Secondo eguaglianza: disabilità e diritti
È con grande piacere che presentiamo a Lettori e Lettrici il primo contributo della nuova rubrica di «Superando.it» denominata Secondo eguaglianza: disabilità e diritti, firmata dalla giurista Sara Carnovali, già presente in qualche altra occasione sulle nostre pagine.
Laureata con lode in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano, Carnovali ha un Dottorato di Ricerca in Diritto Costituzionale ed è Avvocata iscritta all’Ordine di Milano. Recentemente si è specializzata alla LUISS di Roma in Drafting normativo ed è abilitata al patrocinio forense presso lo Sportello Antidiscriminatorio del Tribunale di Milano. Svolge la propria attività professionale come consulente legale, ricercatrice indipendente e formatrice in Diritto Antidiscriminatorio e Pari Opportunità (con particolare riferimento ai fattori della disabilità e del genere), Diritti Sociali, Policy-Making, Responsabilità Sociale delle Imprese e Diversity & Inclusion.
Fa parte dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, con funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico, e ha maturato esperienza come collaboratrice parlamentare tecnico-giuridica alla Camera dei Deputati (Commissione XII – Affari Sociali e Salute).
È autrice di numerose pubblicazioni, sulle discriminazioni multiple e intersezionali, sulla Disability Law, sui princìpi di eguaglianza e solidarietà, sui diritti sociali, sulla tutela dei diritti in emergenza e altri temi ancora. Tra le altre, ampio spazio, nel nostro giornale, ha avuto il libro del 2018 Il corpo delle donne con disabilità. Analisi giuridica intersezionale su violenza, sessualità e diritti riproduttivi.
Benvenuta Sara e buon lavoro.
Judith, pioniera dei diritti umani di donne e uomini con disabilità
Alcune persone dicono che quello che ho fatto ha cambiato il mondo, ma in realtà ho semplicemente rifiutato di accettare quello che mi è stato detto su ciò che avrei potuto essere. Ed ero disposta a fare storie a riguardo (Judith Heumann)
In origine, avevo pensato di inaugurare la mia collaborazione con questa rivista con un articolo di presentazione ai Lettori e alle Lettrici, in cui avrei cercato di spiegare perché, ancora studentessa, io abbia deciso di dedicare gran parte della mia professione di giurista alla tutela dei diritti umani delle persone con disabilità.
Mentre iniziavo a scrivere il pezzo, tuttavia, mi è giunta la notizia della morte di una donna che è stata indiscussa protagonista delle lotte per la conquista di quei diritti: Judith Heumann [se ne legga già sulle nostre pagine, N.d.R.].
Così, oggi, che è la Giornata dell’8 Marzo, non potevo non inaugurare questa rubrica con un ricordo di colei che venne soprannominata The Rolling Warrior.
Ho avuto l’onore di incontrare e conoscere questa donna straordinaria tanti anni fa in Irlanda, durante un soggiorno di studio e ricerca presso il Centre for Disability Law and Policy dell’Università NUI Galway.
Figlia di immigrati ebrei tedeschi con disabilità motoria per via di una poliomielite contratta a diciotto mesi, Judith è considerata una delle madri del movimento per i diritti umani delle persone con disabilità.
In prima linea in tutte le principali manifestazioni per i diritti civili fin dall’inizio degli Anni Settanta, ha fornito un contributo decisivo all’approvazione della normativa in materia di disabilità, con particolare riferimento all’ADA (Americans with Disabilities Act), al Rehabilitation Act e alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, e ha fondato importanti organizzazioni nazionali e internazionali in difesa dei diritti umani, ricoprendo altresì incarichi istituzionali per il Governo degli Stati Uniti durante le Amministrazioni Clinton e Obama.
Di se stessa e della condizione di persona con disabilità disse che non era affatto una tragedia vivere in sedia a rotelle, perché «per me la disabilità diviene una tragedia solo quando la società non riesce a fornirci le cose di cui abbiamo bisogno per condurre le nostre vite, quali opportunità di lavoro o edifici senza barriere, ad esempio».
Nel 1970 l’Ufficio scolastico della città di New York le negò la licenza di insegnamento in ragione della sua disabilità. La causa da lei instaurata per condotta antidiscriminatoria (Heumann vs. Board of Education of the City of New York) si concluse con una vittoria e Judith divenne la prima docente con disabilità motoria ad insegnare a New York City.
Judith fu una dei protagonisti di spicco, accanto a Ed Roberts, dell’Independent Living Movement, nato negli Stati Uniti alla fine degli Anni Sessanta.
