La sterilizzazione forzata delle persone con disabilità è un abuso pervasivo e una grave violazione dei loro diritti fondamentali. Tuttavia, è una pratica ancora in corso e diffusa in tutta Europa e nel mondo. Le persone con disabilità intellettive o psicosociali, in particolare quelle soggette a misure di tutela, sono tra quelle che vi sono più esposte. Essa è una forma invasiva di violenza che distrugge la vita delle vittime, portando a traumi che durano per tutta la vita e perpetuando un sistema paternalistico, infantilizzante e discriminatorio che mette in discussione la capacità delle persone con disabilità, in larghissima maggioranza donne con disabilità, di prendersi cura di un bambino e di crearsi una famiglia: queste sono solo alcune delle considerazioni contenute nel rapporto di ricerca intitolato La sterilizzazione forzata delle persone con disabilità nell’Unione Europea (disponibile ora anche in italiano a questo link, per cura del FID, il Forum Italiano sulla Disabilità, nonché in versione “facile da leggere e da comprendere”), pubblicato nei giorni scorsi dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, di cui per altro abbiamo già dato notizia su queste stesse pagine.
Nella nota informativa è evidenziato, tra le altre cose, l’elenco dei quattordici Paesi dell’Unione Europea nei quali la sterilizzazione forzata delle persone con disabilità è ancora consentita per legge, ovvero Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. È stato inoltre segnalato che tre di questi Paesi (e precisamente il Portogallo, la Repubblica Ceca e l’Ungheria) «consentono esplicitamente anche la sterilizzazione forzata dei minori, mentre in altri Stati pur non compresi nell’elenco (Belgio e Francia), insieme all’Ungheria, è prassi inserirla come requisito per l’ammissione alle strutture residenziali, che spesso, purtroppo, sono ancora l’unica scelta concessa alle persone con disabilità».
Questi dati di per sé scioccanti potrebbero trarre in inganno, inducendo a ritenere che i Paesi dell’Unione non esplicitamente menzionati in quello che è stato definito “l’elenco della vergogna”, non abbiano a che fare con il fenomeno in questione. Purtroppo non è così e lo si comprende chiaramente esaminando la situazione dell’Italia.
«In alcuni Paesi che non consentono la sterilizzazione forzata delle persone con disabilità, possono esistere ancora delle eccezioni, ad esempio quando si tratta di una misura urgente o “terapeutica”. Questo è il caso della legge irlandese, italiana e slovena», è scritto nel testo del rapporto di ricerca (pagina 13, grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni testuali).
Lo stesso rapporto rimanda ad una specifica sezione ospitata nel sito dell’EDF, contenente informazioni più dettagliate sulle leggi in vigore in ogni Stato Membro dell’Unione Europea. Ebbene, nella sottosezione dedicata all’Italia è specificato che nel nostro Paese «la sterilizzazione forzata non è criminalizzata come reato specifico. Tuttavia, può essere perseguita come circostanza aggravante ai sensi dell’articolo 583, comma 2 del Codice Penale, secondo il quale chiunque cagioni intenzionalmente una lesione personale che comporti la perdita della capacità di procreare è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
Nelle sue Osservazioni Conclusive del 2016 sul rapporto italiano riguardante l’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, il Comitato ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità ha raccomandato di «abolire tutte le leggi che consentono le cure mediche, compresa la sterilizzazione, autorizzate da un terzo (genitore o tutore) senza il consenso libero e informato della persona».
Secondo il già citato FID, il Forum Italiano sulla Disabilità, le pratiche quali la sterilizzazione sono «illegali e culturalmente inaccettabili. E tuttavia, l’assenza di informazioni al riguardo non esclude l’esistenza di tale pratica».
Proprio per verificare cosa accade nella realtà, nella sezione sono prese in esame anche le pronunce giurisprudenziali sulla sterilizzazione forzata delle persone con disabilità. A tal proposito è specificato che «la limitata giurisprudenza disponibile sembra corroborare l’affermazione delle organizzazioni non governative femminili secondo cui questi reati potrebbero essere commessi su richiesta della famiglia della vittima con varie giustificazioni mediche (endoscopie, biopsie) senza essere notate, come si evince da una pronuncia del Tribunale di Catanzaro del 2013».
