Omicidi-suicidi: una proposta di regolamentazione delle comunicazioni pubbliche

di Simona Lancioni*
Prendendo spunto da una serie di casi di omicidio-suicidio attuati dai/dalle caregiver a danno di se stessi e della persona con disabilità di cui si curano, e ritenendo molto sbilanciata la comunicazione pubblica intorno ad essi, il Centro Informare un’h ha elaborato una proposta di regolamentazione, non certo finalizzata a un giudizio sui soggetti coinvolti, né a contrapporre le legittime istanze delle persone con disabilità a quelle, altrettanto legittime, dei/delle caregiver familiari, ma che mira a proporre un’interpretazione di questi eventi più equilibrata e tesa a prevenire la violenza
Mario Ghizzardi, "Lacerazione" (©PitturiAmo® APS)
Mario Ghizzardi, “Lacerazione” (©PitturiAmo® APS)

Sebbene il nostro Paese abbia ancora difficoltà a comprenderne il valore, nessuna società potrebbe reggersi senza l’indispensabile lavoro di cura svolto dai caregiver, in larga parte donne. Vi sono, dunque, un’infinità di buoni motivi per nutrire un sentimento di gratitudine nei loro confronti.
La circostanza che la figura del caregiver familiare non sia stata ancora adeguatamente riconosciuta e tutelata dall’ordinamento giuridico italiano espone le donne, gli uomini e talvolta anche i minori che assumono gratuitamente significativi e continuativi impegni di assistenza nei confronti di congiunti/e non autosufficienti ad una sistematica violazione dei loro diritti umani. La stessa violenza sistemica-istituzionale a cui sono soggette anche le persone di cui si curano. Tale violenza va riconosciuta e contrastata con azioni mirate che sappiano accogliere sia le legittime istanze dei/delle caregiver, sia quelle – altrettanto legittime, ma non necessariamente sovrapponibili – delle persone con disabilità. Essendo entrambe queste istanze apprezzabili, possiamo convenire che una buona politica non possa esimersi dall’attribuire ad esse pari attenzione.
L’auspicio è pertanto che il Disegno di Legge che disciplina la figura del caregiver familiare (A.S n. 1461, Disposizioni per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare), fermo in Parlamento da diversi anni, venga approvato al più presto e introduca finalmente tutele adeguate per chi riveste questo importante ruolo. Ma, simultaneamente, l’auspicio è che anche alle persone con disabilità siano forniti supporti e servizi pubblici di assistenza in quantità e qualità tali da mettere le stesse in condizione di scegliere se farsi supportare anche da un/a caregiver, ed eventualmente quali aspetti della propria vita condividere con questa figura. Infatti, se anche quest’ultima istanza non venisse soddisfatta, ciò confliggerebbe con il diritto all’autodeterminazione della persona con disabilità sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e, di fatto, renderebbe il ricorso alle cure del/la caregiver un percorso obbligato per entrambe le parti.

