Sei composizioni di Schubert, Brahms, Chopin, Debussy, Satie e Rachmaninov sono la colonna sonora di una passeggiata tra romanticismo e impressionismo in cui ci conduce Promenade, il primo CD per pianoforte del musicista Filippo Visentin, uscito il 16 settembre dello scorso anno. Un ascolto che ci avvolge in una delicata atmosfera, una dimensione emozionale per comprendere la ricchezza di sentimenti che le sette note trasmettono quando vengono suonate con l’anima.
Promenade è la concretizzazione di un sogno accarezzato, voluto e infine realizzato, nel quale ha creduto Sergio Cossu, storico tastierista dei Matia Bazar, che non solo ha prodotto il CD, ma per alcune settimane ha trasformato la casa di Filippo in uno studio di registrazione ed è stato il fonico che ha supervisionato con professionalità ogni fase del lavoro.
Filippo ha dedicato la sua opera prima a Laura Boerci, «amica e motivatrice instancabile», come scrive egli stesso sul retro di copertina, scomparsa nel 2021, una donna molto conosciuta in àmbito sociale e non solo per le sue molteplici attività [se ne legga una nostra intervista del 2011 a questo link, N.d.R.].
Anche la biografia di Filippo Visentin è alquanto variegata per lavori e interessi. Nato nel 1970 a Padova, dove tuttora risiede, non vedente dalla nascita, ci racconta di essersi avvicinato alla musica fin dai primi anni, all’asilo. Ha conseguito il diploma in pianoforte jazz presso il Conservatorio Pollini della sua città, lì si è appassionato a questo genere musicale, approfondito successivamente al Conservatorio Pedrollo di Vicenza.
Non solo musica, però, nella sua vita. Oltre alla laurea in Lettere Moderne, si occupa di comunicazione e accessibilità nella Pubblica Amministrazione, nel 2014 ha composto le musiche per un documentario, e insieme all’amica Laura Boerci ha scritto il romanzo I colori del buio. Collabora con autori, attori teatrali e musicisti, e tiene recital pianistici. Proprio durante uno di questi è scattata l’idea del CD, con la pandemia e il blocco forzato che hanno regalato inaspettatamente il tempo necessario per maturare il progetto e gettarne le basi.
Promenade è un ritorno alla musica classica che lo ha formato, una passione mai sopita che in questa intervista diventa occasione per parlare di vita, della necessità di superare le difficoltà anche aggrappandosi ai propri interessi, che nel caso di Filippo sono la musica e il pianoforte.
Cominciamo dalla fine, ovvero da questo tuo primo CD, intitolato Promenade, un disco di musica classica dove suoni al pianoforte brani di Schubert, Brahms, Chopin, Debussy, Satie e Rachmaninov. Le ragioni per cui hai scelto questi compositori?
«Pur essendo la mia formazione musicale prevalentemente jazzistica, ho sempre ascoltato tantissimo, amandolo profondamente, il repertorio classico. Questi brani li avevo già per buona parte letti in passato. Recentemente, tuttavia, mi è venuta voglia di riprenderli, affrontandoli con una diversa consapevolezza».
Quando mi hai comunicato la realizzazione di questo lavoro, me ne hai parlato come di una «bellissima pazzia». Ebbene, da dove è partita l’idea di intraprendere questa matta e stupenda avventura?
«Dal desiderio, ma più ancora dalla necessità, di ricominciare a vivere dopo i tanti mesi di inattività, dovuti alla riabilitazione motoria a seguito di un grave incidente d’auto nel 2015 a causa del quale, ormai da anni, convivo con il dolore neuropatico cronico. Sentivo dentro un bisogno fortissimo di fare musica, di rinascere. Questo disco è stato per me il più bel ritorno alla vita. Ho parlato di “bellissima pazzia”, perché a volte è necessario aggrapparci ai nostri sogni con tutte le forze che abbiamo, e crederci, crederci, crederci!».
La musica, il tuo primo grande amore, ti accompagna da sempre. Com’è nata questa passione e quali sono i tuoi riferimenti nel mondo musicale?
«Ho fatto correre le mani su una tastiera per la prima volta all’età di cinque anni, all’asilo. In prima elementare, poi, ho cominciato lo studio, con un insegnante non vedente, del pianoforte e della segnografia Braille, essenziale quest’ultima, se si vuole affrontare un certo tipo di repertorio. Ho avuto fin da subito un approccio alla musica classica, così come per altro stabilito dai programmi per poter accedere al conservatorio, anche se ero molto affascinato dal rock e da tante canzoni pop, che ascoltavo alla radio e che provavo poi a suonare».
Quali difficoltà hai incontrato? Parlo di difficoltà tecniche, ma anche di eventuali pregiudizi…
«Credo per un non vedente il metodo migliore per studiare la musica passi sempre dalla conoscenza del Braille. La vera difficoltà, purtroppo, è quella di dover imparare a memoria la partitura, non potendo leggere e suonare contemporaneamente. La tecnologia, poi, in altri generi musicali può aiutare tantissimo: penso ad esempio alle tante applicazioni per la creazione di contenuti musicali, a quelle per cambiare la velocità di riproduzione dei brani, per non parlare dei tanti video tutorial presenti sul web; tutte cose che al tempo in cui ho iniziato io a fare musica, vale a dire verso la fine degli Anni Settanta, erano realmente fantascienza!
Quanto ai pregiudizi, beh, posso dirti di non averne incontrati affatto e, se un pregiudizio c’è, è quello che, a torto o a ragione, vede sempre nei ciechi dei potenziali grandi musicisti!».
Negli anni non hai soltanto suonato le musiche di altri, nel 2014 ti sei anche cimentato come compositore, scrivendo la colonna sonora del documentario Otto Weidt – Uno tra i Giusti, un DVD che racconta la storia di questo imprenditore non vedente berlinese che salvò da morte certa molti ebrei. Mettersi al pianoforte con uno spartito bianco e inanellare una nota dietro l’altra, trasmettendo emozioni… Un’altra curiosità: come fai a trasformare l’emozione di una storia in musica?
«Poter partecipare al progetto di Silvia Cutrera su Otto Weidt è stato per me un grandissimo privilegio, oltre che un onore [se ne legga anche su queste stesse pagine, N.d.R.]. Ho potuto unire le mie due più grandi passioni, ovvero la musica e la storia. Quanto alle musiche, più che pormi dinanzi a un foglio bianco, alla maniera di un compositore vero, mi sono limitato a scrivere per poi suonarle, melodie nate dal contatto diretto con i luoghi in cui si svolge la vicenda di Weidt».
Hai ripreso anche i concerti e i duetti. Cos’hai in cantiere per il futuro?
«Il progetto che vorrei realizzare è quello di un disco con la violinista Agnese Marzolo, con la quale mi esibisco ormai da diversi mesi».
La musica unisce, include, conforta e guarisce. Si può riassumere con queste parole l’incontro con Filippo Visentin. I tasti del pianoforte sono bianchi e neri, eppure da essi sgorgano sfumature e colori infiniti, è sufficiente che il musicista vi posi sopra le mani, per riprodurre con il suono le emozioni dell’animo umano.
La musica unisce perché è un linguaggio universale che tutti possono comprendere, anche coloro che non sono addetti ai lavori; include perché aggrega persone diversissime tra loro per età, formazione, interessi, nazionalità; conforta e guarisce perché, e la storia di Filippo lo dimostra, diventa un’àncora di salvezza che fa tornare il desiderio di essere parte attiva del mondo.