Il 63,3% delle persone con disabilità deve uscire dalla propria Regione anche per effettuare delle semplici visite di routine, mentre il 79,6% deve rivolgersi a più di una struttura sanitaria prima di ricevere un’assistenza adeguata: sono allarmanti e sconfortanti insieme i dati sull’accesso alle cure delle persone con disabilità in Italia contenuti in uno studio condotto dall’Istituto Serafico di Assisi, centro di eccellenza per la riabilitazione, la ricerca e l’innovazione medico-scientifica per bambini e giovani adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali gravi e gravissime.
Lo studio – divulgato in occasione della recente Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità – era rivolto alle persone con disabilità, alle loro famiglie e a numerose Associazioni del settore, e ha messo in luce le numerose criticità del Servizio Sanitario Nazionale riscontrate dalle unità del campione.
Nello specifico il 49,8% degli/delle intervistati/e ha dichiarato di avere riscontrato l’assenza di percorsi specifici per persone con disabilità nelle strutture sanitarie, mentre il 36,7% ha affermato di averle trovate raramente. Il 37,6%, inoltre, ha segnalato la presenza di barriere architettoniche. A ciò vanno aggiunte le lunghe ore d’attesa, le frequenti difficoltà nella comunicazione dei bisogni specifici al personale, e quelle nella gestione dei comportamenti problematici delle persone con disabilità psichiche. Un complesso di difficoltà che fanno sì che, appunto, il 63,3% del campione, come detto inizialmente, si ritrovi a dover uscire dalla propria Regione per effettuare le cure necessarie o anche solo per delle semplici visite di routine.
«Sono numeri – ha commentato Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, sulle pagine di “Sanità 24” de “Il Sole 24 Ore” – che restituiscono una situazione complessa, aggravata anche dalle difficoltà innescate dalla pandemia di coronavirus degli ultimi anni».
«Nella maggior parte delle strutture sanitarie italiane – ha aggiunto – mancano protocolli specifici per le persone con disabilità e c’è una forte carenza di personale adeguatamente formato. La nostra struttura, ad esempio, essendosi sempre ispirata dalla volontà di coniugare il “curare” con il “prendersi cura”, lavora quotidianamente per rendere i servizi ambulatoriali per persone con disabilità sempre più adatti al loro stato di salute. Ma il Servizio Sanitario Nazionale italiano è cucito su misura per il malato, non per il malato con disabilità. Ed è per questo che il tema dell’accessibilità alle cure per ogni individuo deve diventare una priorità su cui si fonda la democrazia sostanziale, la civiltà e il benessere di un Paese».
Questa pertanto la soluzione proposta da Di Maolo: «Occorre una vera e propria svolta culturale che ci traghetti verso il pieno riconoscimento della dignità e dei diritti delle persone con disabilità e che sia in grado di abbattere le disuguaglianze in tutti i settori della sanità. Ma al contempo è necessario anche mettere mano al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e destinare una parte di quei fondi all’accessibilità degli ospedali, così come è stato fatto per le strutture alberghiere e ricettive, e rendere finalmente effettiva e concreta la piena accessibilità alle cure».
Misure urgenti, dunque, e finalizzate ad adeguare l’offerta sanitaria ai bisogni, spesso delicati, delle persone con disabilità. (Simona Lancioni)
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.