimento.
La collaborazione che i ragazzi del nostro campione hanno dimostrato conferma l’efficacia di un training volto ad associare l’esame ad una situazione prevedibile e familiare, in cui il ragazzo non deve temere l’imprevisto, la comunicazione confusa e l’uso di modalità coercitive.
Con la messa in atto del protocollo ideato è pertanto possibile creare le condizioni migliori affinché le cure ospedaliere prendano quel carattere di prevedibilità e familiarità che tanto aiuta bambini e adulti nello spettro autistico a fidarsi e ad esprimere al meglio le loro volontà di collaborazione. In questo contesto, l’applicazione vi.co Hospital si presenta come uno strumento efficace nel garantire un equo accesso a percorsi di cura e prevenzione, a favore del benessere delle persone con autismo.
Bibliografia:
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° Coury D.L., Ashwood P., Fasano A., Fuchs G., Geraghty M., Kaul A., … & Jones N.E. (2012), Gastrointestinal conditions in children with autism spectrum disorder: developing a research agenda, in «Pediatrics», 130(Supplement 2), S160-S168.
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° Nicholas D.B., Zwaigenbaum L., Muskat B., Craig W.R., Newton A.S., Cohen-Silver J., … & Kilmer C. (2016), Toward practice advancement in emergency care for children with autism spectrum disorder, in «Pediatrics», 137(Supplement 2), S205-S211.
° Raffin C., Copat O., Moscariello F., Dall’Amico R. & Filippini M. (2013), “Ho bisogno urgente di te, ma non te lo so dire!”. Protocollo d’intervento per persone affette da Disturbo dello Spettro Autistico presso i Dipartimenti di Emergenza, in «Autismo e Disturbi dello Sviluppo», 2013/1.
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° Quando arriva in ospedale chi non può comunicare, in «Superando.it», 18 settembre 2015.