L’essere venuta a conoscenza della nuova Ordinanza Ministeriale n. 45 del 9 marzo scorso, che disciplina l’esame di maturità da parte degli studenti con disabilità attraverso prove alternative e tempi più lunghi per quelle scritte, mi ha reso molto contenta, in quanto il problema l’ho vissuto personalmente qualche decennio fa.
Mentre leggevo quella stessa Ordinanza, mi sono rivista infatti maturanda alle prese con l’Esame di Stato dell’Istituto Magistrale. Avendo una disabilità motoria che mi impedisce, allora molto più di adesso, di avere il pieno controllo dei movimenti, la mia scrittura era illeggibile, problema che negli anni successivi ho superato attraverso l’utilizzo del computer. A causa di ciò, l’esame di maturità per me non è stato semplice. Già durante il primo anno, la preside dell’Istituto Magistrale cercò di arrestare il mio percorso nella stessa scuola, in quanto vigeva una normativa in base alla quale chi non aveva una bella calligrafia non poteva insegnare, e quindi non le era permesso di conseguire il diploma magistrale. Potei continuare il mio iter scolastico grazie a un documento firmato dai miei genitori, nel quale sottoscrissero che qualora avessi raggiunto la maturità magistrale, non avrei insegnato.
Nonostante questo escamotage, rimaneva il grande scoglio delle prove scritte, quella di italiano e quella di matematica. Giunto il momento dell’esame, grazie a un accordo tra il membro interno della commissione, la mia professoressa di filosofia, la migliore insegnante che io abbia avuto in tutto il mio percorso scolastico, e i commissari esterni, ho superato le prove scritte senza grandi ostacoli.
Il tema di italiano l’ho composto in modo schematico, approfondendo poi le tematiche in sede orale. Invece, per la prova di matematica avevo meno difficoltà in quanto i numeri riuscivo a scriverli meglio delle parole, l’unico vero problema era fare il disegno della figura geometrica, ostacolo che ho superato, indicando a un membro esterno passo passo come doveva costruirla. Il risultato finale è che nonostante queste difficoltà, superai la maturità con 48 sessantesimi.
Analizzando i contenuti della nuova Ordinanza Ministeriale n. 45, mi sono resa conto che le modalità “informali” con cui io ho potuto superare l’Esame di Stato ben trentasette anni fa, sono state pioniere rispetto alla stessa normativa.
In particolare, il Decreto stabilisce che per gli studenti con disabilità, in base alla gravità della disabilità stessa, al rapporto del Consiglio di Classe e alla modalità di svolgimento delle verifiche durante l’anno, la commissione esaminatrice può decidere di prolungare i tempi delle prove scritte, quando il caso lo richiedesse anche in giorni alternativi.
Poi, in conformità all’articolo 3 dell’Ordinanza Ministeriale, gli stessi alunni sono ammessi a sostenere l’Esame di Stato a conclusione del secondo ciclo di istruzione. È compito del Consiglio di Classe valutare se il maturando è in grado di sostenere le prove con valore equipollente o non equipollente. La commissione, invece, in base alla relazione fornita dallo stesso Consiglio, predispone una o più prove differenziate secondo gli interventi educativi-didattici previsti dal PEI (Piano Educativo Individualizzato). Il presidente nomina, nel caso sia necessario, un docente di sostegno o altre figure a supporto, sempre su indicazioni del Consiglio di Classe.
E ancora, per i candidati ciechi i testi delle prove scritte verranno forniti in Braille, e per coloro che non lo conoscessero saranno resi disponibili supporti audio o informatici; invece, per quelli ipovedenti, saranno le singole scuole a richiederli nella forma più adeguata.
La citata Ordinanza Ministeriale, infine, disciplina l’esame di maturità non solo per gli studenti con disabilità, ma anche per quelli considerati vulnerabili, con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), o con BES (Bisogni Educativi Speciali), nonché coloro che hanno frequentato i corsi di istruzione all’interno degli ospedali, delle strutture di cura, degli istituti penitenziari.
Insomma, quello che era affidato alla buona volontà e all’intelligenza dei singoli docenti ora è una norma. Un passo concreto, non retorico, verso l’inclusione.