«Alla luce di quanto sperimentato a partire dalla pandemia, che ha evidenziato i molteplici gap del settore sanitario del nostro Paese, e all’attuale conflitto in Ucraina, con i relativi aumenti dei costi energetici e la carenza delle materie prime, quali saranno le ricadute che tali stravolgimenti potranno avere sui sistemi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali per la presa in carico delle persone con disabilità?»: come avevamo raccontato sulle nostre pagine, era stato per tentare di rispondere a questo delicato e complesso quesito, «in presenza di una situazione che rischia di portare ad una ancora più forte contrazione dei diritti delle persone più fragili e dell’accesso ai sostegni necessari», che l’ANFFAS (già Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, oggi Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), aveva presentato, durante la propria recente Assemblea Nazionale, una specifica indagine, curata dalla propria componente lombarda, insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore, «una Ricerca/Azione a partire dal contesto attuale, con la necessità non più procrastinabile di modificare un sistema di servizi che prevede un’offerta statica di prassi e prestazioni desuete e cristallizzate. assolutamente non utili al miglioramento della Qualità di Vita delle persone con disabilità». Il tutto, quindi, con l’obiettivo «di creare un nuovo àmbito di intervento che realmente riesca a rispondere alle necessità delle persone con disabilità, andando a fissare uno standard di processo per riconvertire gli attuali servizi semiresidenziali e residenziali in chiave inclusiva e superare così nei diversi contesti, familiari, residenziali ecc. situazioni segreganti o istituzionalizzanti, anche attraverso iniziative che siano in grado di promuovere la progressiva deistituzionalizzazione verso soluzioni dell’abitare possibile per le persone con disabilità ad alta complessità».
Ebbene, sono ora disponibili i primi risultati di quella della Ricerca/Azione, denominata Riconversione in chiave inclusiva dei servizi semiresidenziali e dell’abitare, «nata – come viene ribadito oggi dall’ANFFAS – dalla necessità di definire uno standard di processo per avviare la progressiva riconversione degli attuali servizi semiresidenziali e residenziali in chiave inclusiva».
L’iniziativa, inoltre, si poneva anche, quale primario obiettivo, quello di indagare, definire e identificare quali potessero essere i contesti e le situazioni segreganti o istituzionalizzanti in vista del loro superamento anche attraverso forme di deistituzionalizzazione pianificata in favore di soluzioni dell’abitare possibile per le persone con disabilità nel rispetto dell’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione ONU sui Diritti della Persone con Disabilità.
«Per fare tutto ciò – sottolinea Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS – è necessario attivare concretamente una transizione verso modelli inclusivi dei servizi residenziali e semiresidenziali per le persone con disabilità, con un sano pragmatismo in grado di coniugare valori e princìpi con modelli organizzativi e gestionali, per arrivare finalmente a superare nei diversi contesti, familiari, residenziali e così via, situazioni segreganti o istituzionalizzanti e promuovere invece innovative soluzioni dell’abitare per le persone con disabilità, anche ad alta complessità».
«Si tratta quindi di una ricerca – spiegano ancora dall’ANFFAS – perfettamente coerente anche con il modello fatto proprio dalla nostra Associazione, ovvero quello basato sui diritti umani e sulla migliore Qualità di Vita possibile per le persone con disabilità e i loro familiari. Modello dove la presenza di una rete integrata di servizi di elevata qualità diviene essenziale anche al fine di rispecchiare tutte quelle che sono ad oggi le attuali e mutate esigenze e istanze delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Infatti, oggi più che mai comincia a concretizzarsi il concetto che è la persona che dev’essere sempre posta al centro dell’intero sistema e che dev’essere posta in condizione di partecipare ai vari contesti in situazione di pari opportunità e non discriminazione rispetto agli altri cittadini e cittadine. La stessa deve sempre disporre di adeguati sostegni per qualità, quantità ed intensità che devono essere individuati nel proprio Progetto di vita personale e partecipato, unitamente ad adeguate e certe risorse contenute nel connesso budget di progetto».
«Un passo verso un futuro dove le persone con disabilità non saranno più adattate ai servizi, ma i servizi alle persone. Un sistema che vede superare l’attuale offerta, spesso caratterizzata da una forte staticità dei modelli precostituiti, nonché di prassi e prestazioni desuete e cristallizzate, per nulla centrate sulla persona, un cambio paradigmatico imprescindibile, ma non ineludibile», come afferma Emilio Rota, presidente dell’ANFFAS Lombardia, alla quale, come detto, è stato affidato il compito, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, di analizzare il panorama dei servizi e definire quegli indicatori che serviranno a fornire concrete piste di lavoro.
Nella pubblicazione disponibile a questo link, dunque, che rappresenta un primo passo delle attività della Ricerca/Azione, viene fornita la fotografia più reale possibile dello stato di fatto delle politiche, delle prassi e delle pratiche dei servizi, il tutto anche al fine di sperimentare, dal punto di vista empirico, la Qualità di Vita nei contesti di vita quotidiana.
Nel dettaglio, la ricerca, attraverso un totale di 52 interviste (77% persone con disabilità intellettiva; 13% persone con disabilità intellettiva e motoria; 10% persone con disabilità intellettiva, sensoriale e motoria), ha inteso individuare, come si legge nella pubblicazione, «le modalità e le prassi sperimentate, nell’àmbito dei servizi socio-sanitari e sociali rivolti alle persone con disabilità della rete di ANFFAS Lombardia, in relazione al Progetto di Vita, volte a superare la standardizzazione prestazionale e individuando nuovi approcci di co-progettazione dei sostegni, connettendo il sistema delle risposte ai bisogni, in una cornice articolata nel tempo, di aiuti, trattamenti, servizi formali e informali integrati e coordinati da tutti gli attori coinvolti».
«In particolare – viene sottolineato dall’ANFFAS -, l’analisi dei risultati ha consentito di fare emergere specificità, punti di forza e limiti delle pratiche di presa in carico e accompagnamento della persona con disabilità, attestando, ad esempio, la possibilità di migliorare il coinvolgimento della stessa persona con disabilità nonché dei familiari/caregiver nella co-costruzione dei percorsi di accompagnamento, degli obiettivi e del significato delle sfide. Infatti, solo in tre casi (due in Residenze Sanitarie Disabili e uno in un Centro Socio Educativo) sui cinquantadue totali, era presente un coinvolgimento dei caregiver sia informali che formali».
«Si tratta di primi elementi – commenta Speziale – che rappresentano la più concreta conferma della bontà e della lungimiranza avuta da Anffas tutta nel volere fornire concrete piste di lavoro attraverso cui avviare una transizione in chiave inclusiva dei servizi semiresidenziali e di soluzioni per l’abitare».
A questo punto, dopo la prima fase, l’indagine proseguirà fino al 2024 con il pieno coinvolgimento delle persone con disabilità – in particolare con disabilità intellettive e con disabilità intellettive, motorie e sensoriali -, dei caregiver e degli operatori, ciò che consentirà di capire e valutare gli obiettivi, le preferenze, il benessere e la vita quotidiana delle stesse persone con disabilità e, al contempo, di promuovere e stimolare un cambiamento nel sistema dei servizi alla persona, mettendo finalmente al centro la persona stessa. (S.B.)
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