La normativa italiana sull’accessibilità digitale, fissata dalla Legge 4/04, nota anche come “Legge Stanca”, prevede che i siti web e le app mobili di Enti Pubblici siano accessibili, secondo le regole tecniche WCAG 2.1 (Web Content Accessibility Guidelines), emanate dal W3C, l’organo che regola gli standard internazionali del web.
Un recente aggiornamento della normativa, riferito al Decreto Legge 76/20 (convertito nella Legge 120/20), ha inserito tra gli aventi obbligo di accessibilità anche le aziende private con fatturato annuo medio superiore a 500 milioni di euro. Con tale ampliamento, sono molte le aziende vincolate per legge, a cominciare dalle banche, solo per citare un esempio pratico che impatta sugli utenti interessati a esercitare il diritto di gestire un conto corrente in autonomia.
Bisogna a questo punto rifarsi al Decreto Legislativo 106/18, che ha attuato la Direttiva Europea (UE) 2016/2102, ha previsto, tra le altre novità, la pubblicazione degli obiettivi annuali di accessibilità, con cui ogni Ente analizzi e selezioni le caratteristiche di accessibilità soddisfatte, compilando un’opportuna scheda che viene analizzata dall’AgID, l’Agenzia per l’Italia Digitale.
Da parte dell’AgID viene svolto a campione il monitoraggio triennale dell’accessibilità digitale, ma concretamente i veri tester sono gli utenti con disabilità, che vivono sulla propria pelle e sulle difficoltà quotidiane i problemi dell’utilizzo delle tecnologie. Gli utenti con disabilità, a loro volta, ricorrono spesso alle Associazioni di categoria, che offrono un servizio gratuito ai propri soci, organizzando attività di testing e segnalazione di inaccessibilità.
Proprio in tema di segnalazioni, illustriamo una novità che sembra poco nota: l’introduzione del meccanismo di feedback, obbligatorio nel sito web o nell’app mobile.
Si tratta di un indirizzo specifico di posta elettronica, a cui l’utente può inoltrare segnalazioni di problemi di accessibilità che vengono recapitate al Responsabile per la Transizione Digitale, figura obbligatoria per legge, che deve prenderle in carico entro trenta giorni. Una volta scaduto tale termine, il cittadino ha la possibilità di ricorrere al Difensore Civico per il Digitale, compilando un apposito form nel sito dell’AgID; a questo punto l’Agenzia prenderà in carico la richiesta, valutandola e segnalando direttamente al Responsabile per la Transizione Digitale il problema che andrà risolto entro novanta giorni.
Il doppio passaggio costituisce senz’altro un alleggerimento del lavoro precedentemente a totale carico dell’AgID, ma spesso il primo step della procedura viene ignorato dagli Enti inadempienti e il secondo risulta lungo e talvolta inefficace, principalmente a causa della mancanza di sanzioni per gli stessi Enti inadempienti: purtroppo, infatti, non sono previste sanzioni dalla stessa Direttiva Europea e quindi esse non sono state introdotte nemmeno dalla maggior parte degli Stati Membri dell’Unione, tra cui l’Italia. L’unica eventuale penalità che ci risulti a oggi è la perdita di incentivi economici previsti a fronte di particolari obiettivi, se non raggiunti da alcune categorie dirigenziali, qualora, però, l’accessibilità rientri tra tali obiettivi.
Un suggerimento? L’introduzione di un terzo passaggio, con l’intervento di un Ente preposto alle sanzioni, qualora si arrivi al secondo step senza alcun esito risolutivo del problema.
Consigliera della FEDMAN (Federazione Disability Management), segretaria generale dell’ADV (Associazione Disabili Visivi).
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