Fatte queste doverose premesse, suscitano preoccupazione i frequenti episodi di omicidi-suicidi attuati dai caregiver e dalle caregiver ai danni di se stessi e della persona con disabilità di cui si curano [nella colonnina qui a fianco, degli “Articoli correlati”, vi è l’elenco dei contributi più recenti dedicati da «Superando.it» a questo tema, N.d.R.]. In particolare, oltre alle vicende in sé, suscita preoccupazione la circostanza che le persone con disabilità possano non essere state coinvolte nei processi decisionali che portano a questi tragici eventi. Preoccupa che il/la caregiver possa agire di propria iniziativa – e senza verificare se la persona con disabilità condivida o meno la sua scelta di morte –, nella convinzione di conoscere meglio della stessa persona con disabilità cosa sia meglio per lei, oppure col proposito di alleviare le sue sofferenze o, ancora, di salvarla dall’istituzionalizzazione, alla quale attribuisce una connotazione di violenza peggiore della morte stessa.
In relazione a questi episodi, rileviamo che nella narrazione pubblica proposta dagli/dalle stessi/e caregiver e dalle loro organizzazioni rappresentative, ma anche da chi opera nel comparto della disabilità e dai media, generalmente non venga in nessun modo fatta rilevare la prospettiva delle persone con disabilità, pur essendo anch’esse vittime della medesima violenza sistemica-istituzionale e, nei casi di omicidi non consensuali, anche di quella arbitrariamente agita dai/dalle caregiver. Una violenza, quest’ultima, aggravata dall’ulteriore circostanza che le persone con disabilità abbiano poche o nulle possibilità di sottrarsi all’arbitrio del/la caregiver. Cosa che suscita nelle stesse persone con disabilità un profondo sentimento di angoscia e terrore.
E tuttavia, di questo sentimento di angoscia e terrore, fatte salve rarissime eccezioni, non vi è traccia nelle narrazioni pubbliche degli eventi in questione, giacché in esse è dato risalto solo alla stanchezza, alla disperazione e allo sfinimento provati dal/la caregiver.
Possiamo osservare che questa postura fornisce una lettura certamente parziale e distorta di tali vicende. Togliere la vita ad una persona che non ha scelto di morire è l’atto più violento che si possa compiere nei confronti di un essere umano, ma questa narrazione fortemente sbilanciata porta a porre sullo stesso piano i suicidi e gli omicidi non consensuali, occultando la maggiore violenza subita dalle persone con disabilità vittime di tali crimini. Questa narrazione porta altresì a veicolare il messaggio che la legittima disperazione provata dal/la caregiver per l’esposizione prolungata alla violenza sistemica-istituzionale subita dalle parti in causa, e/o le sue convinzioni in merito all’istituzionalizzazione, legittimino anche gli omicidi non consensuali delle persone con disabilità. La qual cosa non è in alcun modo accettabile né sotto il profilo umano, né sotto quello giuridico ed etico. In merito a tali considerazioni è fondamentale esplicitare che esse non mirano a mettere in discussione il diritto della persona (anche con disabilità) a prendere libere decisioni anche sui temi del fine vita. Diventa dunque imprescindibile interpretare la presente proposta alla luce di tale distinzione.
È inoltre importante osservare che, verosimilmente, le persone con disabilità vittime di omicidio non consensuale siano state uccise in ragione della loro disabilità, di una modalità di cura paternalistica, e probabilmente anche della convinzione che la dignità di vita della persona con disabilità possa essere adeguatamente tutelata solo nell’àmbito della relazione con il/la caregiver. È dunque importante rilevare e contrastare anche la connotazione abilista di questi terribili crimini.

L’esigenza di provare ad individuare delle regole a cui attenersi nelle comunicazioni pubbliche relative a questi eventi scaturisce quindi dal timore che il tipo di narrazione descritta porti, sia pure in buonafede, ad occultare o sminuire la gravità degli omicidi non consensuali delle persone con disabilità da parte dei/delle caregiver, a normalizzare questi gravissimi crimini e a favorirne l’emulazione.
Nell’elaborare la seguente proposta abbiamo fatto riferimento al paradigma delineato dalla Convenzione ONU (ratificata dall’Italia con la Legge 18/09), e in particolare al diritto alla vita (riconosciuto nell’articolo 10), alla dignità intrinseca e all’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e all’indipendenza delle persone con disabilità (articolo 3), al diritto della persona con disabilità a non essere mai sostituita nei processi decisionali, ma a ricevere, se necessario, appropriati supporti che rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona stessa (articolo 12).

