Sono una persona non vedente e vorrei raccontare la mia partecipazione del 22 gennaio all’ottava edizione della Corri a Ceglie, gara competitiva di 10 chilometri su strada, organizzata a Ceglie Messapica (Brindisi) dall’Atletica Ceglie Messapica e dall’Amministrazione Comunale.
Mi sono allenato tanto e anche se non ero al massimo della forma, ho deciso di affrontare questa gara. Lo scorso anno avevo partecipato giusto per capire il circuito di gara e l’entusiasmo che gira intorno a questo evento sportivo. Quest’anno mi sono presentato con un atteggiamento completamente diverso. Grazie alla guida Luigi Martino, ho portato a termine la gara senza fermarmi. Ma non vorrei parlare di tempi e di cronometri, anche se ho un buon passo, bensì delle emozioni che ho provato.
La mia guida Luigi è un ingegnere, un ragazzo molto sensibile, meticoloso, attento a tutti i particolari. Quando ci alleniamo, cerca di entrare in sintonia con i miei passi, così che io non debba sentire altri suoni all’infuori dei miei. Corriamo all’unisono.
Il tempo non era dei migliori, con il meteo che prevedeva pioggia. C’è stato uno sparo. Siamo partiti. Una liberazione, una rinascita, l’annientamento di ogni pensiero. Nulla doveva entrare nella mia mente, a “fare zavorra”, tutto doveva restare fuori.
Luigi ha cominciato a descrivermi un paesaggio in cui le nuvole stavano avvolgendo Ceglie. La prima cosa che gli ho detto è stata: «Oggi voglio gestire bene la corsa. Voglio correre con una forza tale da poter festeggiare con tutte le persone che mi aspettano all’arrivo, insieme alla squadra grazie alla quale oggi corro, che è l’Atletica Carovigno e grazie al suo presidente Francesco Valente».
Non siamo partiti alla fine del gruppo dei partecipanti, eravamo in mezzo alla folla. Molta gente rimaneva stupita dal nostro atteggiamento. Grazie alla buona preparazione e alla grande guida ho portato a termine una gara non facile, senza fermarmi mai.
Nel percorso c’erano diverse salite, altrettante discese, curve a gomito. Ceglie è una bellissima cittadina, molto accogliente e caratteristica. Siamo entrati in viuzze anguste e percorrendole ho assaporato gli odori e i sapori di un’antichità mai persa.
Durante la corsa, Luigi mi dice: «S 90». È il suo modo convenzionale per dirmi di andare a sinistra girando a novanta gradi. Abbiamo studiato, infatti, un modo di esprimerci e di comunicare molto sintetico, senza tanti fronzoli, in modo tale che le indicazioni mi giungano in tempo utile per l’esecuzione.
Siamo legati da un laccio. Una corda elastica, lunga circa quaranta centimetri. Il mio bracciale è al mio polso destro, il suo al suo polso sinistro.
Corriamo. Anche le braccia si muovono all’unisono. Quella che sto correndo è una gara molto particolare. Sento il pubblico che mi saluta, qualcuno che mi chiama. Forse degli amici, forse persone che sono venute ad incitare i propri parenti. Forse qualcuno che sa della mia storia di non vedente.
Mi ricordo una lunga discesa e poi una salita che sembra non finire mai. Comunque non ero stanco, stavo gestendo bene la gara. Addirittura in un punto ho accelerato per vedere come rispondevano le gambe. Luigi mi ha fatto prontamente deviare perché di fronte a me c’era un muro.
Lungo il percorso abbiamo affiancato una ragazza che era affaticata. Le abbiamo proposto di finire la gara con noi. Lamentava dolore ad un ginocchio. Ha declinato l’invito e ci ha detto di procedere, senza preoccuparci di lei .Forse le nostre parole le sono state di incoraggiamento per concludere la competizione.
L’ora di pranzo si avvicinava e la preparazione dei cibi pure. Lo si percepiva dagli odori di soffritto, di polpette e di braciole. C’erano gli involtini di vitello preparati con un soffritto di sedano, carota e cipolla. Nella nostra zona c’è l’abitudine di mettere in tavola le polpette come aperitivo… E così, uscendo da una viuzza, l’odore di quelle polpette si è fatto più intenso.
A un chilometro dall’arrivo, è arrivata la pioggia. Abbiamo mantenuto il nostro passo con lo stesso ritmo. Restava una piccola salita e poi una lunga discesa che portava all’arrivo. Lo speaker comunica il mio nome, io ci tengo a dire quello di Luigi perché, se non fosse stato per lui, oggi non ce l’avrei fatta. Anzi, senza le guide, senza queste persone speciali, io non potrei correre. Sono persone che trovano sempre un po’ di tempo per me. C’è Giovanni che torna a casa, dopo una giornata di lavoro, e prima di andare a cena, pensa di farmi fare un allenamento. C’è Marisa che, nonostante tutte le difficoltà del caso, trova un po’ di tempo da dedicarmi. Anche Michele, apprezzato ristoratore di Carovigno, ritaglia un po’ del suo tempo per me e così Mario, Franco, Maris, Tonino, tutte persone che mi sono vicine e che fanno parte del mio vivere quotidiano, senza dimenticare Daniele, sempre disponibile per un allenamento.
E per la Corri a Ceglie il massimo riconoscimento va alla mia guida Luigi: è solo grazie alle persone come lui che sono ritornato a correre e a vivere e il 22 gennaio ad avere anche un riconoscimento dall’Amministrazione Comunale e dall’Atletica Ceglie Messapica, all’insegna della sensibilizzazione sullo sport inclusivo.