Ho letto con molto interesse e condivisione l’articolo di Fausto Giancaterina intitolato Serve passare dalla frammentazione all’integrazione dei servizi territoriali, pubblicato su queste stesse pagine. Oltre infatti ad evidenziare un’altissima professionalità tecnico-giuridica, si tratta di un contributo pervaso da una passione e da un impegno che infonde nei Lettori un impulso a seguire l’Autore nel suo pressante invito a battersi per l’esigibilità dei diritti delle persone con disabilità. Mi sento quindi sollecitato a proseguire il discorso sulla qualità di vita di queste persone.
Data la continua riduzione di risorse nel mondo della Sanità e il mancato raccordo tra gli interventi sanitari e sociali, che rendono difficile l’esigibilità dei diritti sanciti da molte Leggi, occorre trovare uno strumento giuridico idoneo a realizzare tale esigibilità.
Proprio la Legge 104/92 ci aiuta in tale difficile impresa; essa infatti prevede in più articoli l’utilizzo degli accordi di programma tra gli Enti Locali, la scuola e altri servizi territoriali, finalizzati a passare dalla frammentazione al coordinamento delle risorse, per realizzare una migliore qualità di vita delle persone con disabilità in una logica inclusiva. Questo strumento, infatti, è previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera a della citata Legge 104, finalizzato alla qualità dell’inclusione scolastica, mentre nel successivo articolo 39, vengono riproposti gli accordi di programma per la realizzazione della qualità negli altri àmbiti della vita, tramite appunto il coordinamento dei servizi territoriali.
Successivamente, in modo più esplicito, l’articolo 19 della Legge 328/00 ripropone gli accordi di programma per facilitare il progetto di vita individuale delle persone con disabilità, previsto dall’articolo 14 della stessa legge, mentre l’articolo 6 prevede che alla stipula degli accordi di programma possano partecipare pure i soggetti del Terzo Settore coprogrammando e coprogettando interventi promossi dagli Enti Locali, proprio a sostegno di una migliore qualità della vita delle persone con disabilità.
I termini coprogrammazione e coprogettazione ricorrono inoltre nell’articolo 51 del Decreto Legislativo 117/17, che ha introdotto il Codice del Terzo Settore.
Gli accordi di programma, infine, sono oggi normativamente regolati dal Testo Unico sugli Enti Locali, all’articolo 34 del Decreto Legislativo 267/00.
Ma cosa sono gli accordi di programma? Sono accordi di diritto pubblico promossi rispettivamente dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni, per la realizzazione di un progetto di interesse generale, a seconda degli àmbiti territoriali in cui si vuole che essi operino. L’iniziativa deve partire da uno degli Enti di cui sopra tramite l’indizione di una Conferenza dei Servizi alla quale vengono invitati tutti i soggetti pubblici, privati e del Terzo Settore, che l’Ente Territoriale ritiene necessari o utili per la realizzazione di un obiettivo, nel nostro caso il progetto di vita delle persone con disabilità. Ovviamente gli Enti Pubblici convocati si impegneranno finanziariamente secondo le norme che prevedono l’erogazione di fondi per contribuire al funzionamento di servizi previsti a loro carico per legge. Dal canto loro, i soggetti privati e quelli del Terzo Settore parteciperanno secondo la loro volontà di contribuire al progetto di vita.
Quasi segnatamente, tra tali soggetti del Terzo Settore hanno un ruolo importante le Associazioni o le Federazioni di persone con disabilità. Anzi, normalmente, sono esse ad avanzare la richiesta agli Enti Territoriali per l’avvio della stipula degli accordi di programma. Quindi le Associazioni stesse, che conoscono i bisogni dei propri iscritti, sono quelle che possono meglio rappresentare le necessità degli stessi e quindi avanzare le proposte più idonee a soddisfare tali bisogni vitali.
È per altro importante che i contenuti degli accordi siano formulati in modo chiaro e dettagliato, al fine di evitare la genericità degli impegni che ciascuna parte stipulante assume.
Gli accordi prevedono la creazione di un Collegio di Vigilanza, composto da rappresentanti delle parti pubbliche stipulanti, che vigila appunto sull’esatto adempimento degli obblighi assunti da ciascuno. A tale Collegio l’accordo può affidare pure il potere di “interventi sostitutivi”, cioè, in caso di inadempienza da parte di un sottoscrittore, esso può nominare un commissario che ponga in essere le prestazioni mancate, anche spiccando ordini di pagamento sui fondi che la parte inadempiente si era impegnata a spendere. Pertanto l’accordo deve prevedere anche l’ammontare degli interventi finanziari di ciascuna parte, finalizzati a tale scopo sul proprio bilancio.
Gli accordi di programma per l’inclusione scolastica hanno avuto una grande diffusione, specie al Nord Italia, durante gli Anni Novanta e nei primi Anni 2000. Molti di essi sono stati ripetutamente rinnovati al termine del periodo previsto e sono tuttora in vigore.
Nel nostro caso del progetto di vita, potrebbero stipularsi accordi a livello regionale che fissino per larghe linee, oltre alle finalità, anche i servizi che ciascuna parte sottoscrive. Poi si stipulano accordi a livello comunale o di àmbito territoriale molto dettagliati, con l’indicazione dei diversi servizi e il corrispondente fondo messo a disposizione da ciascuna parte. In tal modo, qualora si vogliano assegnare al Collegio di Vigilanza anche i “poteri sostitutivi”, si evitano le lungaggini dovute ai contenziosi giurisdizionali, risolvendo le controversie in modo più rapido e diretto.
Con questa normativa penso che quanto fortemente richiesto da Fausto Giancaterina, cioè il superamento della frammentazione dei differenti servizi e la realizzazione di un coordinamento degli stessi, potrebbe più agevolmente realizzarsi con soddisfazione di tutti, specie delle persone con disabilità.
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