Nelle scorse settimane la Giunta Regionale delle Marche ha approvato, ed è ora al vaglio della Commissione competente, la proposta di modifica dei requisiti delle strutture diurne e residenziali, approvate dalla precedente Amministrazione Regionale nel luglio 2020. Sono circa 12.500 le persone interessate al provvedimento, tra cui persone con disabilità, persone anziane non autosufficienti, soggetti con disturbi psichiatrici, minori, persone con demenza.
Modifiche alla norme erano state richieste da tempo da diverse Associazioni che, in occasione dell’approvazione di quel provvedimento, avevano promosso anche una petizione, sottoscritta da circa 1.200 persone. Le proposte di modifica approvate risultano ora in perfetta continuità con i contenuti estremamente inadeguati dei Regolamenti del 2020, se non addirittura peggiorative.
Una su tutte: la proroga di ulteriori dieci anni (oltre i tre già trascorsi) per l’adeguamento strutturale delle camere, che potranno continuare ad essere di 4 (o più!) letti per camera.
La norma del 2020, ottenuta dopo infinite pressioni poco prima dell’approvazione definitiva, prevedeva infatti cinque anni di tempo, dunque fino al 2025, per realizzare gli adeguamenti necessari, affinché in ogni camera non fossero accolte più di due persone. La nuova norma sposta la data di adeguamento al 2033 (dieci anni dall’approvazione della proposta di modifica).
Il messaggio ai soggetti gestori è pertanto chiaro: l’adeguamento non ci sarà mai! Non era sufficiente il fatto che già le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) Anziani (1.200 posti) potessero derogare dalla norma, prevedendo camere, fino al 40%, di 3/4 letti. Si è scelto di rimandare indefinitamente la possibilità che, almeno per questo aspetto, le nostre strutture residenziali la smettessero di somigliare a istituti, nei quali le persone possono trascorrere anche decenni, privi di uno spazio personale e di controllo sulla loro vita.
E ricordiamoci che non parliamo di una piccola minoranza, ma di almeno 1.500 persone, che continueranno ad essere accolte in luoghi nei quali nessuno volontariamente andrebbe a vivere. Il fatto che ci arrivino perché obbligati dal trovare risposte ai loro bisogni, non significa che automaticamente debbano perdere il diritto ad una vita dignitosa.
In fondo basterebbe che ognuno di noi rispondesse ad una semplice domanda: desidereresti vivere, non un fine settimana, ma per molti anni, in una camera a quattro letti?
Se partiamo da questo sostanziale punto di vista, dalla qualità del tempo di vita delle persone, sono molti i punti da migliorare. A partire dal vietare, invece di promuovere, la costruzione di grandi strutture, come quella che si sta realizzando a Rapagnano, in provincia di Fermo: modelli di accoglienza e cura basati sulla gestione più redditizia di strutture, facendo riferimento ad economie di scala, piuttosto che incentivare e promuovere servizi di piccole dimensioni, disseminati nei territori e più vicini agli ambienti di vita delle persone, oltreché, evidentemente, assicurare robusti sostegni alla domiciliarità. L’esigenza, come ripetiamo da anni, è deistituzionalizzare, non creare nuove concentrazioni in luoghi separati dalla comunità.
Stupisce inoltre che non sia stato reinserito, nei servizi diurni e residenziali che accolgono persone con disabilità intellettiva, uno specifico standard riguardante il personale educativo, o anche che non siano stati rivisti gli standard nelle residenze per anziani (in particolare nelle residenze protette), la cui inadeguatezza è documentata nelle convenzioni e in quello che è successo nelle fasi più acute della pandemia. O ancora, non abbiamo trovato l’esplicita indicazione di divieto della possibilità che le persone con demenza possano continuare a vivere nelle residenze per anziani non autosufficienti, usufruendo di uno standard di personale palesemente inadeguato.
Si è insomma evitato con cura di affrontare con rigore le questioni più complicate, non avendo né il coraggio e forse nemmeno la consapevolezza di innovare davvero il sistema dei servizi. O meglio, scegliendo la via più facile: assecondare e potenziare l’esistente.
Le questioni ignorate dalle proposte di modifica della Giunta Regionale marchigiana sono tante: se queste dovessero essere approvate così come sono, non solo non porterebbero alcun miglioramento alla regolamentazione attuale, ma segnerebbero un ulteriore, pesante passo indietro.
Il presente contributo è sottoscritto da ANGSA Marche (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), UILDM Ancona (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), Gruppo Solidarietà di Moie di Maiolati Spontini (Ancona), ANGLAT Ancona (Associazione Nazionale Guida Legislazione Andicappati Trasporti), Cooperativa Papa Giovanni XXIII di Ancona, Centro H Ancona, Associazione Un Passo Avanti di Ascoli Piceno, ANFFAS Fano (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo) in provincia di Pesaro-Urbino, Cooperativa Casa della Gioventù di Senigallia (Ancona), AGFH Fano (Associazione Genitori con Figli Portatori di Handicap), ANFFAS Fermana, Associazione Vita Indipendente Marche.
Per approfondire le varie questioni di cui si parla nel presente contributo, segnaliamo il “Quadermo” del Gruppo Solidarietà intitolato I nuovi requisiti di autorizzazione dei servizi sociali e sociosanitari diurni e residenziali (a questo link). Per ulteriori informazioni: grusol@grusol.it.
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