L’ultimo tasto dolente riguarda la mancanza di dati sulla materia. Nelle già citate Osservazioni Conclusive sul rapporto italiano, «il Comitato ONU ha espresso preoccupazione per la mancanza di dati sulle cure mediche, compresa la sterilizzazione, somministrate senza il consenso dell’interessato». A ciò si aggiunga che anche il GREVIO, il Gruppo di esperti/e indipendenti responsabile del monitoraggio dell’attuazione della Convenzione di Istanbul (il Trattato del Consiglio d’Europa in tema di violenza di genere), nel suo Rapporto di valutazione sull’Italia del 2020, tra le altre cose, «ha sottolineato la mancanza di dati su alcune forme di violenza contro le donne, compresa la sterilizzazione forzata».
Dunque l’Italia non è per niente assolta, anzi sembra esprimere al riguardo un’indifferenza tale che, nonostante i richiami degli organismi di controllo indipendenti – del Comitato ONU prima e del GREVIO poi –, non si preoccupa nemmeno di raccogliere i dati utili a verificare, descrivere ed eventualmente quantificare il fenomeno. Ma questo è solo uno degli aspetti critici.
Nel rapporto di ricerca dell’EDF, infatti, vengono individuati i motivi comunemente evocati per giustificare la sterilizzazione forzata che, va tenuto ben presente, è una pratica invasiva e irreversibile. Tali motivi discriminatori includono: il cosiddetto «miglior interesse della persona»; ragioni mediche; «proteggere la persona dagli abusi sessuali»; «facilitare» la contraccezione ed evitare il «peso» che altri metodi contraccettivi possono comportare; la persistente convinzione paternalistica, infantilizzante e patriarcale in base alla quale una persona con disabilità potrebbe non essere in grado di prendersi cura di un bambino. Inoltre, un intero paragrafo del rapporto è dedicato a mostrare i legami tra la sterilizzazione forzata e il riconoscimento della capacità legale (intesa come comprensiva della capacità giuridica e della capacità di agire), disciplinato dall’articolo 12 della Convenzione ONU. L’EDF evidenzia come la sterilizzazione forzata sia sovente «presentata come un mezzo per proteggere le persone “vulnerabili”» (pagina 18), e come tale motivazione sia analoga alle argomentazioni comunemente utilizzate per giustificare la presenza di regimi decisionali sostitutivi delle persone con disabilità, in particolare la tutela. Tuttavia, questi regimi violano i diritti fondamentali delle persone con disabilità e minano la loro autonomia e il diritto all’autodeterminazione. «La capacità giuridica e la sterilizzazione forzata sono intrinsecamente legate poiché la sterilizzazione forzata riguarda in particolare le persone con disabilità intellettive e/o psicosociali, la cui capacità legale è limitata – si legge in un passaggio del rapporto –. Le decisioni sui loro diritti riproduttivi sono lasciate, tra gli altri, ai loro rappresentanti legali, ai tutori o ai tribunali. Vediamo che molti Stati Membri dell’Unione Europea che autorizzano la sterilizzazione forzata sono anche tra quelli che consentono un processo decisionale sostitutivo» (pagina 18).
Ebbene, anche se l’Italia non è espressamente citata in questa parte del rapporto, la circostanza che essa non abbia ancora abolito gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, che sono in marcato contrasto con la Convenzione ONU, e che anche l’amministrazione di sostegno sia talvolta arbitrariamente applicata come regime decisionale sostitutivo (a tal proposito si legga su queste stesse pagine il presente approfondimento), costituisce il terreno ideale perché anche in materia riproduttiva le decisioni vengano prese da terzi e non dalla stessa persona con disabilità.
Ovviamente l’EDF non si limita, nel proprio rapporto, a “fotografare l’esistente”, ma propone delle raccomandazioni. La prima, lapidaria, è la seguente: «la sterilizzazione forzata deve essere vietata e criminalizzata dall’Unione Europea e da tutti i suoi Stati Membri» (pagina 26, grassetto nell’originale).
