Ho letto su queste stesse pagine l’articolo Perché penso a un Profilo Esistenziale di Vita, firmato da Maurizio Zerilli, in cui egli mi chiama in causa quale aderente al progetto da lui illustrato.
Zerilli propone che genitori, fratelli/sorelle, coniuge o compagno di persona con disabilità possano prevedere per quest’ultima un progetto di “Dopo di Noi” di sicura efficacia e rispondente pienamente ai bisogni, ai desideri e alle aspirazioni dello stesso parente prossimo con disabilità; questo onde evitare lo sconcio di talune situazioni giurisprudenziali in cui le persone con disabilità sono state private della loro libertà di vita, anche in contrasto con la volontà dei genitori e dei fratelli/sorelle, coniugi o compagni, da amministratori di sostegno per nulla sensibili a questi valori.
Condivido certamente questo suo progetto, specie alla luce dell’“eterogenesi dei fini” ai quali sta sempre più frequentemente pervenendo la Legge 6/04 sull’amministrazione di sostegno e all’insoddisfacente attuazione della Legge 112/16 sul “Dopo di Noi”.
L’aspetto più interessante, sotto il profilo dell’efficacia giuridica, è, a mio avviso, la previsione che il progetto predisposto dai parenti prossimi debba avere “effetti vincolanti”.
Ciò che invece mi lascia perplesso è la previsione di un “nullaosta” dell’ASL, per consentirne il deposito agli uffici comunali di competenza. Che ha a che fare l’ASL circa disposizioni di carattere quasi testamentarie di un parente della persona con disabilità? Questo lasciamolo dire a quanti vogliono la “sanitarizzazione” delle persone con disabilità. È doveroso che, in caso di rilevanza della salute di tali persone, l’aspetto sanitario sia prevalente e determinante, come per la prevenzione, la cura, la riabilitazione e la certificazione di disabilità. Ma per problemi come quello illustrato nell’articolo di Zerilli, non mi pare che la Sanità debba avere voce in capitolo.
Veniamo invece al problema più importante, quello cioè dell’efficacia di una dichiarazione rilasciata in vita a favore di un parente con disabilità da un parente prossimo, destinata ad avere efficacia dopo la morte del dichiarante.
Se scorriamo il Codice Civile, incontriamo l’articolo 587, che al comma 2 prevede espressamente la legittimità di disposizioni testamentarie non aventi ad oggetto aspetti economici. Quindi una volontà come quella espressa nella dichiarazione di un “profilo esistenziale”, potrebbe già oggi essere contenuta in un testamento.
Ricordo che su questo aspetto si soffermava molto il compianto professor Nicola Cuomo, docente cieco di Pedagogia Speciale all’Università di Bologna.
E qui è il punto. Il testamento ha efficacia solo dopo la morte del disponente; la proposta del professor Paolo Cendon, rielaborata da Zerilli, supera questa difficoltà, prevedendo che tale disposizione non patrimoniale possa essere espressa e avere garanzie di efficacia in vita del disponente. Infatti è vero che le disposizioni testamentarie possono avere il supporto dell’intervento dell’esecutore testamentario qualora ci siano incertezze sulle modalità della loro attuazione, però si tratterà sempre di interpretare ciò che il testatore aveva voluto dire. Invece, con una dichiarazione depositata in vita del disponente, c’è tutto il tempo e la possibilità di verificare se qualcuno abbia qualcosa da ridire e quindi correggere ciò che si vuole per il parente con disabilità.
Si può obiettare che la certezza che la disposizione testamentaria non venga trafugata o manomessa è costituita dal deposito del testamento presso uno studio notarile. Però per le famiglie con una situazione economica precaria, il deposito costa, mentre la proposta rilanciata da Zerilli è a costo zero.
Condivido dunque quanto argomentato da Zerilli e anzi mi permetto di proporre alla Federazione FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) di prenderla in esame in una delle prossime riunioni della propria Giunta Esecutiva, per sottoporla al vaglio dell’Ufficio Studi Giuridici della stessa Federazione, al fine di parlarne con il professor Cendòn che, come ricorda Zerilli, ha avanzato questa proposta. Cendon, che è stato pure il “padre” della Legge 6/04 sull’amministrazione di sostegno, potrebbe elaborarla definitivamente, anche data la necessità che la stessa Legge 6/04 venga migliorata, dati i troppi effetti perversi che sta producendo in mano a taluni giudici, proprio a proposito della vita delle persone con disabilità, dopo la scomparsa dei parenti prossimi.