Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo le seguenti riflessioni di Lorenzo Cuffini dell’Associazione Gilo Care, a proposito del testo di Simona Lancioni da noi pubblicato con il titolo Riflessioni “a bocce ferme” su quei casi di omicidio-suicidio. A Lorenzo Cuffini risponde di seguito la stessa Simona Lancioni.
«Io credo che chi promuove la causa del riconoscimento giuridico del caregiver familiare italiano, una causa di altissimo valore etico, debba trovare la forza e la lucidità di ammettere che chi uccide una persona con disabilità non debba essere in alcun modo accostato a chi promuove il rispetto dei diritti umani» (Simona Lancioni).
Bella frase. Profondamente sbagliata, però, e ideologicamente compromessa. Per una considerazione che bisognerebbe aver l’onestà intellettuale di fare, specie in sede di “tirar le somme” di un ragionamento.
Chi uccide una persona con disabilità in casi come questi deve per forza essere accostato a chi promuove il rispetto dei diritti umani. Per un motivo molto semplice: è proprio l’assoluta mancanza di quei diritti riconosciuti che sta alla base della tragedia.
Chi questi diritti continua, pervicacemente, a ignorare (Stato e politica) è il primo responsabile di queste situazioni. E tutti coloro che fanno dell’accademia e dei distinguo ideologici, filosofici e religiosi sulla pelle dei caregiver, dopo averli mollati per anni, decenni, vite intere, a cuocere nel loro brodo, ne sono complici corresponsabili.
Del riconoscimento dell’altissimo valore etico della questione, io credo che i caregiver se ne facciano ampi baffi. Questa solfa la conoscono a memoria. Qui è questione di vita e, purtroppo e colpevolmente, di morte. Perché il caregiver che diventa omicida/suicida la sua colpa ce l’ha davanti tutta intera, e la conosce perfettamente.
Sarebbe ora di finirla di farci sopra tanta bella teoria.
Lorenzo Cuffini – Associazione Gilo Care.
Il signor Lorenzo Cuffini, dell’Associazione Gilo Care, ritiene che la conclusione del mio testo sugli omicidi-suicidi compiuti dai/dalle caregiver sia «profondamente sbagliata» e «ideologicamente compromessa».
Ritiene che sia ideologico affermare che chi uccide una persona con disabilità non debba essere accostato a chi promuove i diritti umani. Mi permetto di osservare che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità si basa proprio sul riconoscimento dei diritti umani, e che l’articolo 10 riconosce proprio il diritto alla vita delle persone con disabilità. Ne consegue che chi uccide una persona con disabilità sta violando un diritto umano. Di più: sta violando IL diritto umano senza il quale non esisterebbero tutti gli altri. Dunque no, chi uccide qualcuno non può essere accostato a chi promuove i diritti umani perché è il primo che li sta violando. Fa ideologia chi afferma che uccidere sia compatibile con la promozione dei diritti umani.
Scrive Cuffini che «coloro che fanno dell’accademia e dei distinguo ideologici, filosofici e religiosi, sulla pelle dei caregiver, dopo averli mollati per anni, decenni, vite intere, a cuocere nel loro brodo, ne sono complici corresponsabili». Io sono (anche) una caregiver, dunque non sto agendo «sulla pelle dei caregiver», mi sto autorappresentando, tutto quel mio articolo è espresso in prima persona, senza la pretesa di fornire verità superiori, scrivo in risposta alla mia esigenza di riflettere pubblicamente su un fenomeno che, da caregiver, mi turba e mi ferisce profondamente.
Quanto ai «distinguo ideologici, filosofici e religiosi», quello che io affermo è che i/le caregiver non hanno potere di morte sulle persone di cui si curano e se le fonti che cito non sono gradite, me ne farò una ragione; spero però che almeno la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità sia considerata sufficientemente autorevole. Non ho mai mollato i caregiver al loro destino, promuovo il riconoscimento di questa figura da decenni.
Io credo che lo Stato sia corresponsabile dei suicidi dei/delle caregiver, e questo è un fatto terribile. La mancanza di riconoscimento giuridico e di tutele di questa figura è senza ombra di dubbio una forma di violenza istituzionale. Ma subire una violenza non ci autorizza ad essere a nostra volta violenti, oltretutto con chi ha minori (talvolta nulle) possibilità di difesa.
Dunque ritengo che i /le caregiver siano direttamente responsabili degli omicidi che compiono, e che li compiano per motivazioni paternalistiche (non riconoscono alla persona con disabilità la capacità e il diritto di disporre di sé) e abiliste (uccidono la persona per la sua disabilità; se non fosse disabile non credo che la ucciderebbero). Ritengo inoltre che attribuire allo Stato anche la responsabilità degli omicidi sia un’interpretazione deresponsabilizzante per chi commette il fatto, e che essa, se combinata con una situazione di fragilità psicologica, possa indurre qualcuno/a a farvi ricorso.
Lo scopo di quel mio scritto è stato quello di indurre i/le caregiver a riflettere sul fatto che nessuno – e dunque nemmeno loro – può disporre della vita altrui, perché ognuno/a può disporre solo della propria vita. Lorenzo Cuffini non è d’accordo? Lo invito caldamente a confrontarsi su questo con le persone con disabilità, sono certa che abbiano qualcosa da dire in proposito.
Simona Lancioni