Il puntamento oculare è l’ultimo movimento che permette alle persone con la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), nelle fasi più avanzate della malattia, di comunicare. La compromissione dell’occhio, pertanto, chiuderebbe ogni possibilità di relazionarsi con i propri cari e con il mondo esterno. L’intervento di cataratta cui è stato sottoposto con successo Attilio Fornoni, persona che convive dal 2009 con la SLA, è stato quindi un passaggio estremamente importante, per una sua migliore qualità della vita, consentendogli il ripristino di una visione nitida.
A rendersene protagonista è stata l’alleanza di tre équipe, quella multidisciplinare dei Centri Clinici NEMO (NeuroMuscular Omnicentre), esperta sulle patologie neuromuscolari e sulla SLA, quella dell’innovazione tecnologica avanzata di NEMO Lab e quella specialistica della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone (Milano). Se oggi, infatti, il trattamento di rimozione della cataratta rappresenta l’intervento chirurgico oculare più diffuso (circa l’87% degli interventi agli occhi), quello compiuto su Attilio Fornoni, alla luce della sua patologia, è raro e di straordinaria importanza.
L’eccezionalità dell’intervento, infatti, effettuato da Felicita Norcia dell’équipe di Chirurgia Oftalmica della Casa di Cura Ambrosiana della Fondazione Sacra Famiglia, coordinata da Mario Giò, va individuata proprio nella complessità dei bisogni clinici di una persona con la SLA, ciò che ha richiesto un percorso assistito da parte di un team multiprofessionale, con l’optometrista, l’oculista, il neurologo, lo pneumologo e l’anestesista che hanno lavorato in sinergia per monitorare l’intero processo. Al loro fianco, la moglie di Attilio Fornoni, la signora Elvira, e il figlio, Eliano Fornoni, caregiver esperto che ha accompagnato il padre anche durante l’intervento, per trasferire all’équipe clinica ogni sua necessità.
«Per una patologia complessa come la SLA – sottolinea Alberto Fontana, presidente dei Centri Clinici NEMO -, che ha un impatto importante sulla vita della persona e sul suo sistema di relazioni, il percorso di presa in carico deve porsi come priorità l’attenzione a quei dettagli del vivere quotidiano che ne garantiscono. Ecco perché preservare la salute visiva significa prima di tutto rispondere al desiderio primario di continuare a costruire relazioni sociali, permettendo di utilizzare al meglio i sistemi di comunicazione aumentativa alternativa».
La presa in carico visiva, infatti, dovrebbe essere parte integrante della presa in carico multidisciplinare per patologie complesse come la SLA. In tal senso, dal 2016, al Centro Clinico NEMO di Milano è attivo un servizio optometrico coordinato da Federica Cozza che oggi, grazie alla collaborazione con Danilo Mazzacane, medico oculista, è anche un laboratorio di ricerca e cura di NEMO Lab, l’hub di ricerca tecnologica nato nel 2021 nel solco dell’esperienza sulle patologie neuromuscolari e sulla SLA della rete di NEMO.
«Come avviene con tutti i pazienti– spiega Danilo Mazzacane, che oltre alla collaborazione con NEMO, è anche consulente della Casa di Cura Ambrosiana della Fondazione Sacra Famiglia -, il monitoraggio visivo del signor Fornoni ha permesso di valutare con lui come gli occhiali non dessero più alcun beneficio. La scarsa acutezza visiva richiedeva, infatti, la necessità di ingrandire molto i caratteri sullo schermo del suo comunicatore, rendendo ancora più difficoltose le interazioni sociali. L’intervento di cataratta gli consentirà di avere una visione più nitida, riprendendo quindi un utilizzo efficace del comunicatore. Siamo felici perché il successo dell’intervento migliorerà di fatto la sua qualità di vita».
«Il riuscito modello di intervento – sottolinea dal canto suo Mariapia Garavaglia, presidente della Casa di Cura Ambrosiana della Fondazione Sacra Famiglia – segnala la peculiarità dell’assistenza specialistica e della competenza specifica nel trattamento delle persone con diversi gradi di disabilità».
«Non è in dubbio – prosegue – l’eccellenza di altre aziende ospedaliere della nostra città [Milano, N.d.R.], ma anche questo episodio dimostra che la Casa di Cura Ambrosiana, con l’esperienza acquisita nel tempo a servizio anche rispetto agli ospiti della Fondazione Sacra Famiglia, si propone per essere con la sua capacità organizzativa e il suo personale quell’“Ospedale delle disabilità” di cui il Servizio Sanitario Nazionale ha bisogno».
«Nel mese in cui si è celebrato in tutto il mondo lo SLA Global Day – commenta in conclusione Fulvia Massimelli, presidente dell’AISLA – questo risultato importante sottolinea ancora una volta quanto sia determinante il processo di condivisione delle competenze scientifiche, cliniche e specialistiche. La SLA mortifica il nostro corpo, rendendolo immobile, una condizione estrema che impone il bisogno di preservare i nostri occhi, unico strumento che ci permette di continuare a comunicare. Laddove non è ancora possibile guarire, dunque, la storia del signor Fornoni ci racconta quanto sia essenziale saper prendersi cura, a tutela e garanzia della nostra qualità di vita». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficio.stampa@centrocliniconemo.it (Stefania Pozzi); ufficiostampa@aisla.it (Elisa Longo).