Finalmente il 27 giugno scorso è stata convocata a distanza la prima riunione, dall’inizio della nuova Legislatura, dell’Osservatorio Scolastico sull’Inclusione del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
In apertura il ministro Valditara ha comunicato che verranno avviati dei tavoli di lavoro per affrontare i numerosi problemi normativi fin qui irrisolti.
In Italia i maligni dicono che quando si vuole rinviare la soluzione di un problema, si istituiscono delle commissioni, anche con molti membri. A questo detto malevolo se ne affianca uno analogo, però più ironico, e cioè che una commissione, per lavorare bene e rapidamente, deve essere composta da un numero dispari di membri, possibilmente pochi e preferibilmente meno di tre.
Di fronte a queste suggestioni di taglio “disfattista”, ho invece buone attese su questa comunicazione, perché tutti, tra le Associazioni e il Ministero, siamo convinti che i problemi normativi ci siano, che siano urgenti e che da troppo tempo, quasi un anno, non vengano ripresi in esame. E proprio perché ci credo, mi permetto di prospettare alcuni possibili tavoli con i temi da trattare.
Ovviamente si tratta di una proposta personale che, qualora venisse presa in considerazione, dovrà passare prima al vaglio delle Associazioni, dell’Osservatorio e del Ministero.
Ecco dunque l’ipotesi che ha come criterio quello dell’urgenza di tutti i temi da trattare in contemporanea, elencati senza ordine di priorità di importanza:
1. Revisione del Decreto istitutivo dell’Osservatorio, prevedendo la presenza permanente di tavoli di lavoro, rivedendo in parallelo il regolamento interno per il funzionamento dell’Osservatorio stesso.
2. Formulazione del profilo nazionale degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione di cui all’articolo 3 del Decreto Legislativo 66/17 e chiarimenti definitivi sui compiti dei collaboratori e collaboratrici scolastiche per l’assistenza igienica degli alunni e delle alunne con disabilità, tema sul quale mi sono soffermato in un mio precedente contributo, pubblicato su queste stesse pagine.
3. Valutazione della qualità dell’inclusione scolastica realizzata nelle singole classi e nelle singole scuole di cui all’articolo 4 del citato Decreto 66/17, con riguardo pure al PAI (Piano Annuale per l’Inclusione) di cui all’articolo 8 dello stesso Decreto.
4. Completamento della normativa sul Profilo di Funzionamento di cui all’articolo 5 del Decreto Legislativo 66/17.
5. Progetto di vita degli alunni e delle alunne con disabilità, di cui all’articolo 6 del Decreto 66/17, con particolare riguardo ai nuovi modelli di PEI (Piano Educativo Individualizzato), alla prosecuzione degli studi universitari o all’inserimento lavorativo.
6. Formazione iniziale sulla pedagogia e la didattica inclusiva di tutto il personale scolastico, direttivo, ispettivo e docente. Per tutti i docenti deve già applicarsi la Legge 79/22, con la richiesta dell’aumento dei cinque Crediti Formativi Universitari in pedagogia, portandoli almeno a venti (pare invece che gli attuali appositi lavori ministeriali sembrerebbe volessero ridurli a tre…).In mancanza di ciò continuerà la delega del progetto inclusivo da parte dei docenti curricolari ai soli docenti di sostegno.
7. Riforma della specializzazione per il sostegno, prevedendo un’apposita classe di concorso, tramite laurea triennale in Scienze dell’Educazione, seguita da due anni di specializzazione relativi ai prevalenti bisogni educativi determinati dalle differenti disabilità, nonché da un sesto anno abilitante, come introdotto dalla citata Legge 79/22, dedicato al tirocinio diretto e indiretto.
In particolare i quattro semestri del biennio dovrebbero essere destinati rispettivamente a:
a) inclusione degli alunni con disabilità intellettive;
b) inclusione degli alunni con disturbi del neurosviluppo;
c) inclusione degli alunni con minorazioni visive e con pluriminorazioni;
d) inclusione degli alunni con minorazioni uditive (sordi segnanti, sordi oralisti).
In tal modo si colmerebbero i vuoti rilevati a causa dell’attuale genericità dei corsi polivalenti, ridotti a un solo anno, rispetto alla vecchia specializzazione monovalente che era biennale e più qualificata.
Quanti poi non volessero restare a vita su tale cattedra, potrebbero, con un biennio aggiuntivo, prendere la laurea magistrale in Scienze dell’Educazione, ottenendo in tal modo il passaggio di ruolo (mobilità professionale) su altra cattedra curricolare.
