Per far sì che le istanze delle donne con disabilità non si concretizzino in percorsi separati e poco inclusivi, è fondamentale che tali istanze siano integrate sia nelle politiche per le pari opportunità di genere, sia in quelle che riguardano le persone con disabilità. Pertanto, va certamente letto nella prospettiva dell’inclusione nelle politiche per le pari opportunità di genere, l’accoglimento delle istanze delle donne con disabilità nel secondo Rapporto Ombra delle organizzazioni femminili italiane per il GREVIO, l’organo indipendente preposto a verificare l’attuazione della Convenzione di Istanbul, ovvero la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (ratificata dall’Italia con la Legge 77/13), Rapporto Ombra disponibile, in lingua inglese, a questo link.
Realizzato con il coordinamento di D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), e a cura di Elena Biaggioni e Claudia Pividori, nella sostanza il Rapporto Ombra delle prganizzazioni femminili non fa altro che recepire gli elementi più significativi dell’ultimo Rapporto Ombra elaborato dal FID (Forum Italiano sulla Disabilità), anch’esso già trasmesso al GREVIO nei giorni scorsi (a questo link è disponibile la versione italiana, mentre a quest’altro link è pubblicato un approfondimento sullo stesso). E infatti tra i nominativi di coloro che hanno contribuito al Rapporto Ombra delle Organizzazioni femminili vi sono anche diverse esponenti del FID, vale a dire Donata Pagetti Vivanti, Silvia Cutrera e Luisa Bosisio Fazzi.
Nel complesso la situazione descritta nel Rapporto delle organizzazioni femminili è abbastanza sconfortante. Infatti, già nell’introduzione è fatto rilevare come, nonostante un ampio quadro giuridico, il sistema italiano ostacoli l’accesso alla giustizia alle donne sopravvissute alla violenza di genere e alla violenza domestica. Non esistono meccanismi per valutare l’efficacia della legislazione italiana. L’insieme di regole e meccanismi in atto non riesce ad affrontare il sessismo profondamente radicato che colpisce la condizione delle donne in generale, e di coloro che sono esposte alla violenza di genere in particolare. La prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne sono escluse sia dalla Strategia Nazionale per la Parità di Genere 2021-2026, sia dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Si tratta di una decisione che confina i diritti delle donne, incluso quello di vivere una vita senza violenza, a politiche e azioni che non sono integrate nelle strategie e nei programmi economici, sociali e culturali che regolano la vita nel Paese. Inoltre, vi è una crescente tendenza a reinterpretare e ridefinire le politiche di parità di genere in termini di politiche familiari e di maternità. In altre parole, il principio di uguaglianza non è pienamente integrato nell’azione governativa come componente essenziale e indispensabile nell’attuazione di ogni politica.
E se ciò è vero per tutte le donne, le ragazze e le donne con disabilità devono fare fronte ad ulteriori difficoltà. Infatti sebbene il Piano Strategico Nazionale sulla Violenza Maschile contro le Donne 2021-2023 includa alcuni riferimenti specifici alla loro condizione mai considerati prima, tuttavia in esso sono richieste procedure di attuazione per un prossimo piano che finora non è stato presentato. Per attuare tale Piano, infatti, mancano azioni concrete quali l’identificazione dei gruppi più vulnerabili; azioni per fare emergere e contrastare la violenza contro le donne vittime di discriminazioni multiple; campagne di sensibilizzazione rivolte a categorie fragili, come le donne anziane e le donne con disabilità, vittime di violenza di genere.
Finora non sono stati assunti chiari impegni specifici, si legge ancora nel Rapporto Ombra, né sono state fornite indicazioni operative sia a livello nazionale che regionale in merito ad azioni di sensibilizzazione rivolte a gruppi fragili (come le donne con disabilità) vittime di violenza di genere, ma che intendono emanciparsi.
Per quanto riguarda le strutture di sostegno e assistenza, viene sottolineata la loro inaccessibilità fisica e culturale alle donne e alle ragazze con disabilità. Le eventuali campagne di sensibilizzazione e prevenzione non sono rivolte alle ragazze e alle donne con disabilità, in particolare a quelle con disabilità intellettive e/o psicosociali. Non ci sono informazioni fornite in formato “facile da leggere” o “facile da capire” e nessun riferimento in video, spot e/o comunicazioni scritte riguardanti situazioni che possano coinvolgere ragazze o donne con disabilità sensoriali, fisiche, intellettive e/o psicosociali.
Nemmeno le ragazze e le donne con disabilità sensoriali beneficiano di queste campagne, perché non sono supportate con linguaggi e strumenti appropriati per loro (linguaggio dei segni, sottotitoli, descrizioni audio, formato Braille ecc.). Mancano misure concrete per il coordinamento tra il servizio pubblico di assistenza 1522, i Centri Antiviolenza, i rifugi, le forze dell’ordine, le reti territoriali e il sistema giudiziario a sostegno delle donne con disabilità, quando queste si rivolgono al servizio in questione. Tra i requisiti minimi richiesti ai Centri Antiviolenza e alle case rifugio non è inclusa l’“accessibilità” degli stessi, con la conseguenza che alle donne con disabilità potrebbe non essere garantito un accesso adeguato a tali servizi di protezione. Inoltre, mancano riferimenti alle donne con disabilità nell’Asse Perseguire e punire del già menzionato Piano Strategico Nazionale sulla Violenza Maschile contro le Donne 2021-2023, che comprende l’intero settore dell’“accesso alla giustizia”, un settore in cui le donne con disabilità sono spesso discriminate ed esposte a vittimizzazione secondaria.
