Perché è estremamente importante quanto sancito in questi giorni dalla Corte di Cassazione, insieme al precedente pronunciamento della Corte d’Appello di Venezia sul medesimo caso? Perché si tratta delle prime sentenze riguardanti la discriminazione in ragione della disabilità, svincolate dalle tematiche relative alle barriere architettoniche, e relative invece al diritto delle persone con disabilità visiva di essere accompagnate nella loro quotidianità da un cane guida, anche a prescindere dal contenuto di norme tecniche riguardanti la sicurezza dei trasporti. Ma facciamo alcuni passi indietro per far capire di cosa stiamo esattamente parlando.
Della vicenda da cui tutto partì ci occupammo a lungo, in particolare tra il 2015 e il 2017. Alcune persone con disabilità visiva, accompagnate dal proprio cane guida, si erano viste negare l’accesso alla scala mobile di Lambioi, che porta al centro storico di Belluno, di fronte a un cartello indicatore di divieto, recante la scritta Inclusi i cani guida.
Il momento più “caldo” si ebbe nel maggio del 2015, quando un cospicuo gruppo di persone, provenienti da varie città d’Italia, si recarono con i loro cani guida ai piedi di quella stessa scala mobile, chiedendo di salire, nel rispetto delle Leggi, e con l’intento dimostrativo «di far vedere che gli animali sono perfettamente in grado di prendere le scale mobili in tutta sicurezza, oltre che per rivendicare la libertà di movimento e il rispetto della dignità». Ciò aveva portato al blocco dell’impianto, da parte della Società Bellunum che lo gestisce, e anche all’arrivo della Polizia, lasciando le persone momentaneamente bloccate sulla scala mobile, senza la possibilità di salire né di scendere in sicurezza e lasciando anche in sospeso la situazione, tra polemiche varie e preannunciate azioni legali.
Dal canto nostro avevamo ricordato in varie occasioni che quel divieto si collocava in palese violazione delle Leggi vigenti (Legge 37/74, aggiornata dalla Legge 60/06), che obbligano ad accogliere i cani guida in ogni luogo pubblico o aperto al pubblico.
Era dunque seguita una dura battaglia giudiziaria, che aveva anche visto il Tribunale di Belluno rigettare il ricorso presentato dalle persone con disabilità visiva, condannandole alla rifusione delle spese, ritenendo che le stesse «non avessero subito una lesione alla propria sfera giuridica personale, attuale e concreta» e qualificandone «la pretesa di ottenere una pronuncia giudiziale non come diritto soggettivo assoluto, ma al più quale interesse diffuso di categoria».
A quel punto Chiara Frare, legale dei ricorrenti e anche dell’Associazione Blindsight Project, impegnata sull’assistenza e la tutela dei diritti delle persone con disabilità e coinvolta nella vicenda sin dagli inizi, aveva proposto appello, di fronte a un pronunciamento ritenuto ingiusto e inaccettabile.
Alla fine del mese di maggio del 2020 avevamo potuto così dare la notizia della Sentenza con cui la Corte d’Appello di Venezia aveva condannato per discriminazione il Comune di Belluno e la Società Bellunum, riformando integralmente la Sentenza del Tribunale di Belluno, e prescrivendo il risarcimento del danno morale patito da tutte quelle persone con disabilità visiva.
Di fronte a ciò, il Comune di Belluno e la Società Bellunum avevano deciso di proporre ricorso per Cassazione contro la Sentenza della Corte d’Appello veneziana.
Di passata, prima di arrivare all’oggi, vale certamente la pena ricordare che nell’autunno dello scorso anno anche il Tribunale di Roma aveva pienamente accolto un ricorso promosso da Laura Raffaeli, presidente di Blindsight Project, accertando e confermando a propria volta, senza alcuna eccezione, che le condotte poste in essere dal Comune di Belluno e dalla Società Bellunum erano state discriminatorie ai danni delle persone con disabilità.
La vicenda, dunque, si è conclusa ieri, 5 aprile, quando la Corte di Cassazione ha depositato un’Ordinanza di rigetto del ricorso proposto dal Comune di Belluno, nonché di quello incidentale della Società Bellunum, stabilendo in maniera definitiva e inequivocabile la natura discriminatoria delle condotte tenute nei confronti delle persone con disabilità visiva accompagnate dai loro cani guida e condannando sia l’Ente Locale che la Società partecipata anche alle spese del giudizio di Cassazione.
«Questa Sentenza della Suprema Corte – commentano i legali dei ricorrenti -, unitamente al precedente pronunciamento della Corte d’Appello di Venezia del 2020, oggi divenuto definitivo, rappresenta una pietra angolare per la tutela delle persone con disabilità vittime di discriminazione».
Un giudizio che condividiamo senza riserve, esprimendo tutta la nostra soddisfazione e complimentandoci anche per la tenacia con cui, negli anni, le persone con disabilità coinvolte, l’Associazione Blindsight Project e i legali che ne hanno seguito l’azione, hanno contribuito ad arrivare a questo importante risultato. (S.B.)
Nella colonnina a fianco del nostro articolo E dunque anche secondo il Tribunale di Roma a Belluno ci fu discriminazione! (Articoli correlati), vi sono tutti i testi da noi dedicati alla vicenda di cui si parla nel presente contributo.