Leggo in «Superando.it» l’articolo dal titolo Dall’esigibilità all’effettività dei diritti delle persone con disabilità, firmato da un Gruppo di Lavoro della Fondazione Emanuela Zancan e che corrisponde ai contenuti di una relazione tenuta da quello stesso Gruppo al 1° Convegno Nazionale del Servizio Nazionale per la Pastorale delle Persone con Disabilità della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), denominato Noi non loro. La disabilità nella Chiesa, tenutosi a Roma nel giugno scorso.
Il documento cui fa riferimento l’articolo e l’articolo stesso sono a mio parere molto importanti perché affrontano un’interessante ipotesi di applicazione della Legge 112/16 sul “Dopo di Noi” a partire dal “Durante Noi”, ma in modo “cooperativistico” e non semplicemente individuale. Il tema rientra pienamente nella logica della vita indipendente di cui all’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia, com’è noto, con la Legge 18/09.
L’ipotesi proposta è interessante, perché formulata in sede della Fondazione Zancan, ente universalmente noto per la specifica competenza sulle problematiche sociali e perché si prevede l’istituzione dell’“assegno di deistituzionalizzazione”, tema fondamentale della Legge Delega in materia di disabilità 227/21. Preciso inoltre che l’idea originaria della costituzione di questo fondo per un “Dopo di Noi in modo cooperativistico” è di Maurizio Zerilli, persona vicina al mondo della disabilità, attualmente membro del Comitato Scientifico della stessa Fondazione Zancan.
Siccome certamente dei progetti di vita indipendente e del “Dopo di Noi” si parlerà ad esempio anche durante il Congresso Nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) del 3 e 4 dicembre prossimi, mi permetto di intervenire manifestando il mio giudizio positivo sull’idea di fondo di questo documento, proponendo però alcune precisazioni che, a mio avviso, lo renderebbero pienamente comprensibile e accettabile da parte delle nostre famiglie, da sempre angosciate dal pensiero dell’incertezza del “Dopo di Noi”.
Occorre innanzitutto esplicitare nel testo la denominazione di “assegno di deistituzionalizzazione” (mancante nel documento), perché esso è applicativo del principio di “deistituzionalizzazione” presente tra i temi fondamentali della citata Legge Delega in materia di disabilità 227/21. Ed è necessario aggiungere che l’importo finanziario dello Stato che lo costituisce è appena una minima parte della somma attualmente spesa dal settore pubblico per l’istituzionalizzazione in RSA e RSD (Residenze Sanitarie Assistita e Residenza Sanitaria Disabili).
Quando poi si parla dell’aspetto cooperativistico, occorre precisare che questo intervento è coerente e migliorativo della Legge 112/16, poiché in tale norma si prevedono solo assicurazioni delle singole famiglie.
E ancora, occorre precisare che, quando si parla dell’esternalizzazione dei servizi di lavanderia ecc., questi possono continuare ad essere gestiti dagli stessi soggetti del Terzo Settore che attualmente li svolgono presso le RSA e le RSD, ciò per garantire la continuità di servizi ormai consolidati, gestiti con professionalità dagli stessi soggetti del Terzo Settore. Ovviamente, è opportuno dire che questo progetto riguarda non solo la vita indipendente in casa propria, ma anche quella in piccole residenze di tipo familiare.
Per quanto poi riguarda i versamenti delle famiglie per costituire il fondo iniziale, essi non incidono per nulla sull’indennità di accompagnamento, poiché lo Schema di Disegno di Legge sulla non autosufficienza, recentemente approvato dal Governo uscente e che dovrà ora essere approvato dal Parlamento entro il 30 marzo 2023, in quanto finanziato in parte con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non tocca l’indennità di accompagnamento, ma prevede, in alternativa a tale indennità, la misura della “prestazione universale”. Quest’ultima sarà costituita da servizi alla persona, il cui contenuto è attualmente però del tutto generico, e dovrà necessariamente essere di valore complessivo superiore all’indennità di accompagnamento, altrimenti nessuno degli attuali titolari di tale indennità sarà disposto a rinunciarvi per una prestazione di servizi di valore inferiore o pari alla stessa.
È superfluo anche ricordare che quel Disegno di Legge dovrà coordinarsi con i contenuti della Legge Delega in materia di disabilità 227/21, onde evitare confusioni e possibili conflitti applicativi.
Sempre in relazione alla proposta proveniente dalla Fondazione Zancan, sarà anche necessario precisare che il contenuto di tale “prestazione universale” dovrà essere concordato con l’interessato o con il suo amministratore di sostegno, nella logica del progetto di vita individuale di cui all’articolo 14 della Legge 328/00 e del principio, ormai universalmente affermato, del “Nulla su di Noi senza di Noi”.
Quando poi si parla di “vita indipendente”, si dovrà esplicitare la dicitura «di cui all’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09», perché solo la definizione contenuto in tale articolo è per noi l’unica accettabile.
Altro passaggio importante. Per maggiore chiarezza, si dovrà puntualizzare che i conferimenti sia pubblici che privati, questi in forma volontaria, effettuati dalle famiglie e dalle organizzazioni filantropiche, andranno a favore delle posizioni aperte a favore delle persone con disabilità aderenti, che potranno averne la disponibilità alla fine del piano di 40 anni, quando cioè gli aventi diritto avranno un’età di circa 59/60 anni, periodo della loro vita in cui probabilmente saranno senza assistenza genitoriale e avranno modo di poter fruire di una rendita che darà loro la possibilità di realizzare e programmare un possibile programma di vita indipendente e abitare dove e con chi vorranno, come indicato dal più volte citato articolo 19 della Convenzione ONU.
E sarebbe ancora opportuno far presente che le somme indicate nell’esempio proposto dalla Fondazione Zancan, se confrontate con i contributi che periodicamente vengono versati all’INPS da un dipendente, sarebbero simili a quelle che vengono corrisposte da un lavoratore con uno stipendio mensile leggermente più basso di uno stipendio di un lavoratore a basso reddito. In pratica è come se gli aderenti al Fondo avessero un posto di lavoro che per quanto modesto potrà generare una pensione INPS, anche se in realtà non lavorano. A parer mio questo è certamente da segnalare, in quanto l’ingresso per le persone con disabilità nel mondo del lavoro è tutt’altro che facile, anche in considerazione delle difficoltà proprie dello stesso mondo del lavoro, che non credo possano migliorare di molto in futuro.
Mi permetto infine di ritenere che il progetto contenuto nel documento trovi un precedente legislativo nella logica della Proposta di Legge Regionale sulla vita indipendente, che la Federazione lombarda LEDHA, parte integrante della FISH, ha fatto recentemente approvare dalla Terza Commissione della Regione Lombardia [se ne legga ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.] e la cui approvazione finale è stata calendarizzata proprio per la seduta di domani, 29 novembre.
Con le integrazioni testé prospettate e con quante se ne vorranno apportare anche durante il prossimo dibattito congressuale della FISH, penso che si potrebbe predisporre per il Governo, unitamente alle altre proposte, uno Schema di Disegno di Legge che potrebbe dare un’ulteriore risposta alle angosciose preoccupazioni delle nostre famiglie.
Il dibattito è aperto e sono certo che molti, dentro e fuori la FISH, vorranno proseguirlo e arricchirlo di miglioramenti.