Sempre nel citato Piano Strategico Nazionale 2021-2023 è stata stabilita la necessità di presidiare l’attuazione di esso considerando la trasversalità di alcune tematiche, quali la disabilità e l’immigrazione, nell’Asse Assistenza e Promozione. Ma le riunioni utili a tal fine, che dovevano svolgersi ogni sei mesi, non sono ancora state attivate.
In materia di governance del Piano Strategico Nazionale, è osservato come i lavori e i pareri eventualmente espressi dal Comitato Tecnico-Scientifico che supporta il Comitato Direttivo Nazionale non sono resi pubblici. Inoltre, nessuna organizzazione non governativa che rappresenta le donne o le persone con disabilità fa parte del Comitato Tecnico-Scientifico, in palese contrasto con le disposizioni contenute nel Commento Generale n. 7 sulla partecipazione delle persone con disabilità del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Va ancora rilevato che l’attuazione del Piano Strategico Nazionale è delegata al livello regionale di governance, ma solo pochi piani regionali menzionano la discriminazione intersezionale. Le disparità tra le Regioni creano disuguaglianze e discriminazioni su base territoriale, soprattutto per le donne esposte a forme di violenza e discriminazione multiple e/o intersezionali, come le ragazze e le donne con disabilità.
Per quel che poi riguarda le risorse finanziarie, è rilevato che non sono previsti fondi specifici per il coordinamento o per azioni a favore delle donne e delle ragazze con disabilità.
Ulteriormente si rileva come, nel suo complesso, la raccolta dei dati sul fenomeno della violenza di genere da parte delle Istituzioni sia stata condotta in modo estemporaneo, e non sia stata ancora avviata una raccolta sistematica dei dati da parte di importanti fonti istituzionali in campo sanitario, legale e sociale. A ciò si aggiunga che la Legge 53/22 (Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere) prevede che i dati raccolti siano disaggregati per la variabile del genere, ma non per la disabilità.
La mancanza di dati sulla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità è rimarcata con molta chiarezza. Ricerche specifiche su questo fenomeno sono state condotte solo da organizzazioni femminili e da organizzazioni di donne con disabilità. La carenza di dati, statistiche e ricerche sulle donne con disabilità non evidenzia la discriminazione intersezionale che le ragazze e le donne con disabilità subiscono in tutti gli àmbiti della loro vita, ciò ha come conseguenza che non siano adottate politiche efficaci, né adeguate misure legislative di protezione contro la violenza e gli abusi.
Nel campo della violenza e degli abusi, le statistiche disponibili non riportano ancora dati sulle ragazze e le donne con disabilità. A tal proposito, nel Rapporto Ombra vengono suggerite le seguenti azioni:
° Promuovere ulteriormente e attuare la raccolta di dati sul fenomeno della violenza e fornire statistiche sulla violenza di genere nei confronti delle donne e sulle ragazze con disabilità intellettive o psicosociali, su coloro che vivono in istituti e sugli interventi di sterilizzazione forzata.
° Raccogliere dati sull’accessibilità dei Centri Antiviolenza e delle case rifugio, per abbattere le varie barriere esistenti per le donne con disabilità nell’accesso ai servizi, che perpetuano una situazione di discriminazione.
° Sviluppare indagini sistematiche e studi di ricerca sulle discriminazioni intersezionali che colpiscono le donne e le ragazze con disabilità, sulla loro partecipazione alla vita sociale e sul loro accesso alle pari opportunità in tutti gli ambiti della vita.
° Promuovere una nuova indagine demografica aggiornata che raccolga dati disaggregati per il genere e la disabilità al fine di descrivere il fenomeno della violenza contro le donne con disabilità e attuare politiche e programmi mirati a tale scopo.
L’ultimo importante riferimento esplicito alle donne con disabilità contenuto nel Rapporto Ombra riguarda la vittimizzazione secondaria a cui sono esposte. Infatti, nei casi di donne con disabilità che hanno denunciato la violenza, si riscontrano ulteriori discriminazioni durante i procedimenti di affidamento dei minori, anche a seguito di una denuncia formale. Le donne con disabilità sono spesso sottoposte a valutazioni delle loro capacità genitoriali, senza tenere conto della condizione di disabilità, utilizzando invece parametri standard in modo indifferenziato con conseguenti risultati negativi.
Le donne con disabilità che si rivolgono ai Servizi Antiviolenza hanno spesso difficoltà cognitive o intellettive e psichiatriche, ma queste non vengono tenute in debita considerazione dalle Istituzioni che dovrebbero fornire loro il supporto necessario per esercitare al meglio il ruolo di madre, tenendo con sé i propri figli (se ne legga a questo link). Sebbene le donne con disabilità siano tra le vittime di violenza di genere più esposte alla vittimizzazione secondaria, anche riguardo al loro ruolo di madri, nella recente Relazione intitolata La vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale, approvata dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul femminicidio nell’aprile 2022, le donne con disabilità sono completamente e gravemente ignorate (se ne legga a questo link).
Sono dunque molteplici i riferimenti specifici alle donne con disabilità contenuti nel Rapporto Ombra in tema di violenza di genere delle organizzazioni femminili italiane. Un chiaro indicatore che una parte significativa dei soggetti della società civile impegnati nel contrasto alla violenza contro le donne intende muoversi in una prospettiva inclusiva.
Per approfondire ulteriormente, si faccia riferimento alle seguenti Sezioni presenti nel sito del Centro Informare un’h: Dossier – Convenzione di Istanbul e donne con disabilità, La violenza nei confronti delle donne con disabilità e Donne con disabilità.