Oltre a ciò, il Forum chiede anche la criminalizzazione della sterilizzazione forzata ai sensi della proposta di Direttiva elaborata dalla Commissione Europea sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (a tal proposito si legga su queste pagine la seguente nota); e ancora, la criminalizzazione della sterilizzazione forzata da parte di tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea senza eccezioni per tipo di disabilità o riconoscimento della capacità legale; l’adozione di misure a livello dell’Unione Europea e degli Stati Membri per garantire l’accesso alla giustizia, comprese le sanzioni penali adeguate e il risarcimento delle vittime; la ratifica della Convenzione di Istanbul da parte dell’Unione Europea e di tutti i suoi Stati Membri.
Che l’impegno del Forum nel contrastare la sterilizzazione forzata sia massimo è reso evidente anche dalla specifica petizione lanciata dallo stesso e tuttora aperta a ogni adesione (disponibile a questo link anche in italiano), e tuttavia l’aver mirato in modo specifico alla sterilizzazione forzata e non a tutte le forme di coercizione riproduttiva potrebbe depotenziarne l’azione.
Tale timore scaturisce a seguito di una nostra riflessione sulla circostanza che qui in Italia il divieto di sterilizzazione forzata viene spesso e facilmente aggirato facendo ricorso alla contraccezione forzata. In particolare si hanno notizie di madri e di operatori/trici sanitari che somministrano la pillola o fanno impiantare la spirale a ragazze e donne con disabilità intellettive e/o psichiatriche non solo senza il consenso libero e informato delle interessate, ma talvolta senza che queste sappiano di che trattamento si tratta.
È evidente che la contraccezione forzata, pur non comportando una diminuzione permanente dell’integrità fisica della persona, se protratta indefinitamente ha, sulla funzione riproduttiva, gli stessi effetti della sterilizzazione forzata.
Non solo, qui in Italia abbiamo registrato un caso di aborto forzato ai danni una donna con disabilità psichiatrica che aveva espressamente manifestato il desiderio di portare a termine la gravidanza (se ne legga sulle nostre pagine a questo link) e se non ci disponiamo ad indagare anche questa forma di coercizione riproduttiva, nulla vieta che essa continui ad essere indisturbatamente praticata nelle chiuse stanze degli istituti.
Ma non basta ancora, perché, interpellata riguardo al tema della vittimizzazione secondaria delle donne con disabilità vittime di violenza, Rosalba Taddeini, responsabile dell’Osservatorio Nazionale sulle violenze contro le donne con disabilità dell’Associazione Differenza Donna, ha evidenziato come molte donne e ragazze con disabilità che si rivolgono alle Istituzioni per avere subìto maltrattamenti, abusi e violenze, oltre a correre il rischio di non essere credute (come e più delle altre donne), si espongono anche a quello abbastanza certo di una valutazione delle loro capacità genitoriali che non tiene conto delle loro fragilità, e che quasi sempre si conclude con la sottrazione dei figli e delle figlie.
Di più, Taddeini spiega che anche al di fuori dei percorsi di contrasto alla violenza, nel momento in cui una donna con disabilità intellettiva e/o psichiatrica si reca in ospedale per partorire, è costantemente esposta al rischio che il figlio o la figlia le venga sottratto alla nascita, e sùbito dichiarato adottabile, senza che l’istituzione prenda neanche in considerazione che, qualora la donna abbia effettivamente delle difficoltà, invece di levarle i figli, le siano forniti servizi di supporto alla genitorialità che le consentano di esercitare il ruolo materno.
Se dunque da un lato vanno certamente salutate con favore tutte le azioni per contrastare la sterilizzazione forzata, e l’impegno dell’EDF su questo fronte è encomiabile, dall’altro lato permane l’impressione che per ottenere un risultato davvero incisivo, sia necessario disporsi a contrastare tutte le forme di coercizione riproduttiva, perché, come abbiamo visto, attraverso esse il divieto di sterilizzazione forzata può essere e viene facilmente aggirato.
Per approfondire ulteriormente i temi trattati nel presente contributo, si può fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, oltreché alle sezioni Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi, La violenza nei confronti delle donne con disabilità e Donne con disabilità, nel sito del Centro Informare un’h.