«La discriminazione nega la soggettività di un individuo, la riduce all’appartenenza ad un gruppo identificabile: ancor prima di esser riconosciuti come soggetti portatori di caratteristiche individuali, bambine, bambini e adolescenti vengono stigmatizzati come membri di un gruppo, definito in base a categorie stereotipizzanti quali età, nazionalità, gruppi con la stessa origine etnica, disabilità, orientamento sessuale, etc. Nello stesso modo, lo stereotipo dell’aspetto esteriore riguarda tutto ciò che a primo impatto si classifica, come ad esempio colore della pelle, genere di appartenenza, caratteristiche fisiche, abbigliamento e porta a giudicare nella maggior parte dei casi in modo superficiale e impreciso una persona al primo impatto»: per un giornale come «Superando.it», costretto quasi quotidianamente a fare i conti con le discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità, come non condividere questo messaggio lanciato recentemente dal Movimento Giovani per Save the Children, in occasione della Giornata Mondiale contro le Discriminazioni (Zero Discrimination Day), fissata dalle Nazioni Unite per il 1° marzo di ogni anno e celebrata per la prima volta nel 2014. Un messaggio, va aggiunto, promosso attraverso la campagna contro gli stereotipi denominata UP-prezzami (ove UP pronunciato in italiano diventa “AP” e quindi “AP-prezzami”), ideata da oltre cinquecento ragazze e ragazzi tra i 14 e i 25 anni, impegnati nella promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Come spiegano da Save the Children, «i giovani del Movimento, seguiti da esperti di comunicazione, hanno voluto accendere i riflettori su un tema che li tocca da vicino e di cui ritengono si parli troppo poco. Per farlo, hanno scelto un video in cui è un loro stesso coetaneo ad essere condizionato dall’immagine che, però. come suggerisce la chiusura, spesso rischia di essere fuorviante. E la domanda che vogliono rivolgere ai loro coetanei è: “sei sicuro che la scelta migliore sia affidarsi alle apparenze?”».
«Vogliamo sottolineare l’importanza che iniziative di questo tipo partano dai ragazzi – dichiarano ancora da Save the Children -, perché sono loro per primi a vivere queste situazioni che spesso possono avere dei risvolti anche drammatici. Il coinvolgimento dei “pari” è fondamentale per isolare chi compie atti discriminatori, per non minimizzare qualsiasi segnale di chiusura verso le diversità e per diffondere una cultura di rispetto dei diritti di tutti, a scuola e negli altri luoghi di incontro. La scuola, in particolare, può e deve avere un ruolo importante nella promozione di una cultura dell’accoglienza, educando al rispetto della diversità e all’affettività, promuovendo l’uso di un linguaggio positivo e non discriminatorio, favorendo occasioni di incontro, conoscenza e contaminazione con la diversità». (S.B.)
Ricordiamo ancora il link al quale è disponibile il video di cui si parla nel presente contributo. Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@savethechildren.org.