In una recente intervista, Björn Höcke, leader del partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) in Turingia, parlando di istruzione, si è scagliato contro quelli che ritiene «progetti ideologici», come l’inclusione: «Sono tutti progetti che non aiutano i nostri studenti, che non li rendono più produttivi e che impediscono di trasformare i nostri giovani negli specialisti del futuro».
Tali affermazioni paiono particolarmente preoccupanti per lo sfacciato attacco ai diritti delle persone con disabilità che vi si cela e che segnala una malcelata latenza e nostalgia di politiche eugenetiche nei rappresentanti dell’AfD e che emerge così chiaramente nel momento in cui la CDU, l’Unione Cristiano-Democratica di Germania, ha aperto una possibilità di collaborazione per governare insieme, anche se successivamente ritrattata.
Derubricando, infatti, il diritto all’inclusione – centrale in particolare nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – ad “ideologia inclusiva”, con modalità analoghe a quelle adottate nei confronti delle questioni di genere ed LGBTQ+, Höcke propone l’isolamento scolastico degli alunni con disabilità, definendoli come un «fattore di stress» e di ostacolo per gli altri studenti, e così facendo sembra porre i presupposti per l’avvio di una campagna di odio e discriminazione contro le persone con disabilità, che rischiano di essere viste come un peso per il resto della società e che potrebbe eroderne altri diritti acquisiti.
Nonostante le molte critiche che si sono sollevate immediatamente contro le affermazioni dell’esponente politico, vi sono stati alcuni maldestri e mistificatori tentativi di “giustificarne” le parole, anche da parte di alcuni politici di partiti italiani, riferendole esclusivamente all’inclusione delle persone straniere (come se il razzismo potesse essere una giustificazione), ma è stato lo stesso Höcke, con un post su Facebook, a ribadire chiaramente e sfacciatamente la propria posizione, precisando che le proprie affermazioni erano riferite in particolare agli alunni con disabilità: «Per le mie critiche al “progetto ideologia inclusione” ho ricevuto una dura disapprovazione da parte dei media, tuttavia la mia argomentazione si basa sull’esperienza: a seconda del tipo di disabilità, la scuola regolare è semplicemente sovraccarica per riuscire a soddisfare le esigenze di apprendimento degli studenti. L’inclusione a tutti i costi spesso serve più all’ambizione dei genitori e dei pedagoghi che agli interessi dei disabili».
Pensiero, tra l’altro, coerente con una pericolosa cultura politica sbandierata e propagandata nel corso degli anni e che contraddistingue il suo stile retorico, che non è lontano «dal tipo di linguaggio caro al NSDAP di Adolf Hitler (partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori)», come rilevato in uno studio che fa notare come nei suoi attuali discorsi (e in quelli dell’AfD), riecheggino alcuni passaggi di quelli di allora: «Il movimento eugenetico per l’igiene razziale in Germania non potrà mai essere grato abbastanza al governo della rinascita nazionale per essere stato il primo governo tedesco a perseguire una bio-politica» (Autori Vari, Il linguaggio dell’odio. Fra memoria e attualità, Milano, FrancoAngeli, 2021).
Analogie che sono state subito rilevate e denunciate dalla presidente dell’Associazione Tedesca dei Genitori Cattolici (KED) Marie-Theres Kastner, che ha immediatamente evidenziato il legame con le politiche eugenetiche naziste, evocando il Programma di eutanasia nazista e il terribile programma Aktion T4, in cui, tra il 1939 e il 1945, trovarono la morte tra le 200.000 e le 300.000 persone con disabilità o con disturbi psichici.
Non si tratta di un parallelo esagerato, perché tocca due aspetti che non dovrebbero mai smettere di interrogare le nostre società. Da una parte, infatti, l’eugenetica nel secolo scorso non fu confinata alla Germania nazista, ma si caratterizzò come “movimento sociale” e “fenomeno transnazionale”, e fu considerata un metodo efficace di risoluzione di alcuni problemi sociali, sia in Europa sia nell’America Settentrionale, tanto che si assistette alla diffusa attuazione di programmi di azione politica e sociale che videro l’utilizzo di teorie “eugenetiche”, come strumento di difesa dell’integrità non solo razziale, ma anche morale, economica e sociale della nazione (Jeremy Rifkin, Il secolo biotech. Il commercio genetico e l’inizio di una nuova era, Milano, Baldini&Castoldi, 2000, pagina 96).
Dall’altra parte non è un caso che negli importanti studi sul Programma di eutanasia nazista e su Aktion T4 di Henry Friedlander (Le origini del genocidio nazista, Roma, Editori Riuniti, 1997), le politiche di discriminazione e di ostracismo nei confronti delle persone con disabilità e con disturbi psichici, rappresentino il primo capitolo della tragica azione di sterminio nazista di quelle che furono definite dal regime «vite non degne di essere vissute».
Allora come oggi il disumano percorso di costruzione dell’indegnità di alcune vite non è stato e non è un percorso immediato né obbligato. È un percorso storico, culturale, scientifico e politico che va avanti per piccoli passi. Contrassegnare come ideologico il diritto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, presentandolo anche come una penalizzazione per i percorsi scolastici degli altri studenti, è uno di questi passi che non solo alimenta pregiudizi e contrapposizioni, ma pone una pericolosa cesura tra chi si ritiene sia degno o indegno di vivere e portare il suo contributo nella società, a partire da uno dei suoi primi e principali àmbiti di partecipazione, ossia dalla scuola.
La dignità di ogni persona dovrebbe essere sintesi di libertà ed eguaglianza, presupposto e motore di un processo nel quale tutte le persone vedono riconosciuti nel concreto i propri diritti e sono messe in condizione di esercitarli (Stefano Rodotà, Il diritto di avere diritti, Bari, Laterza, 2012, pagina 168). Un processo ancora lontano da concludersi, ma verso cui è necessario continuare ad investire, anche stigmatizzando e condannando con forza il riemergere di becere logiche nazi-fasciste, per costruire una società realmente inclusiva, libera, giusta e solidale, capace di valorizzarne le differenze individuali, piuttosto che cercare in esse le ragioni di scelte discriminatorie.