Diamo ben volentieri spazio alla bella testimonianza prodotta in occasione della recente Giornata Nazionale del Braille del 21 febbraio da un socio dell’ANFAMIV di Udine (Associazione Nazionale delle Famiglie delle Persone con Minorazioni Visive), «una persona che ha perso la vista in età adulta ma lavorativa», come egli stesso si racconta.
«È una persona – spiega Edda Calligaris, presidente dell’ANFAMIV – che viene supportata anche grazie al nostro progetto Autonomie possibili, insieme a un piccolo gruppo di compagni in situazione simile. Quale migliore testimonianza per la Giornata del Braille?». Condividiamo.
Mai, nella mia precedente condizione di “normodotato” avevo pensato che mi sarei imbattuto nella modalità di scrittura Braille; e invece eccomi qua.
Devo dire che inizialmente la cosa non è stata facile, e neanche adesso lo è, ma la situazione è un po’ migliorata. Innanzitutto ho dovuto esercitarmi, per rendere sensibili i polpastrelli, giocando a selezionare e mettere in ordine la pastina da brodo, e tuttora non so distinguere le midolline dai risoni: qualcuno lo sa per cortesia?
Ho dovuto quindi iniziare a impiegare meglio il mio tempo libero: non solo davanti alla TV, ma anche cercando di concentrarmi sulle mie dita che, fino a quel momento, avevo usato per aprire tutti i cartoni ed esporre la merce sugli scaffali.
Poi, a fine pandemia, è iniziato presso l’ANFAMIV il corso di dattilobraille.
Devo proprio dire che è stata una bella sorpresa e le lezioni sono state veramente interessanti. Questo è dovuto soprattutto alla bravura dei due docenti che, con spirito di sacrificio e motivati da una grande passione come solo i valorosi volontari sanno fare, sono riusciti a trasmettermi un po’ della loro passione per questa modalità di scrittura e mi riferisco alla prof. Edda [Calligaris] e al prof. Giampaolo [Bulligan].
Dopo quel corso ho voluto partecipare anche a quello di scrittura Braille con il punteruolo, ma qui la situazione si è rivelata veramente complicata perché tutto dipende dalla sensibilità della mano: meno è sensibile e meno riesci a percepire attraverso il punteruolo e il foglio, dove devi premere per imprimere il punto che ti interessa; al tempo stesso, però, devi anche stare attento ad appoggiare bene il punteruolo alle pareti del casellino, così come insegna un’altra valorosa volontaria, la prof. Mirella [Roman Ros] (esperta anche nell’utilizzo del Braillesense, un mostro tecnologico equiparato ad un tablet), perché se non si fa così la lettera non viene ben scritta e quindi sarà di difficile lettura.
A questo punto mi sorge una domanda: non è che per caso il Braille renda anche più sensibili le persone che lo usano, oltre ad avere dato la possibilità alle persone non vedenti di alzarsi dai gradini delle chiese dove mendicavano, per raggiungere le cattedre universitarie, come dimostrato da Augusto Romagnoli e Pierre Villey già negli Anni Trenta del secolo scorso?
Di certo è comunque motivo e spunto per incontri interessanti e socializzazione ad ogni livello, come narrato anche nel film Echi di sera che il prof. Giampaolo [Bulligan] ci ha presentato una sera al corso di scrittura manuale con il punteruolo.
E una riprova mi è data dal fatto che da quando riesco nuovamente a scrivere grazie a questa metodologia, alcuni amici sono stati ben lieti di incorniciare i miei biglietti di auguri punteggiati, cosa che mi ha fatto molto piacere e mi ha anche inorgoglito un po’.
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