Quanti non sono favorevoli all’ipotesi dell’apposita classe di concorso per il sostegno, condividono la proposta del professor Dario Ianes , consistente nell’abolizione del docente di sostegno assegnato ai singoli alunni, e la presenza, invece, di un gruppo di docenti specializzati itineranti a livello di un certo numero di scuole in rete, che effettuino consulenze periodiche alle classi e su chiamata nelle classi dove insorgono emergenze. Questo gruppo potrebbe avere sede presso la Scuola Polo del CTS (Centro Territoriale di Supporto per l’Inclusione, presente in ogni àmbito provinciale). E tuttavia mi chiedo: è realistica questa ipotesi? Penso infatti che il passaggio brusco dall’attuale situazione dell’assegnazione di ore di sostegno a ciascun alunno con disabilità, all’assenza assoluta supplita solo dai gruppi itineranti CTS, creerebbe un grave disorientamento e forse la ribellione delle famiglie. Ovviamente, se questa ipotesi venisse accolta, si dovrebbe effettuare una radicale modifica, non solo della mentalità di famiglie e docenti, ma anche di tutta la normativa inclusiva, fondata sin dai primi Anni Settanta e sino ad oggi sul numero di ore di sostegno da assegnare sulla base della certificazione di disabilità. Non solo, quindi, si dovrebbe modificare ad esempio il Decreto Interministeriale 182/20, sui nuovi modelli di Piani Educativi Individualizzati, già in fase di “correzione”, ma dovrebbe essere radicalmente modificata pure la recente Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, i cui Decreti Delegati sono in fase di elaborazione.
Mi sembra invece opportuno potenziare l’attuale presenza presso i CTS di un gruppetto di docenti specializzati per consulenze anche itineranti alle scuole di competenza territoriale. Attualmente, infatti, tali docenti svolgono questa preziosa attività a titolo di volontariato, lavorando nei CTS nel tempo libero dalle lezioni; per non perdere invece il contatto con la scuola attiva, sarebbe opportuno assicurare loro un semiesonero dall’insegnamento, consentendo così un giusto riconoscimento a questo lavoro e ottenendo al tempo stesso un raddoppio dei docenti presso i CTS a parità di spesa.
Quest’ultima è una proposta avanzata da tempo dalla Lista di Discussione (“Suggerimenti per la didattica della vicinanza), composta da oltre duecento tra ispettori, dirigenti e docenti della scuola, docenti universitari e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), oltreché da esperti e famiglie, proposta che chi scrive condivide pienamente.
8. Formazione obbligatoria permanente in servizio sull’inclusione scolastica (articolo 13 del Decreto 66/17), di tutto il personale scolastico, con particolare attenzione a tutti i docenti, una formazione che si deve annualmente realizzare nelle proprie scuole.
9. Attuazione, in sostituzione degli abrogati GLIP, dei GIT (Gruppi per l’Inclusione Territoriale) di cui all’articolo 9 del Decreto 66/17, colmando così un gravissimo vuoto normativo che sfavorisce il coordinamento di tutti i servizi necessari e utili all’inclusione. Il tutto tramite la stipula di “accordi di programma provinciali” tra scuole, ASL, Enti Locali ed Enti del Terzo Settore, particolarmente utili per garantire l’esigibilità dei diritti degli alunni e delle alunne con disabilità, come dimostrato laddove, specie al Nord, questi ottimi strumenti giuridici, voluti dall’articolo 12, comma 1 della Legge 104/92, sono stati stipulati.
10. Prendendo spunto dall’articolo 12 del Decreto 66/17, sarebbe opportuno istituire, presso le Facoltà di Scienze dell’Educazione, come da tempo richiesto dal professor Luigi D’Alonzo presidente della SIPES (Società Italiana di Pedagogia Speciale), le “scuole universitarie di specializzazione” per il sostegno, come avviene per tutte le altre facoltà universitarie. Esse, dotate di adeguate risorse umane e in collegamento tra loro e i Ministeri dell’Istruzione e del Merito, dell’Università e per le Disabilità, provvederebbero alla maggiore qualità della formazione di tutto il personale scolastico e alla specializzazione per il sostegno. Questo eviterebbe l’assurda disparità di autorizzazioni di migliaia di aspiranti per ciascun corso assegnati a molte università del Centro-Sud, rispetto alle ragionevoli poche centinaia di richieste del Nord.
11. Continuità didattica di cui all’articolo 14 del Decreto 66/17, da sempre richiesta dalle famiglie, ma mai effettivamente attuata.
12. Istruzione domiciliare di cui all’articolo 16 del Decreto 66/17, prevedendo chiaramente la presenza dei docenti e degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione presso il domicilio dell’alunno/alunna, nonché l’uso di tecnologie informatiche, senza restrizioni, per le lezioni da ricevere a distanza.
