«Agghiacciante: non c’è altro termine per definire quanto accaduto a Foggia»: così Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS, unitamente ad Angelo Riccardi, presidente dell’ANFFAS Puglia e Basilicata, commenta quanto riferito dalle cronache, delle violenze, dei maltrattamenti e degli abusi avvenuti nella struttura Don Uva di Foggia a danno delle persone con disabilità ricoverate nel Reparto di Psichiatria della struttura stessa. Una situazione che ha portato all’arresto di quindici tra operatori sanitari (infermieri e OSS), educatori professionali e ausiliari e all’emissione di altrettante misure cautelari.
«La prima questione che solleviamo – si legge nella nota diffusa dall’ANFFAS Nazionalòe – è relativa alla richiesta, alle autorità competenti, di procedere ad una verifica anche rispetto all’adeguatezza della struttura in questione al progetto di vita delle persone interessate e da chi sia stato ritenuto appropriato un ricovero in tale struttura psichiatrica, specie se in presenza di persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo, nonché se i tutori, curatori o amministratori di sostegno, di tali persone, si siano curato di ciò».
«Questo – sottolinea Roberto Speziale – è l’ennesimo episodio che ciclicamente ripresenta le criticità da noi denunciate innumerevoli volte in passato, ma, con tutta evidenza tutt’altro che risolte. Questa volta, però, come riportato dalle cronache, ci troviamo di fronte anche all’aggravante di maltrattamenti posti principalmente a danno di donne con disabilità, da sempre vittime di discriminazioni multiple e di ancora più odiosi abusi».
Oltre dunque ad esprimere piena solidarietà e vicinanza alle persone oggetto di tanta violenza e nella speranza di vedere severamente puniti gli autori, ringraziando inoltre le Forze dell’Ordine e la Magistratura per il pregevole lavoro svolto in questo caso, le componenti dell’ANFFAS ribadiscono ancora una volta che «tutto ciò accade anche a causa delle gravi carenze che riguardano questo particolare ambito. Sempre più spesso, infatti, assistiamo all’affermarsi di modelli tendenti a deumanizzare i servizi per le persone con disabilità, perseguendo il massimo risparmio o il massimo ricavo, piuttosto che avere quale prioritario obiettivo quello di garantire, alle persone stesse, la migliore qualità di vita possibile, rispettando i loro diritti e la loro dignità».
Un’ulteriore criticità evidenziata dall’ANFFAS è quello riguardante «la frequente inadeguatezza del personale nonché la mancanza di idonei sistemi volti a rilevare e verificare che gli operatori siano in condizioni di equilibrio psico-fisico idonee, anche in relazione alla particolare condizione delle persone di cui si devono prendere cura e carico. In parallelo occorre rimuovere ogni impedimento volto a limitare la possibilità, da parte di familiari, amministratori di sostegno o tutori di accedere a questo tipo di strutture, che devono diventare autentiche “case di vetro” e avere così una maggiore possibilità di poter verificare che le persone non siano oggetto di trattamenti segreganti o degradanti o sottoposti a violenze, abusi, torture, maltrattamento o molestie di varia natura. Così come vanno rimossi tutti gli impedimenti, anche normativi, relativamente alla possibilità di installazione di sistemi di videosorveglianza, attiva ventiquattr’ore su ventiquattro, per consentire un controllo, anche da remoto, in tutti gli spazi delle strutture, in ogni momento della giornata».
«Ma senza dubbio – conclude Speziale – la priorità, e non ci stancheremo mai di ripeterlo, è il pieno e totale superamento di questo tipo di strutture, attraverso una progressiva transizione verso soluzioni per l’abitare inclusive e atte a scongiurare il ripetersi di queste odiose situazioni. Soluzioni che vedano il pieno e attivo coinvolgimento delle famiglie, delle loro associazioni maggiormente rappresentative e degli Enti di Terzo Settore». (S.B.)
Per ulteriori informazioni: comunicazione@anffas.net.
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