La Scuola se la deve “meritare” prima di tutto chi ci lavora

«La parola “merito” – scrive Francesca Palmas – è prepotentemente entrata a far parte dello scenario già piuttosto confuso e maltrattato dell’Istruzione, dal Ministero in primis alla più piccola Scuola di periferia. Ma sono sempre più convinta che la parola merito nella Scuola non vada associata ai nostri ragazzi e ragazze, che la rendono viva e piena di Senso, ma principalmente a chi vi è occupato, nessuno escluso». E conclude così: «Meritiamoci la Scuola, nel suo significato più alto e più pieno. Investiamo nel nostro presente, oggi, in una Scuola che sappia “prendersi Cura” di ciascuno»

Alunno con disabilità che alza un dito davanti a un docente…esser degno-meritevole, avere-acquistare merito, valere || far ottenere-conseguire, rendere degno, procurare, procacciare, fruttare || guadagnarsi, giungere, pervenire, raggiungere: scegliete pure la definizione che più si avvicina al vostro sentire, alla vostra esperienza; sta di fatto che la parola “merito” è prepotentemente entrata a far parte dello scenario già piuttosto confuso e maltrattato dell’Istruzione, dal Ministero in primis alla più piccola Scuola di periferia.
Ci si è subito sollevati dal “peso” che questa parola trascina con sé, riversandolo sugli alunni e sulle alunne; prende invece forma in me sempre più la convinzione che la parola merito nella Scuola non vada associata ai nostri ragazzi e ragazze, che la rendono viva e piena di Senso, ma principalmente a chi vi è occupato, nessuno escluso: Dirigenti docenti – tutti, personale ATA [Amministrativo, Tecnico e Ausiliario, N.d.R.], funzionari, Uffici ecc.

Perché? Ma basta essere consapevoli del fatto che tutte queste persone (ripeto: a partire dai Dirigenti che ricoprono ruoli istituzionali ai massimi livelli) hanno tra le mani la formazione, la vita, il futuro dei nostri figli e figlie. Sì, li considero “miei figli e figlie”, ognuno. Sarà perché da ventitré anni mi occupo e pre-occupo di inclusione scolastica degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali; sarà perché ho due figlie in età scolare che costruiscono il loro futuro vivendo ogni giorno il presente; sarà che sono prima di tutto un’educatrice e questa mia professione mi ha insegnato a guardare tutto da una prospettiva privilegiata: quella di chi si prende Cura.

Non è forse questo l’obiettivo, il “tendere verso”, il fine primario della Scuola nei confronti dei suoi figli? Prendersi Cura. Salvaguardare le unicità, fare in modo che ciascuno realizzi pienamente se stesso: ciò che è. Non uniformando a stereotipi, ma valorizzando le specificità (lo preferisco a “differenze”, siamo tutti differenti gli uni dagli altri) di ciascuno, come un valore aggiunto, una ricchezza per la Comunità.
C’è una Scuola che lavora in questa direzione, tanti professionisti che coltivano quotidianamente la corresponsabilità, la partecipazione, l’appartenenza.
Credo che tuttavia per far sì che questo sia un metodo di lavoro diffuso e omogeneo per la principale agenzia educativa di ogni Paese verso i suoi cittadini, sia necessaria – e non più prorogabile, visto che abbiamo voluto parlare di Istruzione e di Merito – una formazione continua di tutto il Personale della Scuola, iniziale e in servizio.

Non basta formarsi per accedere all’insegnamento, l’educazione è un percorso in divenire continuamente in-formazione che si deve nutrire costantemente di competenze, relazioni, team work, ovvero la capacità di lavorare insieme, la voce che dovrebbe essere scritta al primo posto nei curricula di ogni professionista, in primis dei professionisti dell’educazione. Già perché ogni insegnante, oltre ad essere competente per la sua “materia” specifica o a prescindere dal ruolo che riveste, è prima di tutto un educatore. Non è né banale questo, né scontato.
Ma da questo percorso condiviso siamo ancora pericolosamente lontani. Forse perché chi amministra le Scuole spesso le Scuole non le vive, non le respira.

La nostra Scuola perde per strada ancora troppi dei suoi figli: 11,7 milioni di italiani non si sono mai iscritti alla scuola secondaria superiore, quasi 4 milioni si sono fermati nel loro percorso di istruzione senza conseguire un diploma di scuola secondaria di secondo grado. Il Rapporto Plus dell’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) evidenzia anche che sono più gli uomini (62%) che le donne (38%) a lasciare prima gli studi, con gravi ripercussioni nel mondo del lavoro, ancora così troppo distante dalla Scuola.
È la Scuola che si lascia abbandonare che ha fallito il proprio intento, non chi abbandona!
È la Scuola che deve accogliere, includere e valorizzare; è la Scuola che deve garantire a ciascuno pari opportunità, a ciascuno indipendentemente dalla propria condizione di partenza e percorso, rimuovere gli ostacoli/barriere e facilitare l’espressione di sé, la piena formazione della propria personalità e quindi della propria unicità.
Meritiamoci la Scuola, nel suo significato più alto e più pieno. Investiamo nel nostro presente, oggi in una Scuola che sappia prendersi Cura di ciascuno; non accontentiamoci, non abituiamoci all’indifferenza, ci riguarda tutti, e non rassegniamoci ad una Scuola tradizionalmente preoccupata di “riempire” in maniera nozionistica le teste dei nostri figli: «Meglio le teste ben fatte che piene» (Edgar Morin).
Meritiamoci la Scuola! Che sia per tutti un imperativo categorico, adesso.

Pedagogista, esperta di processi formativi, responsabile Scuola della Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi) (francesca.palmas@abcitalia.org).

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