Filippo e Giulia, un duo musicale che scardina i pregiudizi

di Stefania Delendati*
Filippo Visentin è un pianista cieco, Giulia Mazza una violoncellista sorda ed entrambi convivono fin da piccoli con la loro disabilità. Il destino li ha accomunati in un’avventura che li vede esibirsi come duo che definiscono “insolito”, un duo che scardina i pregiudizi, basato soprattutto sulla fiducia reciproca. «La collaborazione tra noi - dice Giulia -, colma le lacune e l’obiettivo diventa comune». «Poter suonare insieme - aggiunge Filippo -, nonostante le difficoltà date dalle nostre disabilità, dimostra che la musica trova sempre la forza di travalicare i confini, anche i più impervi»
Giulia Mazza e Filippo Visentin
Giulia Mazza e Filippo Visentin

Sono cresciuti assieme alla musica, ancora compagna di viaggio nei progetti che li vedono coinvolti singolarmente e insieme. Filippo Visentin è un pianista cieco, Giulia Mazza una violoncellista sorda, entrambi convivono fin da piccoli con la loro disabilità, il destino da pochi mesi li ha accomunati in un’avventura che li vede esibirsi come duo che autodefiniscono “insolito”.
Lui al pianoforte e lei al violoncello hanno debuttato in questo mese di giugno al Golf Club di Asolo (Treviso), il primo concerto di quello che si augurano possa diventare un tour. «Stiamo preparando un repertorio classico e pop che ci piacerebbe portare in giro per l’Italia, sia come testimonianza musicale, ma anche e soprattutto di vita – dice Filippo -. Abbiamo appena iniziato, ma è proprio al principio che bisogna sognare in grande, porsi degli obiettivi ambiziosi che danno la giusta carica!».

Il loro è un incontro che scardina i pregiudizi, le loro biografie sono un calcio agli stereotipi. Prendiamo Giulia. Inutile il paragone con Beethoven, il celeberrimo compositore era sì sordo, ma perse l’udito da adulto, mentre Giulia ha una sordità profonda dalla nascita e all’età di un anno ha subito un intervento al cuore. Aveva appena otto mesi quando ha indossato per la prima volta le protesi acustiche.
Far parte di una famiglia nella quale suonare è sempre stato di casa (nonna docente di conservatorio, mamma pianista) l’ha stimolata a tirare fuori il meglio: «Mi sono avvicinata alla musica all’età di tre anni perché fui iscritta a una scuola privata di musica che si basava sul Metodo Willems, molto valido nell’educazione musicale per i bambini. Fu una musicoterapeuta di Bergamo, Giulia Cremaschi Trovesi, ad affermare ai miei genitori l’utilità della musica in caso di sordità».
La mamma ha voluto fin da subito che fosse inclusa in scuole per tutti, non ha scelto la strada degli istituti “speciali” per sordi; di pari passo con la logopedia, la musica è stata la “maestra” che le ha insegnato a parlare, anche se all’inizio non pensava che intorno a quella passione avrebbe costruito una carriera.
A 6 anni l’incontro fatale con il violoncello, l’emozione di pizzicare le corde e l’ascolto delle sensazioni che arrivavano al fisico. La forza di volontà unita alle straordinarie capacità di adattamento del corpo umano l’hanno portata a diventare un’eccellente violoncellista. Pochi sanno, infatti, che il nostro corpo funziona come una cassa armonica, è sufficiente appoggiare una mano su una superficie che conduce il suono e si apre un canale che “sostituisce” le frequenze che normalmente arrivano alle orecchie.
Le sette note fanno parte di lei, scrive sulla sua pagina Facebook ufficiale, dove la seguono quasi seimila persone: «Mi rendo conto che tutte le mie tensioni, paure, insicurezze, si sono riflesse nella musica, nel mio modo di eseguire. È una sfida continua, quella con se stessi, nel cercare di superare i propri limiti».
Oggi Giulia indossa apparecchi acustici di ultima generazione che le hanno permesso di ricominciare a sentirsi suonare, dopo un periodo di silenzio provocato dagli acufeni e ha ideato un modo per comprendere l’intonazione sul violoncello: «Il Braille-Cello è una mia invenzione, una tipologia di tasti in rilievo sulla tastiera, in modo che io possa regolarmi nell’intonazione sulla base della percezione tattile, visto che l’udito non mi è sufficiente». I “bottoncini” di legno che il liutaio le ha incollato nei punti in cui si trovano le note giuste la stanno aiutando a sviluppare la precisa consapevolezza dell’altezza dei suoni.

