Si è tenuto alla fine di marzo a Monza, il congresso del COFACE, la Confederazione Europea delle Associazioni di Familiari Assistenti, con ben cinquanta delegati provenienti da Belgio, Repubblica Ceca, Spagna, Francia, Germania, Irlanda, Bulgaria, Grecia, Croazia, Slovenia, Portogallo, Lussemburgo, Lituania e Polonia. A rappresentare il nostro Paese sono state l’AIAS di Monza, l’Associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti e l’Associazione Clelia [se ne legga anche la nostra presentazione, N.d.R.].
Nella prima parte del congresso, ad illustrare l’impianto normativo che regola la scuola per gli studenti e le studentesse con disabilità italiani, che i presenti stranieri hanno trovato interessante, seppure complicato, difficile e lungo da assimilare, è stato Giuseppe Arconzo, docente associato di Diritto Costituzionale e delegato del Rettore per la Disabilità e i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) nell’Università degli Studi di Milano.
Successivamente, la neuropsichiatra Renata Nacinovich, docente all’Università di Milano Bicocca e responsabile del Reparto di Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza all’Ospedale San Gerardo di Monza, ha illustrato le iniziative attuate nei confronti dei bambini in carico a tale reparto, mentre a ricapitolare l’attuale situazione delle nostre scuole, soffermandosi in particolare sul potenziamento del docente di sostegno, è stato il dirigente scolastico dell’IC Raiberti di Monza Antonio Prizio che, con molta competenza, ha affrescato il panorama ideale basato su norme e prassi del nostro sistema scolastico.
Infine, Kamil Goungor, bulgaro residente in Grecia, rappresentante di ENIL, la rete europea sulla vita indipendente, ha centrato il proprio intervento sulla vita indipendente stessa e sulla mobilità delle persone con disabilità.
Nella seconda parte dell’incontro, Cristian Fiora, golfista titolato che nell’AIAS di Monza si occupa di un progetto di golf-terapia, ha spiegato come questa consenta a numerosi ragazzi con ogni forma di disabilità di fare sport, riempiendo un tempo che altrimenti sarebbe vuoto per coloro che abbiano assolto l’obbligo scolastico e non possono lavorare.
È stata questa l’anteprima di una serie di interessanti contributi portati da relatori stranieri, presentati con una certa verve sonora, ciò che risulta certamente importante per chi è cieco o ipovedente, favorito da un tono della voce e da un andamento mai monocorde del parlato.
Appassionato, innanzitutto, è stato l’intervento di Gonzalo Solla della Fondazione Liga (Portogallo) le cui parole si possono riassumere con l’assunto che «prima di tutto bisogna agire con amore, perché abbiamo di fronte persone» e prima ancora di tutte le leggi, le prassi e i tecnicismi, «dobbiamo impegnarci per realizzare davvero una società inclusiva, obiettivo che tutti, anche chi non abbia una cultura specializzata, devono perseguire».
Dal canto suo, Femke Houbrechts, coach per l’innovazione sociale e l’educazione in Belgio, ha illustrato il progetto Brake-out, che in varie città del Paese forma squadre di volontari per l’inclusione e a seguire Natalia Beraza, responsabile della Federazione spagnola FIAPAS, ha proposto un interessante intervento sugli alunni e le persone sorde.
La sessione successiva, sul tema Cosa sta facendo l’Europa per l’educazione inclusiva?, ha potuto contare sulla partecipazione di Antonella Mangiaracina, responsabile dell’European Agency for Special Needs and Education, organizzazione indipendente che funge da piattaforma di collaborazione per i Ministeri dell’Istruzione nei Paesi Membri (naturalmente anche quello italiano); Eugenia Casariego Artola di European Schoolnet, che sostiene aa livello continentale gli organismi istituzionali e le varie parti interessate dell’istruzione in Europa nella trasformazione dei processi educativi per le società digitalizzate del Ventunesimo Secolo, supportando in particolare l’integrazione delle pratiche di insegnamento e apprendimento, in linea con gli standard e le aspettative di questa epoca per l’istruzione di tutti gli studenti, guardando soprattutto alle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione e alla digitalizzazione; Caroline Meyers dal Belgio has trattato il tema della cooperazione transanazionale e della gestione di conoscenze applicate alle Direttive Europee; infine, Alvaro Couceiro esperto sulle politiche dell’Unione Europea relative all’occupazione e alla protezione sociale per le persone con disabilità, al costo della vita e alla Strategia Europea sulla Disabilità, ha presentato una propria ricerca riguardante i cosiddetti “accomodamenti ragionevoli”, le tecnologie assistive e le competenze digitali in riferimento all’occupazione delle persone con disabilità nell’Unione.
