Nei giorni in cui si va esaurendo il clamore mediatico e il discorrere diffuso sui temi dell’”Esame di Stato” e dei “nuovi maturati”, mi soffermo a ripensare all’esperienza della “Maturità” vissuta con nostro figlio, giunto finalmente a questo traguardo, dopo sette anni di liceo, un tempo dilatato e trasformato dall’aggravarsi della sua già complessa situazione di salute.
Il nostro ragazzo ha 20 anni e dai servizi sociosanitari viene definito come “malato cronico”. Si è ammalato all’età di 12 anni, per una virosi che ha innescato una serie di reazioni infiammatorie, con un peggioramento progressivo del suo stato di salute e delle sue capacità motorie…
Sono stati anni di ricerca di una diagnosi prima, e di una cura poi, tra medici, indagini cliniche, ospedali… Solo chi ha percorso, come noi, questi cammini può capire e condividere la nostra difficoltà.
Poi è arrivata la diagnosi: encefalomielite mialgica (più comunemente nota come Chronic Fatigue Syndrome o CFS, o sindrome da stanchezza cronica), malattia poco conosciuta e spesso non riconosciuta, che ferma la vita di molte persone, purtroppo spesso molto giovani, con problematiche multisistemiche, anche gravissime.
Nostro figlio trascorre le sue giornate perlopiù in casa, disteso a letto per il dolore diffuso e per il drastico calo di energie fisiche e mentali dopo un qualsiasi sforzo motorio, cognitivo o psichico affrontato. Qualsiasi impegno lo debilita con tempi di recupero molto più lunghi del normale. Se si ammala per qualsiasi motivo, non guarisce per giorni… Non tollera la luce del sole e i rumori forti… Non riesce a stare in piedi per tempi lunghi, non riesce a fare le scale, per spostarsi fuori casa deve usare una carrozzina elettrica, ha bisogno di essere accompagnato e aiutato nella vita quotidiana.
L’unica attività che riesce a svolgere è l’utilizzo del PC, con una postazione a parete studiata per lui che gli permette di studiare a letto e di relazionarsi virtualmente con l’esterno e con gli altri. Questa possibilità è un grande vantaggio che molti altri malati di CFS purtroppo non hanno (non tollerano la visione di qualsiasi schermo, né la luce e i suoni). La sua intelligenza è viva, come lo sono i suoi sogni e tutto il suo mondo interiore.
Nostro figlio, dopo il primo anno di liceo, a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni, ha dovuto interrompere la frequenza scolastica in presenza. Progressivamente è diventato sempre più un “ragazzo invisibile”, come se fosse scomparso dalla scena della vita reale, con qualche saltuaria “apparizione”, quando strettamente necessario e possibile per lui.
Finalmente, dopo le lunghe pratiche e certificazioni richieste dalle Istituzioni (la burocrazia è l’incubo e la battaglia continua per i malati cronici e per le loro famiglie!), è stato possibile attivare per lui la frequenza scolastica da remoto, favorita poi (almeno per lui) dall’attuazione della didattica a distanza nell’emergenza Covid. Ciò gli ha permesso di seguire, anche se per poche ore, i programmi scolastici, supportato dagli insegnanti di classe e da quelli di sostegno.
Giunti all’ultimo anno scolastico, con determinazione e audacia nostro figlio ha deciso di provare ad accedere all’Esame di Stato, pur consapevole dell’impegno di energia che tale scelta comportava.
L’abbiamo accompagnato e sostenuto, “passo dopo passo”, in quella che è stata, fino alla fine, un’ardua salita. Abbiamo creduto di non farcela continuamente… ci siamo fermati e poi siamo ripartiti non so quante volte. Parlo di un noi perché come genitori abbiamo scelto di ritornare a scuola con lui, di tornare a studiare Pascoli e D’Annunzio, di imparare le derivate e i limiti, di ricopiare appunti, di preparare schemi e riassunti. Personalmente, come madre, ho chiesto un anno di congedo straordinario dal lavoro per seguire e supportare mio figlio. Noi genitori lo abbiamo visto soffrire più di una volta per la sua scelta, la tentazione di fermarlo è stata forte, ma ha vinto il rispetto della sua persona e della sua volontà, più forte della sua immensa fragilità.
E così, dopo avere superato gli esami integrativi richiesti dal Provveditorato per accedere all’Esame di Stato e dopo avere ottenuto, con nuove certificazioni, la possibilità di eseguire le prove scritte a domicilio con l’utilizzo degli ausili informatici strutturati per lui, anche nostro figlio ha potuto affrontare il suo Esame di Maturità, completandolo poi con la prova orale in presenza.
Quel giorno conclusivo, il 3 luglio, è stato infinitamente bello, come arrivare in vetta e contemplare un panorama luminoso che credevamo impossibile riuscire a vedere. Quel giorno di “conquista” resterà scolpito nella nostra storia come una pietra miliare, che non ha segnato solo la fine di un arduo sentiero, ma ci ha regalato la possibilità di vedere oltre e di credere in nuovi orizzonti.
La maturità non è un voto, né un diploma conquistato, ma è imparare a vivere al meglio con ciò che si è, cercando di far fruttare le potenzialità anche minime che abbiamo, mantenendo vivo il desiderio, credendo fortemente nei propri sogni, restando fiduciosamente aperti al miracolo che è, sempre e comunque, la Vita.
Per questo, con nel cuore tutti i volti che ci hanno sostenuto in questi anni di scuola, con negli occhi il volto sorridente di nostro figlio dopo avere superato una prova immensamente oltre i suoi limiti, in questa conclusione che è un inizio di vita nuova, sentiamo di voler dire una sola parola, quella che abbiamo imparato da lui, nel salutare i suoi professori e la commissione d’esame: Grazie!
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