Alla recente 16^ Conferenza Annuale degli Stati Parti della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, svoltasi dal 13 al 15 giugno a New York, l’Italia, con la ministra per le Disabilità Locatelli, ha presentato come eccellenza italiana e modello da replicare il DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”), un’esperienza nata presso l’Ospedale San Paolo di Milano, che costituisce appunto un modello di presa in carico intraospedaliera delle persone con disabilità [di DAMA a New York si legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
La coinvolgente presentazione a New York di Filippo Ghelma, direttore del DAMA di Milano, ha riscosso un unanime consenso e apprezzamento da parte di tutti i partecipanti, tanto che Maria Soledad Cisternas Reyes, inviata del segretario generale dell’ONU António Guterres per la Disabilità e l’Accessibilità, ha affermato di «non avere mai sentito un medico parlare così dei diritti delle persone con disabilità».
Se quindi da una parte il DAMA viene proposto all’estero come modello di accoglienza medica, d’altra parte anche in Italia stanno sorgendo numerosi centri DAMA. Quelli attivi sono attualmente circa 23, e più di 20 sono prossimi ad essere operativi. È un segno che il diritto alla salute delle persone con disabilità, con la necessità di accomodamenti ragionevoli per garantirlo, sta diventando un tema sempre più sentito. Inoltre, sono ormai tre le Regioni che hanno adottato la Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale, ultima in ordine di tempo il Lazio, che in seguito a una Delibera Regionale e alla successiva emanazione di Linee di Indirizzo, ha avviato la formazione degli operatori basandosi proprio sul modello DAMA, per la costituzione di un’ampia rete di centri TOBIA DAMA in tutto il proprio territorio [l’acronimo TOBIA sta per “Team Operativo per Bisogni Individuali Assistenziali”. Di questa iniziativa nel Lazio si legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.).
La nostra Associazione ASMeD (Associazione per lo Studio dell’assistenza Medica alla persona con Disabilità), se da una parte non può che rallegrarsi di tutto questo, frutto anche del lavoro di formazione portato avanti in questi anni, d’altra parte intende vigilare perché i centri che stanno sorgendo ispirandosi al modello DAMA abbiano alcune caratteristiche organizzative e strutturali fondamentali che li contraddistinguano. Il rischio, altrimenti, è di mettere una targa senza però essere in grado di offrire e di realizzare quanto ci si aspetta, con grande delusione per i pazienti e i loro caregiver.
Lo scopo del DAMA, infatti, è dare la possibilità alle persone con disabilità di eseguire indagini e terapie complesse, abbattendo le cosiddette barriere sanitarie, applicando il principio dell’accomodamento ragionevole, in un’ottica di accesso ai servizi su base di equità, per garantire a questa fascia di popolazione il diritto alla salute:
° adattandoli alle loro caratteristiche;
° eseguendo più prestazioni in un unico accesso;
° riducendo i ricoveri ordinari e gli accessi in pronto soccorso alle strette necessità cliniche.
Pertanto, come ASMeD sentiamo forte la necessità di stabilire e ribadire quali siano quelle caratteristiche fondamentali che devono essere presenti nei centri che al DAMA si ispirano, in modo da renderli omogenei tra loro, pur con le inevitabili differenze legate ai diversi funzionamenti delle strutture ospedaliere e dei sistemi sanitari regionali. E quindi:
– percorso di diagnosi e cura intraospedaliero con la necessità di una regia intraospedaliera;
– individuazione di un gruppo di medici e infermieri, preferibilmente specialisti nelle discipline di base (medicina interna, chirurgia, o comunque clinici di provata esperienza) e uno specialista in anestesia e rianimazione, sufficientemente esperti ed autorevoli nel proprio campo, che conoscano bene le dinamiche ospedaliere. Il personale dev’essere strutturato nell’Ospedale/Azienda Ospedaliera sede del DAMA;
– definizione da parte dell’équipe DAMA di percorsi diagnostici terapeutici dedicati, protetti e intraospedalieri in regime ambulatoriale, di ricovero ordinario, di day hospital/day service/day surgery, di pronto soccorso, sulla base di protocolli già elaborati;
– delineare i percorsi intraospedalieri personalizzati, rendendo sostenibili e percorribili le scelte diagnostiche e terapeutiche. In sostanza, dev’essere resa flessibile la rigida organizzazione ospedaliera, sfruttando quanto già esiste in ogni ospedale e adattandolo ai bisogni, spesso complessi e “bizzarri”, delle persone con grave disabilità intellettiva e neuromotoria;
– accompagnamento dei pazienti nei percorsi e supporto clinico agli specialisti di volta in volta coinvolti;
– i ricoveri ordinari sono effettuati nei comuni reparti ospedalieri e seguiti sia dall’équipe di reparto, sia dall’équipe DAMA;
– assicurare sempre la presenza del caregiver in ogni setting assistenziale;
– svolgere una funzione di raccordo tra la persona con disabilità, la sua famiglia, la medicina territoriale e i servizi specialistici ospedalieri, per la presa in carico diagnostica e clinico-assistenziale delle persone con disabilità complessa e/o cognitivo-relazionale;
– facilità di contatto: è necessario un punto di contatto telefonico (dotato anche di segreteria telefonica) che sia da riferimento per presentare il problema, gestito direttamente dall’équipe DAMA. Questo non deve essere immaginato come un CUP (Centro Unico di Prenotazione), ma come il primo punto in cui ricevere una risposta ragionata da personale esperto, in grado di consultare e recuperare i pregressi accessi presenti in archivio, fare un’operazione di triage telefonico e impostare l’organizzazione del percorso ospedaliero più idoneo alla situazione clinica e gestionale;
– semplificazione burocratica con creazioni di back office per le pratiche amministrative;
– da un punto vista logistico, disporre di locali propri all’interno della struttura ospedaliera, in cui sia possibile organizzare liberamente e flessibilmente esami, visite, osservazione, ecc. senza interferire con i bisogni di altri pazienti. I requisiti strutturali sono descritti con chiarezza nelle Linee di Indirizzo.
In conclusione, come ASMeD riteniamo che proprio perché il modello DAMA è uno strumento di facilitazione, sia dei percorsi, sia clinico, per le prestazioni ospedaliere, che coinvolge tutte le strutture dell’Ospedale, è fondamentale un forte e diretto coinvolgimento della Clinical Governance e delle Direzioni Sanitarie delle Strutture Ospedaliere, sia in fase di progettazione che di realizzazione e monitoraggio dei progetti. DAMA, infatti, facilita delle prestazioni che devono essere assicurate da tutte le componenti dell’ospedale, e la governance si deve fare carico formale e sostanziale di questo.