Abbiamo presentato nei giorni scorsi il convegno La co-progettazione per davvero. Princìpi metodologici, esperienze di successo e istruzioni per l’uso, in programma per domani, 14 marzo, Roma, a cura dell’APIS (Associazione Italiana Progettisti Sociali), elencando anche i relatori che vi parteciperanno. E tuttavia, per avere un quadro più ampio dei contenuti di tale appuntamento, cediamo ben volentieri la parola a Carmela Cioffi.
Mentre gran parte degli Enti Pubblici incontrano difficoltà nello sviluppo della co-progettazione e non mancano i progetti calati dall’alto senza il coinvolgimento del Terzo Settore e degli stessi cittadini beneficiari, ci sono anche esperienze di collaborazione tra soggetti pubblici, privati e non-profit che spiccano e raccontano un film completamente diverso. Sono esperienze come quella di Lecco, dove è stato costruito sin dal 2006 un modello diverso di welfare per anziani, bambini e persone con disabilità, grazie all’Impresa Sociale Consorzio Girasole, oppure come quella di Bologna con il suo Salus Space, spazio urbano “rigenerato”, attualmente centro di ospitalità per migranti e rifugiati. Cos’hanno in comune queste realtà e perché hanno avuto un impatto positivo e concreto sul territorio?
È per fare il punto della situazione e analizzare insieme agli esperti una serie di buone prassi, come quelle appena citate, che l’APIS (Associazione Italiana Progettisti Sociali) ha promosso per domani, 14 marzo, a Roma il convegno La co-progettazione per davvero. Princìpi metodologici, esperienze di successo e istruzioni per l’uso, evento dedicato appunto alla co-progettazione, anche in rapporto con la co-programmazione.
Si tratta di questioni dibattute finora solo in punta di diritto e con un’attenzione rivolta soprattutto alle procedure, lasciando così in secondo piano le “pratiche di campo”, indispensabili affinché il lavoro sia, nei fatti, efficace e partecipato con i portatori di interesse, inclusi i beneficiari.
Obiettivo dell’incontro sarà dunque offrire spunti concreti, metodi e paradigmi specifici in base ai quali regolare i lavori di tavolo tra Pubblica Amministrazione e Terzo Settore, all’insegna di un approccio pragmatico e antiretorico, cioè quello tipico del progettista sociale, che già prima dell’adozione del Codice Unico del Terzo Settore, è abituato ad agire sul campo come collegamento e “rammendo” tra società civile organizzata e funzione pubblica.
«La co-progettazione – ha dichiarato il presidente dell’APIS Jamil Amirian – è ormai parte integrante per lo sviluppo dei servizi sociali e nella gestione dei rapporti tra amministrazioni ed Enti di Terzo Settore. Se il quadro normativo va in questa direzione, meno chiara è la traduzione operativa e la codifica metodologica, con situazioni molto diversificate e non sempre efficaci. Con il convegno di domani, quindi, proveremo a fare chiarezza sulle condizioni utili a realizzare processi realmente partecipativi e vicini alle comunità».
In base al Codice del Terzo Settore (articolo 55 del Decreto Legislativo 117/17), gli Enti Pubblici locali sono chiamati a rendere sistematica la collaborazione tra loro stessi e gli Enti del Terzo Settore, che operano nell’àmbito sociosanitario assistenziale, prevedendone la regolamentazione con specifico riferimento agli istituti della co-programmazione e della co- progettazione. Lo scopo è permettere al territorio e ai soggetti del Terzo Settore di avere un ruolo più propositivo attraverso lo strumento della co-progettazione: in questo modo il Terzo Settore entra a pieno titolo nel sistema del welfare, per rispondere in misura maggiore ai fabbisogni dei più deboli, oltre che per superare il tradizionale rapporto “committente-fornitore”.
E tuttavia, se questa è la teoria, nella pratica la co-progettazione è spesso un’eccezione riservata a interventi innovativi o complessi e c’è ancora un bel po’ di strada da fare affinché il privato, che si trova ad essere coinvolto nell’attuazione dei progetti, possa operare non più in termini di mero erogatore dei servizi, ma rivestire un ruolo attivo. Inoltre, bisogna fare uscire dal cono d’ombra la questione del coinvolgimento dei destinatari, tema decisivo ma attualmente relegato ai margini della discussione, perché non può funzionare un processo decisionale, programmatorio o ideativo, che non coinvolga i beneficiari di determinati servizi socio-sanitari.
In tal senso, per rendere concretamente partecipato un percorso di co-programmazione o co-progettazione, per fare insomma “co-progettazione per davvero”, l’APIS lancerà in occasione del convegno di domani un “decalogo” metodologico con dieci condizioni operative, che serva da bussola per quanti operano sia nel Terzo Settore sia nella Pubblica Amministrazione, nell’ispirare pratiche serie e rigorose di confronto sui territori, rispetto alla questione fondamentale del welfare di comunità.