Domani, 27 gennaio, data in cui si celebrerà il Giorno della Memoria, ricorrenza istituita nel 2005 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare le vittime dell’Olocausto, si svolgerà a Milano l’incontro denominato Non dimenticare. Per un futuro migliore, evento organizzato dal CCDU del capoluogo lombardo (Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani), per richiamare l’attenzione sulle responsabilità della psichiatria nelle teorizzazioni che portarono alle pratiche di sterminio poste in essere durante il Nazismo.
L’evento, ospitato presso l’Auditorium della Chiesa di Scientology di Milano (Viale Fulvio Testi, 327, ore 17), sarà coordinato da Alberto Brughettini, vicepresidente del CCDU, e avrà come relatori e relatrici Amal Ahmed, presidente dell’Associazione EVA (Associazione Donne Egiziane), Silvia Cutrera, attivista per i diritti umani delle persone con disabilità, vicepresidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e Giorgio Pompa, presidente dell’Associazione Dalle Ande agli Appennini.
«Quando si parla di “Giorno della Memoria”, Olocausto o più correttamente Shoah, la prima cosa che viene in mente è lo sterminio degli ebrei operato dai nazisti. Meno noto è il fatto che tale sterminio rientra in una teoria psichiatrica nata molto prima della tragedia che ha coinvolto milioni di persone», scrivono dal CCCD in una nota informativa denominata Le teorie psichiatriche alla base della Shoah (fruibile a questo link). Infatti, già nel 1863, viene spiegato nella nota, combinando la teoria evoluzionista di Charles Darwin con i metodi di ricerca incentrati sul cervello attuati dallo psicologo tedesco Wilhelm Wundt, lo psicologo inglese Francis Galton, cugino di Darwin, creò una pseudoscienza che ebbe un profondo e duraturo effetto sul futuro modo di pensare psichiatrico: l’eugenetica, dal greco εὐγενής (eughenès), che significa “di buona razza”, definendo certi gruppi di etnia diversa quali “razze inferiori”.
La teoria di Galton fu presto abbracciata da alcuni psichiatri, tra i quali Emil Kraepelin, noto per i suoi tentativi di classificare i “disturbi” mentali. «Kraepelin era uno psichiatra biologico, eugenista inveterato e mentore dei futuri psichiatri nazisti», si legge ancora nella nota del CCDU, che prosegue illustrando come simili teorie si svilupparono in un crescendo, tanto da indurre lo stesso Hitler, nella sua opera più nota, Mein Kampf (in italiano La mia battaglia), pubblicata nel 1925, a guardare alla teoria psichiatrica dell’eugenetica come alla scienza che avrebbe ricostruito la sua nazione.
Teorie che iniziarono a tradursi in pratica a partire dal 1933, quando, in virtù di una legge sulla Prevenzione della Progenie Geneticamente Malata, venne decretata la sterilizzazione obbligatoria di chiunque fosse afflitto/a da una serie di presunti disturbi genetici, una pratica che interessò circa 400.000 cittadini/e con disabilità tedeschi. Pratica che raggiunse il culmine con l’Aktion T4 (Operazione T4) che col contributo determinante di rinomati psichiatri, portò alla soppressione di oltre 70.200 persone con disabilità le cui vite erano considerate “indegne di essere vissute”. E se l’Aktion T4 terminò ufficialmente nel 1941, quando la crescente indignazione pubblica costrinse il governo nazista a decretarne la fine, la follia omicida degli psichiatri proseguì incurante: dapprima con l’uccisione “celata” di altri 230.000 pazienti psichiatrici, e in seguito con lo sterminio metodico attuato nei campi di concentramento.
Ma se la nota informativa ricca di dati, nomi e citazioni predisposta dal CCDU mette i brividi, fa letteralmente sobbalzare anche il recente rapporto di ricerca dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, intitolato Sterilizzazione forzata delle persone con disabilità nell’Unione Europea (disponibile in italiano a questo link), da cui risulta, come abbiamo già ampiamente riferito qualche tempo fa su queste stesse pagine, che ancora oggi in quattordici Paesi dell’Unione Europea (Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) la sterilizzazione forzata delle persone con disabilità è ammessa per legge. Tre di questi, inoltre (Portogallo, Repubblica Ceca e Ungheria), consentono esplicitamente anche la sterilizzazione forzata dei minori, mentre in altri Stati pur non compresi nell’elenco (Belgio e Francia), insieme all’Ungheria, è prassi inserirla come requisito per l’ammissione alle strutture residenziali, che spesso, purtroppo, sono ancora l’unica scelta concessa alle persone con disabilità.
Per quanto riguarda l’Italia, pur non figurando in quello che è stato denominato come “l’elenco della vergogna”, essa non può certo affermare di “essere innocente”, dal momento che, nonostante gli espliciti richiami degli organi di controllo, non raccoglie i dati sui trattamenti sanitari – compresa la sterilizzazione forzata – attuati senza il consenso della persona con disabilità interessata e dietro autorizzazione di terzi: giudici, tutori, curatori e amministratori di sostegno (si veda a tal proposito l’approfondimento disponibile a questo link).
Non è superfluo sottolineare che il bersaglio di queste terribili violenze sono ancora una volta in larga prevalenza donne con disabilità intellettive e psichiatriche sottoposte a “regimi di tutela”, figure nelle quali si concettizza il fatidico incrocio tra di disabilità e genere da cui hanno origine le discriminazioni multiple e intersezionali.
Ben vengano dunque gli incontri come quello promosso per il 27 gennaio a Milano dal CCDU: per ricordare l’Olocausto, ma anche per comprendere che “quel passato” non è “ancora passato”. (Simona Lancioni)
Segnaliamo che a fianco del testo di Stefania Delendati, Quel primo Olocausto (a questo link), è presente l’intero elenco dei numerosi contributi da noi pubblicati sul tema dello sterminio delle persone con disabilità durante il regime nazista e la seconda guerra mondiale.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.