«La sfida di oggi e di domani per garantire il benessere delle persone autistiche consiste nel cercare di scorgere le peculiarità e le abilità di ciascuno. A cambiare dev’essere il contesto, la società, il nostro modo di pensare. In altre parole, le persone autistiche devono essere incluse e cioè valorizzate come risorse, coinvolte quale parte attiva protagonista del progetto di vita e di percorsi di inclusione lavorativa»: così lo psichiatra e docente universitario Pierluigi Politi ha concluso il proprio intervento nel corso del convegno Cambiare approccio sui disturbi dello spettro autistico in età adulta, organizzato dal Dipartimento di Salute Mentale, Disabilità e Dipendenze dell’ASST (Azienda Socio Sanitaria Territoriale) di Crema, (Cremona) appuntamento voluto da Virginio Salvi, direttore del Dipartimento organizzatore.
«Momenti di confronto su temi di così stretta attualità – ha dichiarato Ida Ramponi, direttrice generale dell’ASST di Crema – sono di fondamentale importanza. La presa in carico della persona autistica in età adulta richiede una stretta integrazione tra comparto sociale e sanitario, affinché le persone e le famiglie non si sentano sole e anzi possano trovare spazio nella collettività».
All’incontro è intervenuto anche il sindaco di Crema Fabio Bergamaschi, che ha sottolineato come «le diagnosi di disturbo dello spettro autistico siano in aumento. Porre quindi sotto la lente di ingrandimento una fragilità ci consente di riflettere e di comprendere come agire. Tutti. Di spendere energie al fine di garantire una piena integrazione tra sociale e sanitario».
Dal canto suo l’assessore al Welfare del Comune di Crema Anastasie Musumary ha voluto ricordare come «inclusione sia assicurare ad ogni persona mezzi e contesti adeguati alla piena realizzazione di sé. Dobbiamo pertanto agire, tutti, insieme, come comunità, per includere. Ogni giorno, e non solo in situazioni emergenziali. È dovere del servizio sociale pianificare, per garantire benessere».
Più volte è emerso durante il convegno il rilievo di uno scatto da fare prima di tutto culturale, nonché della necessità di abbandonare definitivamente i paradigmi della medicina di un tempo. «La storia siamo noi – ha affermato a tal proposito Politi – e la storia insegna che si può cambiare, anzi che si deve cambiare. Che si deve avanzare. Siamo passati da tempi in cui la persona autistica era valutata come schizofrenica a giorni in cui si è compreso che è corretto parlare di disturbi dello spettro autistico. Di strada da fare ne resta molta, l’approccio giusto per le giovani generazioni sta nel non stancarsi mai di apprendere dall’esperienza. Di ascoltare le persone autistiche, osservarle e imparare. Dobbiamo quindi cambiare prospettiva: non focalizzandoci su ciò che manca, sui deficit, ma su quelle abilità che rendono uniche le persone».
A Marta Nola e Natascia Brondino, rispettivamente assegnista di ricerca e docente associata all’Università di Pavia, è stato affidato il compito di descrivere gli strumenti per l’inquadramento diagnostico e la diagnosi differenziale con altri disturbi mentali, mentre nella sessione conclusiva, moderata da Cinzia Sacchelli, l’attenzione è stata centrata sulla costruzione del progetto terapeutico e sulla terapia farmacologica. (S.B.)
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