Proposta di regolamentazione delle comunicazioni pubbliche rivolta ai/alle caregiver, a chi opera nel comparto sociale, sanitario e giudiziario/giuridico, ed ai/alle professionisti della comunicazione
Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) chiede che nelle comunicazioni pubbliche relative agli episodi di omicidi-suicidi attuati dai caregiver e dalle caregiver ai danni di se stessi e della persona con disabilità a cui prestano assistenza vengano considerati i seguenti aspetti:
° che sia fatto rilevare che le soggettività coinvolte nei tragici episodi sono due, quella del/la caregiver e quella delle persone con disabilità, che entrambe sono vittime di una violenza sistemica-istituzionale, e che entrambe le loro rappresentanze devono avere voce nella narrazione pubblica di questi eventi;
° che venga esplicitato che la prevenzione di tali eventi possa essere conseguita solo accogliendo simultaneamente sia le legittime istanze dei/delle caregiver, sia quelle – altrettanto legittime, ma non necessariamente sovrapponibili – delle persone con disabilità;
° che, senza mettere in discussione il diritto della persona (anche con disabilità) a prendere libere decisioni anche sui temi del fine vita, ci si disponga a rilevare, per quanto possibile, se l’omicidio della persona con disabilità è stato attuato col suo consenso oppure no;
° che gli omicidi non consensuali e i suicidi non vengano mai messi sullo stesso piano perché i primi rappresentano la più estrema violazione dei diritti umani che si possa compiere nei confronti di un individuo, mentre i secondi, pur essendo gesti terribili, si configurano come atti di disposizione di sé;
° che non rientra tre le prerogative del/la caregiver decidere arbitrariamente della morte della persona di cui si cura, e che l’unica vita di cui può disporre è solo la propria;
° che sia esplicitato che il lavoro di cura svolto dai/dalle caregiver debba sempre essere attuato nei termini di supporto alle decisioni della persona con disabilità e nel rispetto del suo diritto all’autodeterminazione, e mai con modalità sostitutive della sua volontà e delle sue preferenze, e che tale principio si applica a tutte le persone con disabilità, a prescindere dal tipo e dalla gravità della disabilità stessa (come sancito dall’articolo 12 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità);
° che, pur con la consapevolezza che l’istituzionalizzazione sia essa stessa una forma di violenza sistemica-istituzionale che va combattuta in tutti i modi, l’alternativa ad essa non sia, né mai possa essere, l’arbitraria negazione del diritto alla vita della persona con disabilità;
° che la violenza sistemica-istituzionale subita dalle parti non possa mai essere assunta dalla caregiver e dal caregiver per giustificare l’omicidio non consensuale delle persone con disabilità o altre forme di violenza nei loro confronti;
° che quando un omicidio non consensuale è attuato nei confronti di una donna con disabilità sia necessario indagare e far rilevare che il crimine potrebbe essere stato compiuto in ragione della sua disabilità, ma anche del suo genere;
° che le caregiver, i caregiver e le persone con disabilità debbano mettersi insieme per contrastare gli stereotipi e i pregiudizi, purtroppo ancora diffusi, che la vita della persona con disabilità sia tragica ed indegna di essere vissuta;
° che, senza sminuire le innegabili violazioni dei diritti umani cui sono esposti i caregiver, le caregiver e le persone con disabilità, dalla narrazione emerga come il lavoro di cura rappresenti, per i soggetti coinvolti, anche un’occasione di condivisione e di costruzione di relazioni autentiche e profonde, nonché di crescita personale;
° che non vengano mai veicolati messaggi che, anche solo implicitamente, mettano in discussione o in dubbio il diritto alla vita delle persone con disabilità.

Si ringraziano Silvia Cutrera e Nadia Muscialini per il prezioso confronto nella fase preparatoria della Proposta presentata in questo contributo.

Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa).

Coloro che siano interessati a sottoscrivere la Proposta di regolamentazione delle comunicazioni pubbliche sui casi di omicidio-suicidio attuati dai caregiver e dalle caregiver ai danni di se stessi e della persona con disabilità di cui si curano possono farlo – sia come Enti/Gruppi che come singole persone, scrivendo a info@informareunh.it. Nel sito del Centro Informare un’h (a questo link) è anche disponibile l’elenco, in continuo aggiornamento, di coloro che hanno sottoscritto la Proposta.

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