L’occupazione abusiva degli stalli dedicati alle persone con disabilità da parte di automobilisti non disabili è sempre stata oggetto di discussione e di attenzione pubblica. Parcheggiare nei posti riservati da parte di chi non ne ha diritto va oltre l’infrazione, è infatti un chiaro indice di egoismo e menefreghismo nei confronti delle difficoltà oggettive delle persone con disabilità.
Nel 2014 Franco Bomprezzi diede visibilità a Fotografa l’impostore, campagna Facebook finalizzata a raccogliere fotografie per denunciare i frequenti abusi dei parcheggi riservati [se ne legga anche su queste pagine, N.d.R.]. A nove anni da allora, le sue considerazioni sono ancora molto attuali. Gli stalli dedicati alle persone con disabilità sono i più comodi, gratuiti e si trovano in prossimità dei luoghi di maggior interesse pubblico, come, cinema, uffici, negozi, centri commerciali. Per questi vantaggi gli stessi parcheggi, molto spesso, vengono occupati da persone sprovviste di contrassegno.
In tali circostanze prevale l’individualismo, se non addirittura il “chi se ne frega”, trovando scuse, come le quattro frecce indicanti “era solo per un attimo” o “le persone con disabilità a quest’ora stanno a casa”…
Succede questo perché chi parcheggia negli stalli riservati non si rende conto che occupandoli non toglie un privilegio, ma un diritto alla mobilità delle persone con disabilità.
La Legge 156/21, che ha convertito il Decreto Legge 121/21, attuando una serie di modifiche sul Codice della Strada, ha introdotto una serie di ulteriori sanzioni per chi parcheggia senza contrassegno negli stalli dedicati, permettendo alle persone con disabilità anche di posteggiare gratuitamente tra le strisce blu nel caso in cui i posteggi riservati siano occupati.
Altra disposizione di tale Legge, che non riguarda gli automobilisti con disabilità, è stata l’introduzione dei cosiddetti “stalli rosa”: i singoli Comuni devono cioè destinare alcuni parcheggi alle donne incinte o ai genitori con un bambino di età non superiore a due anni. La fruizione di questi spazi di sosta è autorizzata dal Comune di residenza e sono previste forti ammende per coloro che li occuperanno in modo abusivo.
Ma perché mostrare attenzione anche all’introduzione degli stalli rosa, pur esulando dal tema della disabilità? Perché è giunto il momento di avere una nuova ottica della disabilità stessa. In questi anni, infatti, per quanto riguarda ad esempio l’abbattimento delle barriere architettoniche, si è fatto sempre più strada il pensiero che la loro rimozione sia necessaria non solo per i cittadini con disabilità, ma per l’intera popolazione, se è vero, per citare un solo caso, che il dislivello di un marciapiede non rappresenta un problema solo per le persone con disabilità, ma può esserlo anche per le donne in gravidanza, i bambini, gli anziani, o chiunque acquisisca una disabilità temporanea a causa di un incidente o di un trauma. Un’ottica, questa, derivante dal fatto che la persona, in quanto persona, viene messa al centro, al di là della sua disabilità o condizione e conseguentemente tutti hanno pari diritti.
Per questo riteniamo che gli stanziamenti di fondi ai Comuni destinati alla realizzazione degli “stalli rosa” siano un segnale positivo ed è importante che le Istituzioni e le Amministrazioni procedano nella giusta direzione.
Riadattamento di un contributo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», che viene qui ripreso per gentile concessione.
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