Bene sbloccare quei fondi per l’autismo, ma la ricerca è stata sacrificata

La ministra per le Disabilità Locatelli ha finalmente firmato il Decreto di riparto alle Regioni che sblocca 77 milioni di euro relativi al Fondo per l’Autismo 2020-2021, tuttora inutilizzati, una decisione che l’ANGSA saluta con soddisfazione, esprimendo tuttavia al tempo stesso rammarico, «perché – come sottolinea il presidente dell’Associazione Marino - avere scelto la via del riparto alle Regioni depotenzia, oggettivamente, l’impatto dei fondi, ma soprattutto parcellizza e disperde le risorse destinate alla ricerca»

Particolare di uomo che meditaCome sottolineato ormai da tempo dall’ANGSA Nazionale (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), vi erano 77 milioni di euro relativi al Fondo per l’Autismo 2020-2021 e destinati quindi alle persone con disturbo dello spettro autistico, che giacevano letteralmente “ibernati” ormai da tempo, ovvero tuttora inutilizzati.
Ebbene, proprio oggi la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli ha finalmente firmato il Decreto di riparto alle Regioni che sblocca quelle risorse, una decisione che l’ANGSA saluta con soddisfazione, «perché – come si legge in una nota dell’Associazione – dà seguito alla richiesta formulata alla Ministra nel corso di un nostro recente incontro [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.]».
Al tempo stesso, però, l’ANGSA esprime anche rammarico, perché, si dichiara, «avere scelto la via del riparto alle Regioni depotenzia, oggettivamente, l’impatto dei fondi, ma soprattutto parcellizza e disperde le risorse destinate alla ricerca».

«Punto qualificante della legge e dello stanziamento – spiega infatti Giovanni Marino, presidente nazionale dell’ANGSA – è quello di vincolare il 15% della somma complessiva a studi clinici sull’autismo, ma con la ripartizione alle Regioni è forte il rischio dello spreco, se è vero che si procederà secondo ventidue diversi modelli, con un’oggettiva possibilità di dispersione delle risorse in progetti di scarsa efficacia. Visto dunque che ogni Regione dovrà destinare il 15% della propria quota parte alla ricerca, ciò significa che con tali limitate risorse si potranno produrre solo “ventidue mini ricerche parziali”, sostanzialmente inutili, perdendo un’occasione storica».
«Almeno questa parte delle risorse – aggiunge Marino – doveva restare in capo al Ministero della Salute, magari all’Istituto Superiore di Sanità, così da utilizzare risorse adeguate per studi clinici di grande livello e anche, come abbiamo proposto più volte, con Centri Studi Internazionali che in questo senso stanno lavorando da anni».
«A questo punto – conclude – occorrerà che il Ministero rafforzi il proprio ruolo di vigilanza sull’uso delle risorse da parte di tutte le Regioni e sulla qualità degli studi che verranno proposti». (S.B.) 

Per ulteriori informazioni: luca.benigni@gmail.com.

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