E se rinunciare alla gita scolastica diventasse “contagioso”?

di Stefano Borgato
Dopo che qualche settimana fa una classe di scuola elementare dell’Aquilano si era rifiutata di proseguire la gita, quando si era bloccata la pedana dell’autobus, non consentendo a un compagno con disabilità di scendere dal mezzo, a Palermo una classe di scuola media ha rinunciato alla gita per l’imposizione, da parte della dirigente scolastica, della presenza di un genitore assieme a una ragazza con disabilità, nonostante, a quanto sembra, non ve ne fosse affatto bisogno. Che quell’esempio cominci a diffondersi? E se diventasse contagio? Ce lo auguriamo vivamente

Disegno dedicato all'inclusione di tutte le personeEra accaduto qualche settimana fa con  i bambini e le bambine tra gli otto e i nove anni di una scuola elementare dell’Aquilano in gita verso Roma: quando l’autobus si era fermato per farli scendere, la pedana per consentire lo sbarco del compagno con disabilità in carrozzina si era bloccata e nonostante la proposta degli insegnanti di continuare, la classe si era rifiutata.
«Quello dei bambini è stato uno splendido atto – aveva scritto su queste pagine Antonio Giuseppe Malafarina -, un bell’esempio. Ma niente medaglia. Prendiamoli a modello. Le altre scuole lo facciano. Lo facciano i bambini e gli adulti di ogni dove».

Ebbene, più recentemente a Palermo i protagonisti sono stati ragazzi e le ragazze di una scuola media del capoluogo siciliano e questa volta la vicenda non riguarda “semplicemente” una pedana rotta, ma lascia intravvedere un caso di possibile discriminazione.
Così ne ha scritto «la Repubblica»: «Gli alunni di una scuola media del Palermitano hanno rinunciato a partire per la gita perché a una loro compagna con disabilità è stata imposta la presenza di un genitore per partecipare. La ragazzina ha una patologia complessa, ma conduce una vita uguale a quella dei suoi coetanei grazie ai farmaci. Per questo il medico specialista che la segue reputa non ci siano motivi per cui debba partire accompagnata, ritenendo, anzi, che sia controproducente. Per evitare discussioni e permettere alla figlia di andare in gita, la donna era disposta a partire senza che la ragazzina ne fosse informata e a intervenire solo in caso di necessità, sebbene il medico non credesse fosse necessario né opportuno. La soluzione, però, non è andata bene alla dirigente scolastica che ha comunicato alla madre che la ragazzina avrebbe potuto partecipare solo se la stessa madre fosse stata sempre al suo fianco. Una soluzione inaccettabile per l’adolescente che si è vista negare la possibilità di partire da sola per la prima volta, sentendosi diversa dai suoi amici che, molto più sensibili degli adulti, hanno rinunciato al viaggio per non lasciarla da sola».

Più che di scarsa sensibilità ci sembra qui di dover parlare di mancato rispetto delle leggi. Ma al di là di questo c’è da chiedersi: che stia cominciando a diffondersi l’esempio di cui scriveva Malafarina? E se l’esempio diventasse contagio? Ce lo auguriamo vivamente.

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