La malattia di Anderson-Fabry, spesso nota semplicemente come malattia di Fabry, è una patologia genetica rara, causata da deficit di alfa-galattosidasi A e caratterizzata da un accumulo di particolari lipidi in varie cellule dell’organismo. Essa colpisce soprattutto i reni, il sistema nervoso e l’apparato cardiocircolatorio e l’aspettativa di vita è fino a trent’anni in meno rispetto al resto della popolazione. Il disturbo ereditario del metabolismo si manifesta fin dall’età pediatrica con angiocheratomi, neuropatia dolorosa, acroparestesie, opacità corneale, problemi all’udito ed episodi febbrili ricorrenti, fino a determinare, in età adulta, complicanze cerebrovascolari, insufficienza renale e cardiaca. Un quadro clinico, dunque, piuttosto complesso, specie nei casi in cui la manifestazione della malattia sia particolarmente grave, ma nonostante questo, l’accesso a diverse agevolazioni per un paziente che ne è colpito risulta tuttora molto complicato, se è vero che superano i 4.000 euro i costi che ogni anno, in Italia, rimangono a carico di tali pazienti, costi in minima parte diretti, legati cioè alla diagnostica complessa della patologia, e per la maggior parte, invece, indiretti, ossia derivanti per lo più dalla mancanza di tutele, quali il riconoscimento dell’invalidità civile o delle agevolazioni previste dalla Legge 104/92.
Questo è stato reso noto qualche mese fa a Firenze, nel corso del Meeting Nazionale Pazienti e Famiglie Fabry, promosso dall’AIAF (Associazione Italiana Anderson-Fabry) e di cui si legga anche la nostra presentazione, documento redatto dalla stessa AIAF e dalla Società di consulenza Sinodè, a partire da un’indagine del 2018 condotta dal CREA dell’Università di Roma Tor Vergata (Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità), basandosi su un questionario che ha raccolto i dati di 106 pazienti Fabry, tutti con diagnosi già confermata.
Più complesso è risultato segnatamente il calcolo dei costi indiretti a carico dei malati, poiché su di essi incidono soprattutto quelli causati dai giorni dedicati alla cura della malattia o dai giorni nei quali il paziente ha bisogno di supporto esterno da parte di familiari e/di o altro personale dedicato per lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Il computo totale dei costi indiretti, dunque, stimato in 4.111 euro all’anno, comprende non solo il costo medio per paziente dei giorni di lavoro/studio persi per gestire la malattia, ma anche quello dei giorni di lavoro/studio persi dai familiari/amici per supportare il malato nella gestione della patologia e quello dei giorni durante i quali i pazienti hanno avuto o avrebbero bisogno di supporto per attività domestiche.
«È necessario tenere presente – sottolineano dall’AIAF – che ai sensi della Legge 104/92, ai cittadini cui viene riconosciuto un handicap grave sono concessi tre giorni di permesso al mese, utilizzabili anche in maniera frazionata, per assentarsi dal lavoro e sottoporsi a visite mediche e/o terapie; la stessa agevolazione è riconosciuta ai caregiver di portatori di handicap grave. I dati emersi da questa indagine rivelano però che solo a un intervistato su 3 è stato riconosciuto l’handicap ai sensi della Legge 104 ed è soprattutto per questo che i costi indiretti a carico del paziente risultano così alti, poiché ogni giornata di malattia o dedicata ad accertamenti medici e terapie salvavita incide su permessi e ferie del lavoratore o del suo caregiver, e indirettamente anche sul datore di lavoro e sullo Stato».
«Tale costo – proseguono dall’Associazione – va a gravare su un totale stimato di 700/1.500 pazienti che in Italia convivono con questa patologia. Si stima, infatti, che nel nostro Paese ogni anno i nuovi casi di malattia di Fabry siano fra i 60 e i 125. L’analisi fatta, inoltre, ha permesso anche di contabilizzare i costi diretti sostenuti dal Servizio Sanitario Nazionale, fra cui quello dell’attività sanitaria ambulatoriale e ospedaliera, quello dei farmaci e della somministrazione e degli assegni di assistenza, per un totale di 137.694,00 euro».
«Siamo molto soddisfatti – commenta Stefania Tobaldini, presidente dell’AIAF – di avere potuto collaborare alla realizzazione di questa importantissima indagine, che ha permesso di mettere in luce per la prima volta i costi legati alla malattia di Fabry. Infatti, se da un lato la quota sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale può sembrare elevata, con ben il 96,7% del totale, dall’altra è necessario tenere presente che la patologia ha comunque di per sé un impatto molto significativo sull’economia e la vita delle famiglie».
Un’ulteriore, preziosa testimonianza in più, quindi, di quanto sottolineiamo costantemente sulle nostre pagine, ovvero che le disabilità e i rischi di cadere in situazione di povertà si alimentano a vicenda in una sorta di circolo vizioso ove causa ed effetto tendono a confondersi. (S.B.)
Per ogni ulteriore informazione e approfondimento: info@aiaf-onlus.org; alessandra@puntoventi.it (Alessandra Babetto).
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