«I disabili li carichiamo, ma non quelli così»…

Un’altra “perla” di questa estate arriva dal responsabile di un natante utilizzato per escursioni in mare a Santa Maria di Leuca (Lecce), che nonostante le rassicurazioni ricevute al momento di acquistare il biglietto da Anita Pallara, presidente dell’Associazione Famiglie SMA (atrofia muscolare spinale), sul fatto che quella barca sarebbe stata accessibile alla sua carrozzina elettrica, all’atto dell’imbarco il responsabile, rivolgendosi alle persone che erano insieme a Pallara e nemmeno direttamente a lei, ha appunto detto che «noi i disabili li carichiamo, ma non quelli così»...
Anita Pallara
Anita Pallara, presidente dell’Associazione Famiglie SMA

«C’era una passerella strettissima, ma oltre a questo, il capitano, chiamiamolo così, ha detto alle persone che erano insieme a me, nemmeno rivolgendosi direttamente a me, una cosa veramente spiacevole e grave: “Noi i disabili li carichiamo, ma non quelli così”. E mi ha indicato, senza nemmeno mostrare il minimo dispiacere. Poi ci ha chiesto di spostarci perché lui doveva imbarcare gli altri passeggeri. E così siamo rimasti in strada, con i soldi che ci hanno restituito in mano»: è stato questo il racconto di Anita Pallara, presidente dell’Associazione Famiglie SMA (atrofia muscolare spinale) a «fanpage.it», riferito alla mancata escursione in barca vissuta a Santa Maria di Leuca (Lecce).

«Ero andata personalmente – ha raccontato ancora Pallara – a chiedere se l’escursione in barca fosse accessibile per persone con disabilità che, come me, hanno bisogno di carrozzina elettrica per spostarsi. Dopo avere ricevuto diverse rassicurazioni in merito, ho deciso di acquistare il biglietto, ma al momento dell’imbarco, ciò che mi era stato detto non corrispondeva alla realtà».

«Spero che denunciare situazioni come queste – ha concluso la Presidente di Famiglie SMA – possa portare maggiore consapevolezza. È importante, infatti, far capire che le persone con disabilità fanno una vita che prevede attività diverse come chiunque altro. E se racconti di questo tipo riescono a sensibilizzare anche solo due imprenditori albergatori o ristoratori a rendere i propri locali e le loro strutture accessibili, la ritengo già una cosa positiva». (S.B.)

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