Il Braille è proprio nel suo destino, visto che pochi mesi dopo l’invenzione di questo sistema Giulia ha conosciuto Filippo Visentin, pianista non vedente che come lei vive e lavora a Padova.
Anche per lui il primo incontro con la musica è avvenuto da piccolo; ha fatto correre le mani su una tastiera all’età di 5 anni, all’asilo; in prima elementare ha iniziato con un insegnante non vedente lo studio del pianoforte e della segnografia Braille.
Il Braille non è forse superato dalla tecnologia? La commistione tra vecchi e nuovi strumenti per Filippo è la soluzione ideale per musicisti con problemi alla vista: «Avere una buona padronanza del Braille significa poter leggere fin nei minimi dettagli una partitura, al pari di chi vede. Certo, oggi esistono applicazioni in grado di riprodurre una melodia, di rallentarla o velocizzarla, così come esistono tantissimi video e tutorial su YouTube; sono strumenti utilissimi, in grado di fornire un aiuto a chi non conosce il Braille, perché ipovedente o perché divenuto cieco in età adulta. L’ideale, a mio modesto parere, è sempre quello di servirci di più mezzi, così da poter accedere anche a quella musica, soprattutto moderna e pop, per la quale risulta pressoché impossibile trovare partiture trascritte in Braille».
Stevie Wonder, Ray Charles… a torto o a ragione si pensa che le persone non vedenti siano tutte potenziali grandi musicisti. «È questo il pregiudizio che ho incontrato più di frequente», scherza Filippo, diplomato in pianoforte jazz presso il Conservatorio Pollini di Padova. Nella sua storia la musica è sinonimo di rinascita: «Anni fa sono stato vittima di un bruttissimo incidente stradale che, oltre a tenermi lontano dal pianoforte per molti mesi, mi ha costretto, a causa di una lesione del nervo sciatico, a modificare, non senza difficoltà, la mia postura sullo strumento, oltre a dover ridurre, per via del dolore, le mie ore di studio giornaliero. La musica è la mia vita ed è in essa che ho sempre cercato la forza per superare anche i momenti più difficili. Il risultato è stato quello di poter tornare nuovamente ad esibirmi in pubblico, ma soprattutto di poter registrare Promenade, un CD per piano solo uscito alla fine dello scorso anno per l’etichetta BlueSerge, una sorta di passeggiata musicale, tra romanticismo e impressionismo».

La prima esibizione in pubblico di Filippo e Giulia è stata organizzata a scopo benefico per sostenere il progetto 6 InSuperAbile – Includi e supera le abilità, che unisce Associazioni e imprese della Pedemontana trevigiana per coinvolgere le persone con disabilità attraverso lo sport.
Il concerto, al quale ha assistito anche il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, è stato l’ennesima prova di come la musica riesce a seguire traiettorie inaspettate per abbattere le barriere. La comunicazione tra loro è un gioco di “equilibrismo”, come spiega Giulia: «Durante le prove ci compensiamo in quello che ci manca, perché Filippo mi aiuta con l’udito e io lo aiuto con la vista, ad esempio lui sente bene se faccio le note giuste o sbagliate, se faccio il tempo giusto e mi guida un po’ anche nell’espressione da dare al brano musicale. A volte, se non troviamo uno spartito, lui ascolta il brano su YouTube, poi mi suona la melodia al pianoforte, così io guardo e imparo le note».
Un’esperienza che sta arricchendo entrambi: «Credo che sia un ottimo esempio di come dovrebbe funzionare la collaborazione, ognuno ha qualcosa e ad ognuno manca qualcosa – prosegue la violoncellista -. L’atteggiamento competitivo ci pone davanti a un obiettivo come se dovessimo gareggiare a chi è il più bravo, a chi ha di più; la collaborazione, invece, colma le lacune e l’obiettivo diventa comune».
«Ciò che caratterizza il nostro rapporto musicale, oltre alla stima, è la fiducia reciproca – conferma Filippo -. Poter suonare insieme, seppure con le difficoltà che le nostre disabilità ci impongono è la dimostrazione che la musica, linguaggio universale per eccellenza, trova sempre la forza di travalicare i confini, anche i più impervi».

Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Filippo e Giulia, il duo musicale a cui non manca più niente”). Viene qui ripreso, con alcune modifiche e riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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