La chiusura del congresso è stata affidata a Gaetano Santonocito, presidente dell’AIAS di Monza e ad Annemie Drieskens, presidente del COFACE.
La giornata è stata gestita splendidamente dagli operatori dell’AIAS e del COFACE (Camille Roux ed Elizabeth Gosme), con la traduzione simultanea in cuffia per cui chiunque ha potuto seguire, pur mancando i sottotitoli, ciò che va purtroppo rilevato. Un ringraziamento particolare va al presidente dell’AIAS brianzola Santonocito, per gli splendidi onori di casa, se è vero che nel materiale consegnato ad ogni partecipante vi era persino la pianta della città, insieme a un grembiule dedicato al progetto Slow Food della stessa AIAS, con tanto di interessante ricettario!
L’importanza e la modernità dell’evento e dei contenuti affrontati stride però con il fatto che esso non abbia potuto essere seguito da remoto, dati i pochi posti disponibili in presenza (150) e che non sia stato possibile avere una registrazione da diffondere successivamente.
Stride ancora l’assenza della ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, invitata e presente anche sulle locandine dell’evento, ma che non ha provveduto ad inviare nessuno dal proprio staff. E stride infine l’assenza di qualunque esponente del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Nemmeno l’Ufficio Scolastico Provinciale ha risposto all’invito.
Abbastanza spiazzanti i commenti in sala: da chi diceva che quanto illustrato sul sistema italiano non rappresenta gli standard europei specie per l’inclusione, in particolare per quanto accade nel mondo dopo la scuola, alle osservazioni su un sistema normativo scolastico certamente interessante, dal momento che continuiamo ad essere l’unico Paese Europeo che ha abolito per legge le “scuole speciali”, pur di fatto sopravvivendo queste ultime grazie a un cavillo normativo, e siamo anche il Paese in cui gli studenti con disabilità certificata vanno nelle scuole pubbliche, con docenti assegnati. Un sistema, però, che è stato ritenuto anche troppo “pesante” e complicato, rilievi cui non si è saputo dare risposta. La divaricazione, infatti, tra il modello italiano ideale e l’applicazione di esso nella realtà delle scuole è nota a chiunque, pur essendovi chi lo ammette e chi invece lo nega.
Il problema è che a forza di presentare modelli non corrispondenti alla realtà, il rischio è quello di essere etichettati – meritatamente – da bugiardi. Torna alla mente, a tal proposito, quando accaduto proprio qualche giorno prima del congresso di Monza, con un ragazzino del Veneto bullizzato per le proprie cicatrici, conseguenti ad un incidente, e rifiutato dalla nuova scuola dove i genitori avrebbero voluto iscriverlo, vicenda che ha scatenato tutti i vertici istituzionali, con la richiesta di invio di ispettori ministeriali. Oppure la sconcertante notizia della studentessa con sindrome di Down di Bologna cui è stato impedito di accedere al diploma, come imposto dalla sua scuola, senza accogliere il volere della famiglia, come vorrebbe la normativa. Senza contare che siamo un Paese il cui patrimonio di edifici scolastici (più di 42.000, in base al rapporto annuale di Cittadinanzattiva) presenta barriere nel 66% dei casi, per cui gli studenti con disabilità certificata non possono andare in palestra, alla mensa e ai laboratori. Né è il caso di soffermarsi troppo su cosa sia la vita dopo l’obbligo scolastico per le persone con disabilità in Italia.
L’Europa ha standard, direttive e orientamenti che l’Italia fatica a seguire, anche a causa di un impianto normativo spesso ridondante. Forse grazie alla rete COFACE potremo avere un prezioso contributo per adeguarci e colmare i vari gap.
Per ogni ulteriore informazione e approfondimento sul congresso di Monza, si può scrivere (anche in italiano), a: secretariat@coface-eu.org.