La “sindrome di Lavazza”: più lo mandi giù, più ti tira su

«Che le persone con disabilità, nella comunicazione, fossero rimaste le uniche “buone” nel panorama del sociale e della marginalità – scrive Andrea Pancaldi – era cosa chiara da tempo, visto il picchiare duro della politica su altre categorie di persone. Ai “cattivi”, infatti, debbono corrispondere ovviamente dei “buoni” ed ecco allora un nutrito stuolo di casi di persone con disabilità: in pochi giorni, su varie reti televisive, ne abbiamo contati cinque. Protagonisti o usati? Specchio di una società che vuole includere o insicurezze dei “normali”? Difficile dirlo, ma utile ragionarci sopra»

Realizzazione grafica di disabile con mongolfieraChe le persone con disabilità, nella comunicazione, fossero rimaste le uniche “buone” nel panorama del sociale e della marginalità era cosa chiara da tempo, visto il picchiare duro della politica su immigrati, rom, babygang minorili, malati mentali pericolosi coi loro raptus, senza dimora che degradano il decoro cittadino, per non parlare ovviamente di carcerati e tossici “cattivi” per definizione. Il tutto per tenere caldi i temi della sicurezza, del degrado… dell’untore di turno di una società in difficoltà e in declino.
Ora con la strage di migranti a Cutro la politica cala un po’ l’ostilità su questo “target” (ne parla come tema generale politico e molto meno come cronaca) e le reti televisive si adeguano, almeno per il momento… ma si ha l’impressione che non durerà molto.
Via in buona parte i migranti, da quattro-cinque settimane ogni sera assistiamo al correre dietro nei corridoi delle metropolitane alle rom borseggiatrici di Milano e Roma, con qualche spruzzatina qua e là di occupanti abusivi di case. Ma ai “cattivi” debbono corrispondere ovviamente dei “buoni” ed ecco allora un nutrito stuolo di casi di persone con disabilità: in pochi giorni, su varie reti, ne abbiamo contati cinque.

La ragazzina con sindrome di Down che non può dare l’esame di maturità, l’altra ragazza cieca a cui negano una casa in affitto perché vorrebbe con sé il cane guida, un’altra ragazzina con disabilità che parla con estrema fatica, ma riesce a cantare con una discreta voce, il giovane agricoltore diventato paraplegico che è sfrattato con la famiglia dalla casa in cui abita, un’altra donna con disabilità nel pomeriggio di domenica in un altro talk show a parlare di sessualità.
Come si vede, donne soprattutto, intervistate da altrettante donne, e interessante sarà ragionarne sui perché.

Protagonisti o usati? Specchio di una società che vuole includere o delle insicurezze dei “normali”? “Eroi” o “vinti” come facce di una stessa medaglia? Difficile dirlo, tutto e il contrario di tutto bolle in pentola in questa fase della cultura italiana in tema di disabilità, sospesa tra discriminazione e servizi, tra attivisti e associazioni, tra sguardi maschili e femminili…
È utile ragionarci sopra, sapendo dei limiti di ogni opinione e della difficoltà di argomentare sempre con equlibrio. Navigando a vista tra le pagine di Andrea Canevaro e quelle di «Vanity Fair».

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