I contenuti di questi “tavoli” potranno essere accorpati o ad essi se ne potranno aggiungere altri. Questa elencazione è dettata, in sostanza, dalla necessità di completare, armonizzandolo, il nostro sistema normativo inclusivo, anche in vista dell’annunciato Testo Unico che effettuerà una più razionale armonizzazione di tutto il sistema normativo inclusivo. Ovviamente per questa razionalizzazione occorrerà contemporaneamente eliminare alcune imperfezioni presenti nella nostra normativa, quali ad esempio l’articolo 13, comma 3 del Decreto Legislativo 62/17 che consente agli alunni con DSA (disturbi specifici di apprendimento) di prendere il diploma di scuola media, pur se esonerati dallo studio, e l’esame della lingua straniera, rompendo così la coerenza del nostro sistema giuridico. Un altro esempio è costituito dalla “messa fuori ruolo” dei docenti con disabilità, ai quali è però vietato svolgere attività culturali e consulenze nelle scuole, essendo consentito solo di svolgere attività amministrative presso le segreterie, come da tempo segnalato da un gruppo di insegnanti coordinati dalla professoressa Elisabetta Scuotto.
In parallelo ai “tavoli”, però, il Ministero dovrebbe rimediare all’assai frequente disapplicazione della nostra normativa inclusiva da parte delle scuole, specie nei confronti dei diritti delle famiglie sulla partecipazione ai GLO (Gruppi di Lavoro Operativi per l’Inclusione), sulla formulazione dei Piani Educativi Individualizzati e sull’accesso agli atti amministrativi concernenti l’inclusione dei propri alunni e alunne con disabilità.
In tal senso, durante la citata riunione dell’Osservatorio Ministeriale del 27 giugno, la professoressa Marisa Pavone dell’Università di Torino, che da anni si occupa di coordinare i vari Delegati dei Rettori per l’Inclusione, ha segnalato la disinvolta disapplicazione, da parte di troppe scuole, della normativa, conseguente ad un’erronea interpretazione dell’autonomia scolastica. Di fronte a questi casi, non occorrono norme legislative, basterebbe infatti che il Ministero ricomponesse un gruppo di ispettori tecnici espressamente specializzati nell’inclusione scolastica, oggi quasi totalmente inesistenti.
Non sono mai stato un laudator temporis acti, un nostalgico del passato, ma in questo caso rimpiango fortemente il periodo dagli Anni Settanta alla fine degli Anni Novanta, in cui iniziò e via via si consolidò a livello culturale il processo inclusivo italiano, proprio grazie a quel formidabile gruppo di professionisti. Ricordo con affetto e nostalgia gli ispettori più famosi che l’Osservatorio del Ministero dovrebbe anche onorare pubblicamente con qualche iniziativa, perché, purtroppo, si parla in molti casi di persone scomparse. Personalmente ho imparato moltissimo da figure come Aldo Zelioli, Laura Serpico Persico, Franco Fusca e Sergio Neri, ai quali, insieme al professor Andrea Canevaro, deve tutto il mondo della scuola inclusiva.
I “tavoli” dovrebbero comunque essere costituiti con l’iscrizione degli interessati prima delle vacanze estive e potrebbero cominciare a lavorare già dal prossimo mese di settembre, per concludere i lavori entro fine anno. Ciò per evitare il rischio che si avverino le malevoli maldicenze sulle commissioni di cui si è detto inizialmente.
Una riprova di ciò si può avere guardando la storia dell’elaborazione dei Piani Biennali di adeguamento della normativa italiana alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che devono essere elaborati dall’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, operante presso il Ministero per le Disabilità, in forza della Legge 18/09 di ratifica della Convenzione stessa da parte dell’Italia. Ebbene, sino ad oggi non si è avuta ancora alcuna attuazione di Piano, essendo ormai pervenuti alla formulazione del terzo di essi, che ora diverrà triennale.
È possibile, invero, elaborare i contenuti dei diversi tavoli di lavoro in tempi ragionevolmente brevi. E una riprova esemplare, per citare un “grande precedente”, l’abbiamo con i lavori dell’Assemblea Costituente che in un anno e mezzo elaborò la nostra Carta Costituzionale, dalla metà del 1946 alla fine del 1947.
Data dunque la disponibilità del ministro Valditara, che ha giustamente proposto la costituzione dei “tavoli di lavoro”, ora spetta al Ministero predisporli e all’Osservatorio produrre le ipotesi normative entro la fine del 2023. Saranno poi lo stesso Ministero dell’Istruzione e del Merito, insieme al Ministero dell’Università e a quello per le Disabilità, in collaborazione con l’Osservatorio Ministeriale, come stabilisce l’articolo 4, comma 3 della Convenzione ONU, ad utilizzare prontamente questo materiale per gli interventi richiesti e necessari