Barbie è il film dell’estate che ha colorato di rosa tutti gli animi, lasciando il segno in positivo e in negativo. Con un’operazione strategica, ha provato a cavalcare l’onda della cultural diversity, sperando di allontanare definitivamente la concezione che ha sempre legato la bambola allo stereotipo della donna e dell’uomo ideali. Ma c’è di più: sul grande schermo compare anche una Barbie in carrozzina! Qual è la sua storia? Ve la racconto in questo articolo (S.L.)
Non c’è dubbio: uno dei simboli di questa estate, se non il principale, è il film Barbie, diretto da Greta Gerwig e interpretato da Margot Robbie e Ryan Gosling (se ne può leggere la trama a questo link e vedere il trailer a quest’altro link).
Chi lo considera una parabola ben riuscita del femminismo moderno, chi lo considera superficiale a tal punto da creare, invece che parità, un forte sbilanciamento nei rapporti di genere: tuttavia, tra amore e odio, appare indiscutibile il successo che questo film ha avuto, dal momento che la programmazione di esso sta andando avanti ormai da settimane nei cinema di tutto il mondo.
Un valore abbastanza dominante, almeno nelle sequenze della prima parte dell’opera, è l’inclusione. Nella terra di Barbieland, infatti, le bambole svolgono qualsiasi tipo di professione, ma, soprattutto, sono tutte diverse. Così ad esempio appare, seppure per brevi momenti, una Barbie in carrozzina.
Ciò risulta sicuramente una scelta da premiare, anche perché il pubblico che va a vedere il film è assai variegato ed è ottimistico pensare che nell’immaginario in fieri di un bambino o una bambina possa prendere forma l’idea di potersi imbattere in donne con disabilità.
In realtà, però, la Barbie in carrozzina ha una storia lunga. Scopriamola insieme!
Nel 1997 Mattel lanciò sul mercato qualcosa di innovativo e potenzialmente rivoluzionario: la bambola Share a smile Becky, seguita da Becky School Photographer l’anno seguente (e nel 2000 uscì la versione Paralympic in occasione dei Giochi Paralimpici di Sydney).
Si tratta di Becky, l’amica di Barbie con disabilità motoria, che avrebbe cambiato il modo di giocare dei bambini e delle bambine, conferendone una connotazione maggiormente aderente alla realtà.
Troppo bello per essere vero?
Forse, perché ben presto Mattel ricevette parecchie lamentele relative al fatto che la carrozzina di Becky non entrava nell’ascensore della “Casa dei Sogni” di Barbie.
Erano gli Anni Novanta, non esistevano ancora le carrozzine manuali superleggere, ma le barriere architettoniche sì. Quindi, come si poteva risolvere la questione? Con una scelta drastica che ancora oggi fa accapponare la pelle, ma se ci pensiamo a fondo purtroppo è un meccanismo che si ripete: se un luogo non è accessibile, allora la persona con disabilità deve rinunciarci.
E Mattel decise di non produrre più la bambola Becky, abbandonando la prospettiva di un progresso culturale che si era timidamente affacciata.
Ma la vita, si sa, prende svolte inaspettate…
Negli anni sono nati sempre più movimenti di persone con disabilità che rivendicavano e continuano a rivendicare i propri diritti, tra cui quello di essere rappresentate anche in un banale giocattolo. D’altronde, non si può prescindere dal fatto che Barbie incarni lo stereotipo della donna alta, magra, bionda e con gli occhi azzurri, che a poco a poco è entrato in contrasto con una società che stava facendo della diversità la propria bandiera.
Nel 2019, quindi, la linea Fashionistas produsse una nuova Barbie in carrozzina. Questa volta è proprio Barbie ad avere una disabilità motoria, ma, soprattutto, finalmente è dotata di una carrozzina più compatta e adatta per entrare nell’ascensore della “Casa dei Sogni”. Non solo: nella confezione, oltre alla bambola, è compresa una rampa rosa shocking per poter rendere accessibile qualsiasi luogo e creare così pattern di gioco totalmente inclusivi.
Oltre alla Barbie Fashionistas in carrozzina, che è disponibile in diverse silhouettes, esiste Ken Fashionistas in carrozzina. E anche molto altro, tra cui:
° Barbie con l’apparecchio acustico
° Barbie con le protesi
° Barbie senza capelli
° Barbie con la vitiligine
° Barbie con la sindrome di Down
Mattel, dunque, ha davvero imboccato la via per l’inclusione?
C’è ancora molto da fare, ma questo è sicuramente un buon inizio, se non altro per combattere lo stigma sociale attraverso il gioco educando i bambini e le bambine. E, chissà, forse anche i grandi.
Disfemminismo e altre storie
Si intitola così lo spazio fisso recentemente inaugurato da «Superando.it» e affidato alla cura di Silvia Lisena, insegnante, scrittrice e attivista con disabilità motoria, che con esso intende «raccontare, indagare e riflettere sulla realtà delle donne con disabilità in un’ottica femminista, inclusiva e intersezionale», come ha scritto lei stessa.
Nella colonnina a fianco (Articoli correlati) il link al primo articolo pubblicato nell’àmbito di questo spazio.