Memorabile è la sua leadership durante il 504 Sit-in, tenutosi a San Francisco nel 1977 e durato ventotto giorni: si tratta della più lunga occupazione non violenta di un edificio federale nella storia americana. Una dimostrazione ad opera di donne e uomini con disabilità per il riconoscimento dei propri diritti umani da parte dell’ordinamento giuridico statunitense, per l’approvazione della disciplina che poneva un obbligo di non discriminazione sulla base della disabilità in capo ad ogni ente pubblico finanziato dallo Stato federale.
Celebre, se non epico, è poi l’episodio, verificatosi nel marzo 1990, per cui più di sessanta attivisti per i diritti delle persone con disabilità abbandonarono ai piedi dell’imponente scalinata del Senato le loro carrozzine e ausili e si inerpicarono – letteralmente – fino in cima, occupando lo U.S. Capitol Building, al fine di ottenere l’approvazione della citata Legge ADA. L’iniziativa fu capeggiata, tra gli altri, proprio da Judith.
Le occupazioni di quegli anni ricevettero il sostegno di altri gruppi tradizionalmente discriminati, soprattutto della popolazione afroamericana, che per giorni portò ai manifestanti cibo, coperte e altri beni di prima necessità. Una concretizzazione del principio dell’intersezionalità delle lotte, poiché la matrice della discriminazione è comune ad ogni minoranza marginalizzata – se pure si manifesta in forme differenti –, nonché una dimostrazione del fatto che l’unione delle rivendicazioni dei diritti rende i suoi protagonisti più forti e la conquista di quei diritti più vicina.
Questa prospettiva era chiarissima a Judith, la quale affermò che «quando gli altri ti vedono come un cittadino di terza classe, la prima cosa di cui hai bisogno è la fiducia in te stesso e la consapevolezza dei tuoi diritti. La seconda cosa che ti serve è un gruppo di amici con cui lottare».
La prospettiva intersezionale e il paradigma secondo cui è necessario applicare alle rivendicazioni dei diritti delle persone con disabilità il medesimo paradigma già utilizzato per l’emancipazione di altri gruppi discriminati è ben presente nella similitudine del tavolo, coniata dall’attivista americana: così come non è più accettabile che al tavolo al quale vengono prese le decisioni non sieda una donna o una persona di colore, non è più accettabile che nessuno si chieda se quel tavolo è accessibile.
«Uno dei risultati più profondi dell’approvazione dell’ADA è stato il guadagno di dignità e autostima per le persone con disabilità», scrive Judith nella sua autobiografia, aggiungendo che «se l’arco morale dell’universo deve continuare a piegarsi verso la giustizia, dobbiamo abbracciare la disabilità come parte fondamentale della diversità e accoglierci veramente l’un l’altro, sia nella lettera che nello spirito, come membri uguali della società».
La sua incredibile vita è appunto raccontata nel libro autobiografico Being Heumann. An Unrepentant Memoir of a Disability Rights Activist (Ebury Publishing, 2021), nonché nel documentario Netflix già candidato agli Oscar Crip Camp. A Disability Revolution.
Una delle iniziative parlamentari di carattere non legislativo che più ho apprezzato durante la mia esperienza da collaboratrice parlamentare presso la Camera dei Deputati è stata la proiezione di questo documentario presso la Sala della Regina di Montecitorio, su iniziativa dell’onorevole Lisa Noja, il 3 dicembre 2021, in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle persone con disabilità. L’evento è stato introdotto da un videomessaggio della stessa Judith Heumann, che ha ricordato l’importanza del movimento italiano per i diritti delle persone con disabilità e delle conquiste raggiunte anche nel nostro Paese.
Alla vigilia della Giornata dell’8 Marzo, anniversario in ricordo delle lotte per i diritti umani delle donne e per il contrasto alle discriminazioni di cui sono vittime tutt’oggi, credo sia importante ricevere l’eredità che lascia a noi tutti questa donna tenace e coraggiosa.
A noi spetta continuare a presidiare, con i nostri corpi e – citando Judith – con il nostro spirito, i luoghi della lunga marcia per i diritti umani di tutte e tutti, affinché ad ognuno, indipendentemente dalle caratteristiche di ciascun corpo o mente, sia garantita la piena partecipazione alla vita sociale, politica ed economica. In fondo, si tratta di concretizzare – da «formula sulla carta», citando Piero Calamandrei, a carne viva della nostra vita democratica – il principio costituzionale di eguaglianza, che è sempre al contempo formale e sostanziale e che richiede la rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
A noi spetta, accogliendo l’eredità di Judith, plasmare una società che abbracci la complessità identitaria degli individui tutti, in una convivenza tra gruppi sociali non abilista e non discriminatoria rispetto a chi diverge da un’astratta e “sterile” norma.
Addio Judith. Rest in power, Rolling Warrior.