La scomparsa di Judith “Judy” Heumann [se ne legga già sulle nostre pagine a questo e a questo link, N.d.R.], leader mondiale del movimento per i diritti delle persone con disabilità, lascia un vuoto incolmabile nel campo dei tanti àmbiti di lavoro a cui ha dedicato tutta la sua vita.
Ho conosciuto Judy alla fine degli Anni Ottanta del secolo scorso ad un convegno sulla vita indipendente organizzato dall’AIAS di Teresa Serra. Colpita dalla poliomielite, si muoveva in sedia a rotelle elettrica, ma trasmetteva una serenità e un’energia che la rendevano una persona che attirava un’attenzione particolare in sua presenza.
Poi nel 1990 ho avuto l’opportunità di approfondire la sua conoscenza in un soggiorno di due mesi in California a Berkeley, spinto dalla curiosità di conoscere l’ADA (Americans with Disabilities Act), la prima legge al mondo che riconosceva i diritti umani alle persone con disabilità in termini di non discriminazione ed eguaglianza di opportunità.
Per organizzare il viaggio e il soggiorno mi ero rivolto al Centro per la Vita Indipendente di San Francisco, che mi diede tutte le informazioni relative a dove alloggiare, a come muovermi nella Baia – Berkeley è appunto una cittadina di fronte a San Francisco – e su tutte le altre informazioni utili e necessarie per una persona che si muove in sedia rotelle (accessibilità turistiche, indicazioni pratiche per negozi e ristoranti ecc.).
Judy era già una figura conosciutissima non solo nella Baia, ma a livello nazionale e internazionale e mi introdusse ad alcuni leader del movimento.
Qui va ricordato che l’Università di Berkeley era stata la culla delle lotte per i diritti civili, delle battaglie contro la guerra in Vietnam e aveva visto la nascita del movimento per la vita indipendente americano, con Edward Verne Roberts (ED Roberts) e il suo gruppo di Rolling Quad.
Judy era l’asse su cui ruotavano varie iniziative: gli ILC (Centri per la Vita Indipendente) in più di quattrocento città americane (servizi informativi e di sostegno, finanziati dal pubblico e dal privato), il World Institute of Disability (centro di consulenza ad aziende pubbliche e private nel campo dell’accessibilità e dell’inclusione e centro di ricerche e studi sempre nell’area della disabilità), le tante attività delle Associazioni americane, i singoli cittadini con disabilità che si rivolgevano a lei per consigli e informazioni.
Era una donna infaticabile: ricordo che un giorno fui ospitato sul suo pulmino per partecipare ad un raduno di festa nel Giorno del Ringraziamento e lei per tutto il viaggio preparava lettere di risposta alle tante richieste che aveva ricevuto.
Un’altra grande qualità di Judy era la sua grande umanità e capacità comunicativa: aveva sempre un allegro sorriso, un’attenzione per tutti, un’ironia sottile, praticità semplice ed efficace nei discorsi che faceva. Era un piacere stare in sua compagnia.
L’ho poi di nuovo incontrata in tanti altri posti nel mondo: alle assemblee di DPI (Disabled Peoples’ International) in Messico, in Giappone, in Sudafrica, in vari convegni sulla vita indipendente in Europa e in Canada. Insomma, la sua partecipazione a seminari, conferenze e tavole rotonde era sempre un evento.
Judy poi ha svolto attività anche nello staff della Presidenza di Barack Obama (ricordo che seguimmo insieme lo spoglio dei voti per quell’elezione in un albergo di New York), nell’àmbito dell’educazione inclusiva. È stata poi referente per i temi della disabilità nella Banca Mondiale, dalla quale uscì, non condividendone le politiche e le azioni.
Spirito combattivo e indipendente, ha rappresentato per decenni una guida culturale e politica del movimento mondiale dei diritti delle persone con disabilità, che in tutto il mondo le veniva riconosciuto.
Nata nel 1947 ha attraversato tutti i decenni della grande rivoluzione emancipatoria che dagli Anni Sessanta del secolo scorso, ha portato a conquiste e progressi nelle legislazioni nazionali e internazionali. L’avevo incontrata anche durante le otto sessioni che a New York hanno portato nel 2006 all’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Da allora è diventata la portavoce mondiale dell’applicazione della Convenzione stessa.
Judy lascia un’eredità importante di lotte e di idee che hanno contaminato migliaia di giovani leader in tutto il mondo, trasmettendo il “virus” dell’autonomia, dell’autodeterminazione, dell’indipendenza e della piena partecipazione.
La sua storia ci insegna che le persone con disabilità non devono dipendere dalle scelte e decisioni prese da tecnici e professionisti, ma sono cittadini come tutti gli altri e quindi devono essere essi stessi il motore del cambiamento sociale e culturale e della loro emancipazione.